Lo scontro con Berlinguer, pp. 118-119 quaderno n. 38
Download “Quaderno CIPEC N. 38, I decenni della nostra storia (di S. Dalmasso)” Quaderno-CIPEC-Numero-38.pdf – Scaricato 1514 volte – 814,85 KBc) Lo scontro con Berlinguer, Nel febbraio 1984 il governo e le parti sociali raggiungono una intesa sulla politica economica, predeterminando i punti di scala mobile per l’anno in corso.
Contraria la sola componente comunista della CGIL.
Il decreto legge governativo del 14 febbraio (di San Valentino) è fortemente avversato per il contenuto (colpisce unilateralmente il lavoro dipendente) e per il merito ritenuto autoritario.
L’opposizione del PCI è fortissima alle Camere e si lega nel paese alla spinta della maggioranza della CGIL. Imponente la manifestazione nazionale, a Roma, il 24 marzo.
Berlinguer, dopo la sconfitta delle precedenti ipotesi politiche,
rilancia una forte opposizione sociale,
profondamente legata alla riaffermazione della “questione morale” e della “diversità” del PCI rispetto alle altre forze politiche (123) e da un impegno contro l’installazione degli «euromissili» sul territorio italiano.
È l’ultima battaglia di Berlinguer che segue l’uscita dalla maggioranza di governo (1978-1979),
l’affermazione,
dopo il terremoto nel Belice e i successivi scandali, che con «questa DC non si può governare» e ipotizza, nei fatti, una alternativa di sinistra e uno scontro netto con DC e PSI,
capace di rovesciare la sfida da questi lanciata.
Morte di Berlinguer
La morte coglie improvvisamente il segretario comunista nel corso della campagna per le elezioni europee.
Il suo funerale, alla vigilia del voto, è una immensa prova di forza del partito,
ma anche dimostrazione della commozione che ha colto il paese intero davanti ad una figura certo contraddittoria e discussa, ma capace di suscitare passione ed emozione per la forte carica morale.
Il risultato delle europee segna, per la prima ed unica volta,
il «sorpasso» del PCI sulla DC ed è certo frutto dell’emozione collettiva, anche se pesano non poco lo scontro sociale e i contrasti interni alla maggioranza.
Il referendum contro il decreto di S. Valentino, indetto immediatamente dal PCI, si svolge nel 1985, in una situazione politica già cambiata.
La tensione sociale si è attenuata, le elezioni regionali hanno fortemente ridimensionato il PCI stesso,
nonostante la confluenza del piccolo PDUP di Lucio Magri e Luciana Castellina (per la prima volta si presentano i Verdi che ottengono il 2%).
Ma soprattutto incidono sulla sconfitta referendaria le divisioni nella CGIL presenti nella stessa componente maggioritaria (anche il segretario Luciano Lama è molto «tiepido»),
i contratti di alcune categorie che hanno attenuato il taglio della scala mobile, la forte campagna governativa, capitanata da Craxi, la poca convinzione,
se non avversione, dell’ ala «migliorista» del PCI stesso, di cui è evidente la malcelata ostilità verso una iniziativa ritenuta volontaristica e tale da isolare il partito e a livello politico e verso alcuni settori sociali,
la stessa segreteria di Alessandro Natta che ha ereditato una situazione esplosiva e al quale sembra mancare il carisma dei segretari precedenti.
Risultati referendum sula scala mobile
Il 45,7% ottenuto dai sì al referendum è dimostrazione di contraddizioni, di scollamento con alcuni settori della propria base sociale,
della difficoltà di rifondare una politica e delle molte anime che ormai convivono nella medesima formazione (non a caso sarà sciolta pochi anni dopo).
NOTA ( 123)
In una intervista rilasciata, meno di tre anni prima, il segretario comunista afferma:
«I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni a partire dal Governo.
Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la RAI TV, alcuni grandi giornali …
Insomma tutto è lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico: tutte le operazioni che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell’interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica».
E sulla “diversità”: «Noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato …
Ho detto che i partiti hanno degenerato, quale più quale meno, dalla funzione costituzionale loro propria, recando così danni gravissimi allo Stato e a se stessi.
Ebbene, il PCI non li ha seguiti in questa degenerazione …
Ai tempi della maggioranza di solidarietà nazionale ci hanno scongiurato in tutti i modi di fornire i nostri uomini per banche, enti, poltrone, di Sottogoverno, per partecipare anche noi al banchetto.
Abbiamo sempre risposto di no …
E ad un certo punto ce ne siamo andati sbattendo la porta, quando abbiamo capito che rimanere, anche senza compromissioni nostre,
poteva significare tener bordone alle malefatte altrui e concorrere anche noi a far danno al paese»
(ENRICO BERLINGUER, Questi partiti degenerati sono l’origine dei nostri mali, intervista ad Eugenio Scalfari, in “Repubblica”, 28 luglio 1981).
***
Intervento di Lucio Libertini (14-12-1991) al Congresso Nazionale fondativo di Rifondazione Comunista dopo lo scioglimento del PCI della Bolognina: