L’attualità del pensiero di Gramsci

 Intervengono Sergio Dalmasso e Giordano Bruschi.

Moderatrice Cecilia Balbi.

Intervento iniziale di Pino Cosentino.

Locandina Attualità del pensiero di Gramsci

L’Attualità del pensiero di Gramsci, temi del primo incontro:

“Vita e opere di Gramsci” con Sergio Dalmasso

“L’incontro con Gramsci della generazione della resistenza” con Giordano Bruschi

Video su L’attualità del pensiero di Gramsci:

Ciclo di incontri promosso da APS Consorzio Zenzero, Attac Genova, ANPI Sezione Genova S. Fruttuoso, Goodmorning Genova, Il Ce.Sto.

Primo incontro, martedì 20 ottobre 2020.

In diretta dal circolo ARCI Zenzero di Genova.

“Vita e opere di Gramsci” con Sergio Dalmasso storico del movimento operaio.
“L’incontro con Gramsci della generazione della resistenza” con Giordano Bruschi Partigiano e insignito della medaglia il Grifo d’oro massima onorificenza della città di Genova

Introduce Cecilia Balbi del Circolo Zenzero.

Tecnico audio Stefano Gualtieri

Tecnico video Dimitri Colombo

Conferenza trasmessa in diretta streaming il 20 ottobre 2020 su Facebook da Goodmorning Genova.

“Il consiglio comunale di Genova, minoranza e maggioranza – esclusi i consiglieri di Fratelli D’Italia che hanno deciso di votare contro – ha detto sì alla proposta di assegnare il Grifo d’Oro, massima onorificenza cittadina, a Giordano Bruschi.

Il partigiano “Giotto”, che presto compirà 95 anni, è conosciuto come memoria storica della resistenza e del novecento genovese, ma anche per la sua esperienza politica, sempre a sinistra, nel Pci, per cui fu consigliere comunale, e poi come scrittore, ambientalista e come anima dei comitati della Val Bisagno.

Sull’assegnazione del Grifo a Bruschi il plauso della Camera del Lavoro di Genova e del segretario Igor Magni.

Magni: “Grande soddisfazione per questo importante riconoscimento a Bruschi che con il suo impegno di militanza, esercitato sempre, anche nei momenti più difficili, rappresenta un esempio per tutti noi.

Un abbraccio fraterno da tutte e tutti noi della Cgil di Genova”. ”

Scuola Costituzione

L’IDEA DI SCUOLA NELLO SPIRITO DELLA COSTITUZIONE

Franco Di Giorgi

Scuola e Costituzione articolo di Franco Di Giorgi

La scuola viene generalmente considerata come una fonte inesauribile di acqua alla quale, simili a otri vuoti o ad agnelli guidati da pastori istruiti, gli studenti vengono per un certo tempo a riempirsi o a colmare la loro potenziale sete di sapere.

A distanza di qualche anno dall’insegnamento mi rendo conto però che l’avevo sempre praticata diversamente, cioè al contrario.

Ho sempre insegnato infatti nella convinzione che l’aula di una scuola fosse una conca vuota situata al centro di un’arida agorà, libera e aperta a tutti e ad ogni discussione, una sorta di bacino verso il quale studenti e docenti confluissero ogni giorno per riempirla con la propria acqua, ognuno con le proprie energie intellettuali, con i propri flussi vitali, coi i propri vissuti.

In tal modo, ciascuno, come si dice, portava acqua al mulino della scuola, dissetandosi vicendevolmente con la medesima acqua, scambiandosi talvolta i bicchieri l’uno con l’altro,

acqua che nel tempo la scuola stessa distribuiva a tutti i futuri alunni e insegnanti sotto forma di esperienza didattica, competenza metodologica, ricchezza pedagogica e culturale.

Ma questo diverso modo di intendere e di praticare la scuola, non rispecchia forse l’idea che sta alla base della nostra Costituzione?

Ogni cittadino della nostra Repubblica, volutamente democratica e proprio in quanto democratica, non è forse esortato da questa Carta ad adempiere il dovere etico e quindi civico di recare allo Stato, secondo il principio della proporzionalità,

il suo personale contributo sia come esborso sia come impegno che come partecipazione attiva, diretta o indiretta, alla cosa pubblica, e ciò all’unico scopo di mettere lo Stato in grado di redistribuire questi beni, acquisiti dal senso del dovere, sotto forma di diritti?

Pertanto, se oggi, in questo aspro e lungo periodo di pandemia, in attesa del vaccino salvifico e del Recovery Fund, la scuola più che un comune abbeveratoio culturale si rivela purtroppo in una delle sue funzioni più criticate,

cioè quella di Recovery Place, ciò non deve indignare oltremodo, almeno o soprattutto in questo momento, poiché, pur determinando in parte un inevitabile aumento dei contagi, essa va incontro alle esigenze delle famiglie,

il cui lavoro, come sappiamo, è fondamentale e quindi indispensabile sia per esse, affinché possano dare il loro doveroso contributo allo Stato, sia alla stessa Repubblica, affinché possa redistribuirli ai cittadini in forma di diritti.

Non per nulla, infatti, il lavoro compare già al primo fra gli articoli fondamentali della Costituzione.

Sicché, come ogni studente e ogni docente, al di là di ogni programma e programmazione, ha il dovere di apportare nella propria classe il proprio singolare e personale contributo spirituale, così, in quanto facente parte di uno Stato, ogni cittadino, all’interno del comune di appartenenza, acquisisce e matura diritti di cui può godere solo dopo aver adempiuto al proprio dovere.

IVREA, 10 ottobre 2020

Franco Di Giorgi docente di storia e filosofia

Quaderno 66

Il Quaderno numero 66 contiene il libro

A SINISTRA DI INTERNET di Giovanni Ferretti

Download “Quaderno CIPEC 66 (Libro a sinistra di Internet di Gianni Ferretti)”

Quaderno-CIPEC-Numero-66.pdf – Scaricato 10043 volte – 3,84 MB

In anticipo, largo, sulla stampa cartacea – a cura del Centro Stampa della Provincia di Cuneo – si rende disponibile il quaderno cipec 66.

Contiente anche alcune recensioni del libro di Sergio Dalmasso su Lucio Libertini e un saggio di Sergio Dalmasso su Rodolfo Morandi.

Quaderno CIPEC Numero 66

Premessa, a sinistra di internet

Queste righe, lungi dal volersi ritenere complete ed esaustive, propongono un compendio degli studi relativi alle conseguenze provocate dall’impatto del digitale sulle nostre vite: scorrono sulle modifiche in atto in alcuni assetti psicologici, antropologici e sociali, e affrontano il rapporto tra digitale, economia e capitalismo del controllo, mettendo in risalto il ruolo del digitale nella creazione del consumo, del consenso e del controllo sociale.

Il testo, anche se di taglio per lo più sociologico, ha la presunzione di avanzare alcune analisi politiche; queste prendono spunto dal lavoro di diversi studiosi, alcuni dei quali potrebbero non gradire l’accostamento alla sinistra, presupposto nel titolo, soprattutto se accostata ad aggettivi quali radicale o anticapitalista 1: pur avendo provato ad essere accurato nelle citazioni, la loro selezione e il filo logico utilizzato per collegarle tra loro è ovviamente di esclusiva mia responsabilità.

Gap generazionale

Vale la pena puntualizzare che le analisi che vengono riportate e le statistiche sulle quali si basano, sono fortemente influenzate da quello che potremmo definire gap generazionale: è chiaro che l’impatto dei media digitali, soprattutto sul nostro modo di interpretare il rapporto con il nostro prossimo, è molto diverso se riferito alle generazioni Y (nati dopo il 1981, cresciuti con il web, creato nel 1991) e Z (i digital native, nati dopo 1995) o, viceversa, se osservato nelle generazioni maturate nel secolo ventesimo.

I ragazzi non leggono i giornali cartacei

Un esempio: i ragazzi di oggi difficilmente comprano giornali; quelli più sensibili sono comunque orientati a consultare giornali on-line o, più spesso, aggregatori di notizie tipo Google News.

Questo ovviamente non vale per persone che hanno più di 50-60 anni: troveremo anche tra di loro fruitori delle news on-line ma statisticamente il loro numero sarà molto meno rilevante.

Più in generale, possiamo cinicamente dire che ogni persona che muore è un fruitore di tecnologia broadcast (TV tradizionale, radio…), mentre ogni persona che nasce sarà fruitore di tecnologie di nuova generazione (streaming, podcasting, social o altro che sia o che sarà).

Nota

1 Anche se c’è da chiedersi che cosa sia una sinistra non anticapitalista.

Giovanni Ferretti

Nella foto seguente la figlia di CHE GUEVARA Aleida con Giovanni Ferretti:

Sferini su Lucio Libertini

Download articol di Marco Sferini su Libertini

Lucio Libertini: “Una cosa è rifondarsi, altra è abiurare”

Sferini foto Lucio Libertini

su La sinistra quotidiana

 

Sferini su Lucio Libertini – 27 anni fa mi trovavo in Trentino, in vacanza.

Dal televisore dell’albergo un mesto Tg2 diede la notizia in poche parole, mostrando questa foto di Lucio Libertini.

Era morto un socialista vero che non si era mai mosso più di tanto dalla posizione in cui aveva fatto crescere e maturare i suoi ideali.

“Sono i partiti che sono cambiati attorno a me”.

Ed infatti Lucio si riferiva alla mutazione del PSI, del PCI in PDS e alla sua personale scelta di rimanere invece convintamente comunista.

Lui riconosceva – scrisse – il diritto a Napolitano di dirsi socialista riformista.

Chiedeva che gli venisse riconosciuto altrettanto il diritto di dirsi ed essere nell’Italia del 1991 ancora, liberamente comunista.

Libero dalle catene in cui il comunismo era stato imprigionato dall’esperienza dei paesi dell’Est Europa, dell’Urss stessa.

Libero di rifondare pratica e pensiero dei comunisti nel Paese che aveva conosciuto per primo il fascismo e che i comunisti avevano contribuito in larga parte a sconfiggere con la Resistenza.

Grazie anche a lui, il Partito della Rifondazione Comunista può oggi rivendicare una sua vena libertaria e una ispirazione già allora antistalinista, costretta indubbiamente a convivere con posizioni molto contrastanti tra loro.

La dialettica del resto era e rimane non solo il motore della storia e dell’evoluzione umana, ma anche la dinamica con cui le tesi diventano sintesi.

Lucio scomparve mentre stava lavorando proprio alle tesi del congresso nazionale del Partito.

Nel settembre di quell’anno la consueta grande manifestazione a Roma dove convergevano oltre 300.000 compagne e compagni, ricordo Lucio in tanti interventi.

Mi mancò molto in quell’agosto, che ricordo con piacere per altri motivi, la figura di Lucio Libertini.

Come mi manca ancora oggi.

Perché era un compagno onesto moralmente e intellettualmente parlando.

Andai a cercare “Liberazione” a Trento, perché a Faedo non si trovava, la lessi freneticamente e la custodii nella copia della settimana precedente che invece avevo comperato a Savona.

Ogni tanto la riprendo in mano, così come alcuni scritti che reputo importanti: tra gli altri spiccano le “Sette tesi sul controllo operaio”.

Se posso consigliare alcune letture su Libertini, direi che sono un buonissima ricostruzione del suo pensiero quello uscito nell’autunno del 1993, edito da “Liberazione” stessa (“Lucio Libertini, 50 anni nella storia della sinistra”) oramai credo introvabile se non presso qualche circolo o federazione provinciale del PRC, e quello scritto dal caro amico e compagno Sergio Dalmasso, “Lucio Libertini, lungo viaggio nella sinistra italiana”, che potete acquistare anche su Amazon.

Libro su Libertini di Dalmasso

MARCO SFERINI

7 agosto 2020

***

Perché un movimento per la rifondazione comunista

Per comprendere la lotta che Libertini visse, come tante decine di migliaia di compagne e di compagni vissero, in quella transizione storica tra PCI e Partito Democratico della Sinistra, dopo il crollo del Socialismo reale sovietico e dei suoi paesi satelliti, riportiamo di seguito un intervento scritto per “l’Unità”, il 14 dicembre 1990:

Nei congressi sentiamo ripetere frequentemente un ritornello banale: il nome non conta, andiamo al di là del sì e del no.

E, a ben vedere, una affermazione inconsistente o pretestuosa, perché ciò che è in discussione non è un nome, ma, con un nome, una identità culturale e politica, e ogni contenuto, ogni programma, ha la sua radice in una identità.

Non a caso, o per capriccio, da anni è in corso una massiccia campagna dei grandi mezzi di informazione, diretta ad indurci ad abbandonare il nome comunista e la nostra identità di comunisti italiani, perché così si tagliano gli ancoraggi ideali e si diviene più facilmente preda di una deriva verso destra.

In realtà la questione di fondo che è in discussione e che investe l’intera sinistra europea (ma, ovviamente, in modo più diretto il Pci) e sulla quale occorre pronunziarsi con nettezza, riguarda un interrogativo centrale: se la vicenda di questo secolo, con il tragico fallimento dei regimi dell’Est, segni la vittoria definitiva del capitalismo, che diviene un limite insuperabile della storia umana, seppellendo la questione del socialismo; o se invece la tragica degenerazione di un grande processo rivoluzionario, che comunque ha inciso sulla storia del mondo, e le nuove gigantesche contraddizioni del capitalismo, a scala planetaria, ripropongano in termini nuovi la questione del socialismo e dell’orizzonte ideale, assai più lontano, del comunismo.

Molti di noi hanno rifiutato da tempo (chi scrive da sempre) di definire socialisti e comunisti quei regimi pur se ne riconoscevamo alcune storiche realizzazioni; ed è singolare che essendo stato per questo definito nel passato un revisionista e quasi un traditore, ora mi si voglia fare apparire un «conservatore» stalinista perché rifiuto di seppellire il socialismo sotto le macerie dell’Est.

Ecco, dunque, la questione.

Una questione che la proposta di Occhetto scioglie in una direzione ben precisa, perché da essa è assente ogni riferimento al comunismo ed al socialismo: perché la suffragano confusi discorsi su di una prospettiva che sarebbe «al di là del socialismo»; perché la identificano le dichiarazioni esplicitamente anticomuniste e antisocialiste di numerosi esponenti della cosiddetta sinistra sommersa, pronti ad essere cooptati nel gruppo dirigente del nuovo partito; perché il modello organizzativo che si propone ha caratteri sin troppo significativi, di ispirazione democratico-radicale.

Non a caso essa ha suscitato l’opposizione di Bassolino, che si è accorto, sia pur tardi, dei contenuti moderati dell’operazione, e la riserva, destinata a diventare dissenso esplicito, dell’area socialista-riformista, che da solco del movimento socialista europeo non intende uscire.

Tutto ciò – la perdita della identità e del riferimento al socialismo – spiega il processo di disfacimento che la «svolta» ha indotto sul piano organizzativo ed elettorale.

Una crisi ci sarebbe comunque stata in ragione della vicenda storica che attraversiamo, ed una rifondazione era comunque necessaria, ma la «svolta», per i suoi contenuti, trasforma la crisi in disfatta.

Proprio perché abolire una identità sostituendola con una fuga nel vuoto, mette in causa gli ideali che ci hanno fatto stare e lottare insieme, fuggendo dalla questione dei contenuti del socialismo, invece di affrontarla.

Ecco, dunque, perché considero con interesse la posizione, sia pure ancora ambigua, di Bassolino e di altri compagni, lo stesso emergere di un’area socialista riformista, e la posizione di tanti compagni che, pur accettando il PDS, non vorrebbero rinunciare al socialismo.

E perché considero la rifondazione comunista non una mozione, ma un impegno culturale e politico di lunga lena, attorno alla quale costruire un movimento, non ristretto all’ambito organizzativo del PCI attuale (dal quale è fuoriuscita una vasta area di comunisti e che ha perso il rapporto con le nuove generazioni).

Siamo in campo per evitare che il congresso segni una svolta irreversibile nel senso che ho indicato.

Ma siamo in campo, ancor di più, per porre in Italia la questione dell’esistenza di una forza politica e sociale che, partendo dalle grandi e crescenti contraddizioni del capitalismo – la questione Nord-Sud, la questione ambientale, la questione di classe, i processi di emarginazione, l’intreccio con la grande questione femminile – riproponga in termini nuovi e avanzati la questione del socialismo.

Siamo in campo per evitare che la democrazia sia azzoppata dal rifluire nel disimpegno e nella astensione di tanta parte del mondo del lavoro privato di vera rappresentanza, siamo in campo per costruire con le nuove generazioni una prospettiva nuova, respingendo l’omologazione ai modelli imperanti di una società dominata da una concentrazione senza precedenti del potere.

Sappiamo di indicare una via non facile e aspra, oggi controcorrente.

Una forza politica che non abbia la capacità di stare nelle ragioni di fondo della storia, e si pieghi a mode e condizionamenti esterni, va fatalmente alla deriva. Una cosa è rifondarsi, altra cosa è abiurare.

LUCIO LIBERTINI

Perché un movimento per la rifondazione comunista
l’Unità, 14 dicembre 1990

 

Novità Edizioni Punto Rosso

maggio 2020

Sergio Dalmasso

LUCIO LIBERTINI

Lungo viaggio nella sinistra italiana

Postfazione di Luigi Vinci

In appendice alcuni articoli di Libertini usciti sulla rivista “La sinistra

Lucio Libertini libro di Sergio Dalmasso

Lucio Libertini (Catania 1922-Roma 1993) ha militato, dall’immediato dopoguerra alla morte, nella sinistra italiana, da una corrente socialista minoritaria alla sinistra socialdemocratica, dall’eresia dell’USI di Magnani e Cucchi alla sinistra socialista, dall’eretica collaborazione con Panzieri al PSIUP, dal PCI a Rifondazione comunista.

Al di là delle banali accuse di essere uno “scissionista”, un “globe trotter della politica”, Libertini rivendicava una coerenza, una continuità davanti ai tanti che avevano modificato non sigle di partito, ma posizioni e scelte ideali, sostenendo una fedeltà ai propri riferimenti sociali e una linearità, nel doppio rifiuto dello stalinismo e della compromissione socialdemocratica.

Il suo grande attivismo, le capacità giornalistiche espresse da “Iniziativa socialista” a “Risorgimento socialista”, da “Mondo operaio” all’”Avanti!”, da “Mondo nuovo” a “Liberazione”, la intensa produzione di testi, sempre legati alla contingenza politica, ma molto spesso di prospettiva (per tutti le “Tesi sul controllo” e “Due strategie”) hanno fatto di lui, per anni, un riferimento importante.

Attualità di alcune tematiche

Se molte delle formazioni in cui ha militato sono oggi sconosciute ai più, sommerse nelle infinite scissioni, divisioni e rimozioni della sinistra, alcune tematiche mantengono una specifica attualità:

  • la ricerca di una via autonoma e non subordinata;
  • il legame costante con la classe;
  • la necessità di un protagonismo della stessa espressa dai suoi strumenti di controllo e di auto organizzazione;
  • una lettura dei temi internazionali che esca dai limiti del campo e dello stato-guida.

Il testo passa in rassegna “eresie” dimenticate, dibattiti, scelte generose anche se minoritarie, figure della sinistra maggioritaria e di un’altra sinistra (Magnani, Codignola, Maitan, Panzieri, Ferraris) sconfitta ed emarginata, con opzioni differenti, ma capace di analizzare la realtà nazionale e internazionale, le sue trasformazioni, le prospettive.

Attraverso il percorso di Lucio Libertini, il testo ripercorre mezzo secolo di storia, di successi, errori, scacchi, potenzialità, speranze, occasioni mancate dell’intera sinistra italiana.

Roberto Mapelli

***

L’autore

Sergio Dalmasso è nato a Boves (Cuneo). Vive a Genova.

E’ stato per quarant’anni insegnante di lettere nella scuola media superiore.

Militante della sinistra, dal movimento studentesco a Manifesto, PdUP, DP, Rifondazione.

È stato consigliere comunale, provinciale, regionale.

Già redattore di riviste storiche, si occupa di storia del movimento operaio, della sinistra politica e sociale in Italia, della stagione dei movimenti, di figure dei partiti di sinistra.

Ha recentemente pubblicato per la Redstarpress due biografie su Lelio Basso e Rosa Luxemburg.

Cura i quaderni “Storia, cultura, politica” del CIPEC.

Pagg. 250, 18 euro.

ISBN 9788883512414

Per ordinarne una copia scrivere a

edizioni@puntorosso.it

www.puntorosso.it/edizioni

 

 

Puoi acquistare il libro anche su Amazon

Di seguito gli interventi di Lucio Libertini nel consiglio regionale del Piemonte da consigliere del Partito Comunista Italiano 1975-1976 pubblicati nel quaderno CIPEC numero 67:

Download “Quaderno CIPEC N. 67 (Lucio Libertini. Interventi al consiglio regionale del Piemonte 1975-1976)”

Quaderno-CIPEC-Numero-67.pdf – Scaricato 11173 volte – 1,72 MB

E, un saggio su Libertini pubblicato su Critica Sociale (2023):

Download “Saggio su Libertini - Critica sociale, parte prima”

Critica-sociale-Libertini-Dalmasso-prima-parte.pdf – Scaricato 21521 volte – 190,45 KB

 

Addio Piergiorgio Maggiorotti

 

Non passa un giorno senza una triste notizia. Mi scrivono da Torino della morte di Piergiorgio Maggiorotti. Piergiorgio è stato eletto consigliere regionale della allora DP nel 1990, come indipendente.

Da fine 1991, confluita DP in Rifondazione, era stato consigliere rifondarolo, sempre indipendente e con molte riserve sul processo di Rifondazione.

Disabile, attentissimo ai temi sociali era meno interessato ai temi ortodossi, tradizionali delle formazioni politiche della sinistra (nuova o tradizionale), ai loro linguaggi e riti.

Credo che i suoi interventi consiliari (forse sarebbe opportuno raccoglierli) testimonino queste scelte e questa formazione.

Addio Piergiorgio Maggiorotti

Ricordo ancora la visita,con lui, al carcere di Cuneo. Nel 1995 aveva terminato il mandato consiliare, continuando un impegno serio e documentato sui temi della disabilità, della salute.

Nei miei anni torinesi, lo avevo incontrato frequentemente. Avevamo presentato, scritte dalle lui e dalle associazioni che rappresentava, tre proposte di legge (2005) sul tema.

Neppure una è mai arrivata in aula.

Lo avevamo distaccato dal suo lavoro, alcune ore alla settimana, presso l’assessorato alla Sanità (assessore Mario Valpreda) perché occupasse della disabilità e fungesse da tramite tra assessorato e “partito”.

Era attivo, puntuale, competente, eccessivamente “timido” in questa politica di squali.

Ricordo un carattere dolce, una lettura sempre problematica delle cose, ben lontana dalle certezze assolute e dai personalismi, una grande idealità che, dalla sua condizione personale, trasferiva nell’impegno sociale.

È un altro pezzo della nostra piccola storia che se ne va.

Ho spesso l’impressione che la sconfitta collettiva e la fine di tante ricche storie personali siano legate fra loro.

Genova, 5 febbraio 2020

Sergio Dalmasso

Lidia Beccaria Rolfi


Ho conosciuto Lidia Beccaria Rolfi. Partigiana, deportata nel lager di Ravensbrück, insegnante elementare, poi artigiana/negoziante
(mi scuso per la genericità) nella sua Mondovì (Cuneo).

Lidia Beccaria Rolfi - Scritte antisemite e svasticheAttiva socialmente, politicamente (PSI), culturalmente (ANPI, associazioni antifasciste).

L’ho vista la prima volta, studentello, nel 1965 in un incontro di ex partigiani con giovani studenti, nel ventennale della liberazione.

Carattere sincero e diretto, grande capacità comunicativa.

A lei si ispirò impropriamente Liliana Cavani per il suo “Portiere di notte”.

Efficacissima negli incontri pubblici, che già allora accusavamo di essere spesso retorici (ricordo una pagina – durissima – dei “Quaderni piacentini”).

Il suo libro “Donne a Ravensbruck” (1978) è la prima e resta la maggiore testimonianza sulla deportazione femminile.

(Le donne di Ravensbrück. Testimonianze di deportate politiche italiane, Beccaria Rolfi, Lidia ; Bruzzone, Anna Maria. Einaudi, 1978).

Lidia Beccaria Rolfi giovane

Lidia Beccaria Rolfi

Scrisse anche un testo sul suo difficile reinserimento nella vita civile, dalla gente che non voleva sentir parlare dei lager al provveditore agli studi che la trattò con sospetto in quanto ex partigiana.

Continuo il suo impegno contro il neo-fascismo, dalle proteste contro i comizi missini al quotidiano lavoro di testimonianza.

Leggo con orrore della SCRITTA di ieri sulla casa sua e del figlio Aldo.

Mi terrorizza il fatto che gli autori di queste nefandezze governeranno tra poco, che le politiche della “sinistra” e la nostra inettitudine abbiano spalancato loro la strada.

Soprattutto il senso comune per cui queste sono ragazzate e il termine “EBREO” è sempre più usato come insulto.

Agli/alle imbecilli ricordo che Lidia Rolfi fu deportata per motivi politici e non di razza, ma forse la cosa è troppo difficile.

Ricordo che i tentativi (Parri 1960, nuova sinistra 1975) di mettere FUORI LEGGE le strutture (oggi anche i siti) dell’estrema destra non hanno avuto seguito.

Oggi raccogliamo i frutti di questi errori.

Alla memoria di Lidia e al figlio un saluto.

A noi l’impegno di un vero antifascismo, non retorico, ma sulle questioni sociali.

24 gennaio 2020 – Sergio Dalmasso

Quaderno CIPEC 63

Sergio Dalmasso: Interventi al consiglio regionale del Piemonte: 2005-2007

Download “Quaderno CIPEC N. 63 (Interventi di Sergio Dalmasso al Consiglio Regionale Piemonte parte prima 2005-2007)”

Quaderno-CIPEC-Numero-63.pdf – Scaricato 5278 volte – 2,26 MB

È online il quaderno CIPEC Numero 63 in anteprima rispetto alla versione cartacea.

In questo quaderno sono raccolti gli interventi di Sergio Dalmasso al consiglio regionale del Piemonte nella VIII legislatura.

Per questioni di spazio nella versione  a stampa del quaderno si è deciso pubblicare gli interventi effettuati negli anni 2005-2007.

I restanti interventi saranno pubbicati nel quaderno 66.

Il prossimo quaderno del secondo semestre 2020 raccoglierà gli interventi in consiglio regionale di Mario Giovana, grande figura della sinistra piemontese.

Il valore di questo quaderno è portare gli interventi pubblici di Sergio Dalmasso in questo sito web che come i lettori sapranno ambisce ad essere l’archivio della opera omnia presente, futura e quella che si riuscirà a reperire/ricostruire del nostro.
Questi interventi sono frutto di un lavoro, senza lesinare energie intellettuali; quindi, meritorio d’essere conservato e reso pubblico – a nostro avviso.

Vi è un commosso e meritato ricordo di Mario Canu in apertura degli interventi di Dalmasso nell’VIII legislatura presieduta a suo tempo da Mercedes Bresso.

 

“Rilanceremo un’ipotesi sostanzialmente di sinistra su grandi tematiche che non tocchino solo le sigle politiche, ma che cerchino di dare vita a quell’idea di sinistra che noi abbiamo in mente, che veda i partiti politici, le formazioni politiche come attori fondamentali, ma come attori altrettanto importanti e altrettanto fondamentali le grandi forze sociali le grandi forze sindacali, il volontariato, le associazioni, il mondo ambientalista e – non lo dico per fare contento l’amico Moriconi – il mondo animalista, rispetto al quale mi auguro che il collega m’insegnerà alcune cose su cui potremo lavorare per assumere impegni comuni in quest’aula. Sergio Dalmasso”

Buona visione!

Copertina Quaderno CIPEC Numero 63

Addio Melandri

Don Eugenio Melandri prete comunista

don Eugenio Melandri

Leggo dall’amico Alfio Nicotra la tragica notizia della morte di Eugenio Melandri.

Ho conosciuto questo missionario, mio coetaneo, nel movimento per la pace, a fine anni ’80.

Nel 1989 , scelse, per il parlamento europeo la candidatura in Democrazia Proletaria perché eravamo “i più poveracci”.

Fu (unico) eletto.

Nei suoi interventi vi era un intreccio di lettura sociale del Vangelo, socialismo popolare della sua terra (l’Emilia), passionalità, sdegno per i mali del mondo e per l’egoismo (anni ’80) imperante.

Fummo lieti ed onorati di conoscerlo, di ospitarlo, di dialogare con lui.

Attivissimo sulle grandi questioni internazionali, America latina, guerre, Africa, contro i blocchi economici, contro le politiche militariste, le discriminazioni.

Nel ’92, Rifondazione lo elesse deputato, ma, causa doppio incarico, si dimise dopo poche settimane.

Nel ’94, fu il primo escluso nelle nuove elezioni europee e continuo a credere (allora fui ritenuto politicamente scorretto) che Rifondazione non si comportò bene con lui.

Lavorò sui temi dell’Africa, delle migrazioni, del rapporto Nord/Sud.

Venne a Cuneo, nel 2002, in un incontro della mia sfortunata campagna per le comunali (prevalse il “voto utile”).

Negli ultimi anni, il tumore (il drago), affrontato con grande coraggio, sofferenze fisiche e morali, certezza di sconfiggerlo.

Negli ultimi giorni, la gioia per il ritorno a “celebrare la messa” da cui era stato sospeso per la sua candidatura in DP., forse anche la convinzione di avere superato la malattia e di poter tornare ai suoi impegni (a cominciare dalla rivista sulla quale scriveva).

Pochi giorni fa, uno scritto di Maurizio Acerbo condivideva la gioia per il suo “dire messa” e proponeva un convegno presso i missionari saveriani.

Speravo fosse un segno positivo.

Oggi la notizia della morte.

Ricordo i dibattiti con lui, le visite alle carceri, l’incontro alla viglia della prima sciagurata guerra del golfo, i suoi messaggi, su facebook, in cui dava conto della malattia.

Un laico convinto come me ha tanto imparato da Girardi, don Mazzi, La Valle.

Anche dal mio amico Eugenio Melandri e dalla sua splendida testimonianza di vita.

Sergio Dalmasso
27 ottobre 2019

Analisi voto europee

Analisi a caldo del voto europeo della lista “la sinistra”

Un (lungo) ragionamento sull’ennesima sconfitta politica- sociale- elettorale.

 

Non ho mai avuto alcuna speranza su un risultato positivo della lista alle europee.

– Costruita tardi.

– con rottura in una piccola area.

– con candidature belle e ricche, ma del tutto sconosciute.

– con un programma ampio, ma privo di una idea forte, centrale, che permetta di identificarsi in un progetto (Salvini: ordine, migrazione, Silvio: Tasse, Grillo: onestà, PD opposizione al sovranismo, Verdi: ambiente…).

Ricordo che gli animalisti hanno la metà dei nostri voti e in Francia sono pari al PCF.

– con assenza di una figura centrale, in una politica stupidamente personalizzata (si guardi il dato di Bonino).

A questo si aggiungono errori frontali:

– assenza di un lavoro comune nel periodo (non un mese) precedente le elezioni

– proposta di “ingresso, fusione, federazione(?) con PaP, con invito, per settimane, ad iscriversi e poi improvviso “Contrordine compagni”.

– polemiche inutili e incomprensibili. La lettera di Acerbo su PaP era corretta formalmente, ma errore frontale perché ha accresciuto l’immagine di formazioni rissose che discutono su temi del tutto incomprensibili ai comuni mortali.

– Modificazione di simbolo ad ogni scadenza, almeno dieci diversi negli ultimi anni, con totale disorientamento anche dei/delle più fedel* e volenteros*.

– Assenza, in questo, di elementi di identità, legati alla nostra storia.

Lo avevo detto, lo scorso anno per PaP (simbolo e nome che ripeteva- per i vecchi- gli errori di NSU), lo ho proposto quest’anno chiedendo che nella parte bassa fossero inseriti i simboli di Rifo, SI, Altra Europa.

Si rifletta, vedendo anche il risultato del PC di Rizzo.

– L’errore totale di formazioni e gruppi che sono rimasti sull’Aventino e non hanno compreso il peso di una ennesima sconfitta, non cancella errori e logiche gravissime.

Resta il dato drammatico – che ha colpito anche il PC francese – di una campagna elettorale non egualitaria, con giornali e TV asserviti alle forze maggiori.

Il 90% di chi ha votato non ha neanche saputo della nostra esistenza.

Non ne abbiamo la forza, ma la prima questione sarebbe chiedere una reale “par condicio” su tutte le reti TV.

E’ difficile, ovviamente, reggere dopo una ennesima sconfitta e la depressione che produce.

Piccole ipotesi:

– non sfasciare quella parziale unità che si è costruita (tardi e male), ma allargarla e proiettarla sulle prossime scadenze.

– proporre un accordo sui temi centrali (lavoro, questione sociale, ambiente, difesa degli spazi democratici, questioni internazionali) alle formazioni politiche, sociali, culturali che non intendono cancellare una storia e una presenza che tanto ha dato al nostro paese.

– non ripetere l’errore letale di cinque anni fa, quando dopo il 4% miracolosamente raggiunto e le speranze suscitate, l’unità si è spezzata (credo che SEL- SI dovrebbe battersi il petto).

Avere il discorso dell’unità e di una discussione aperta, ma non paralizzante, come centro di tutte le nostre iniziative, a cominciare dalle piccole feste (anche se nulla abbiamo da festeggiare).

Occorre, in loco, cominciare subito con una assemblea aperta.

– Non disperdere, come troppe volte si è fatto, le poche energie raccolte, a cominciare dai firmatari dell’appello.

La realtà che viviamo è tremenda: in Francia è in testa l’erede della repubblica di Vichy, nell’est Europa dominano le forze reazionarie, razziste, antisemite (qualcun* dovrebbe riflettere sui danni indotti da 40 anni di socialismo reale), in Spagna, forze nostalgiche del franchismo spingono a destra la destra classica, in Italia la Lega interpreta le peggiori tendenze e paure del paese (una nuova “autobiografia della nazione”), raccogliendo egemonicamente il voto popolare, il fascismo è sdoganato, in una divisione di compiti tra governo e opposizione (Casa Pound).

Senza una sinistra capace e propositiva , che riparta dai fondamentali, la necessità di opporsi alla destra non uscirà dai limiti di esperienze precedenti.

Il fallimento del centro- sinistra in Italia, dei governi socialisti in Francia (per non parlare della Grecia) ripropone questa necessità di cui parliamo da anni.

Credo che ogni volta sia più difficile e faticoso, ma occorrerebbe discuterne.

Chiedo scusa se lo sproloquio è troppo lungo e ringrazio chi ha avuto la forza e il coraggio di arrivare sino in fondo.

Sergio Dalmasso

Facebook, 27 maggio 2019