Quaderno CIPEC Numero 51
La realtà del Chiapas
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Introduzione, La realtà del Chiapas pag. 4.
Karl Marx dal liberalismo al comunismo pag. 6
Manifeste dau partit comunista pag. 10
I. Borgés e proletaris pag. 10
II. Proletaris e comunistas pag. 18
III.Literatura socialista e comunista pag. 24
IV Posicion daus comunistas en comparason aus diferents partits d’opausicion pag. 31
Forme di autogoverno e sistema economico-sociale delle comunità zapatiste in Chiapas pag. 33
Introduzione pag. 33
1 – Storia delle ribellioni in Chiapas e sviluppo dello zapatismo pag. 36
2 – I diritti delle popolazioni indigene nella Costituzione messicana del 1917 e nelle sue modifiche pag. 55
3 – Forma di stato e forma di governo delle comunità zapatiste pag. 70
4 – Tratti peculiari del movimento zapatista pag. 96
5 – Rapporti economici e internazionali delle Comunità zapatiste pag. 126
Osservazioni conclusive pag. 135
Ringraziamenti pag. 138
Bibliografia pag. 138
Quaderni CIPEC pag. 145
CIPEC Attività pag. 152
Introduzione
La realtà del Chiapas, iniziamo il nuovo anno mantenendo fede ad una promessa e con una curiosa “chicca”.
Nel maggio 2011, pubblicando, nel n. 46 di questi quaderni, la tesi di laurea triennale di Alessio Giaccone su Vandana Shiva e i suoi critici, agli auguri al neodottore avevamo aggiunto l’auspicio di poter pubblicare la sua tesi per la laurea magistrale.
Questa è arrivata puntualmente (marzo 2013) e – ancora una volta – pur trattando di paesi che possono sembrare lontani, affronta, invece, temi e problemi che la globalizzazione rende quanto mai attuali.
La realtà del Chiapas, forse prima grande rivolta contro il neoliberismo globalizzato, insegna a noi tutt*,
non solo per la leggendaria figura del subcomandante Marcos, ma soprattutto per il grande legame di massa che ha saputo creare e per le forme di democrazia “dal basso” che ha innescato.
Ognun* di noi si interroga sulle forme di democrazia, in una fase, ormai non breve e non episodica, in cui gli istituti parlamentari, pure, in alcuni paesi, frutto di grandi lotte democratiche, paiono non rispondere più alla realtà.
I tentativi di risposte autoritarie (dalla semplificazione autoritaria operata dal sistema elettorale maggioritario alle richieste di passaggio al presidenzialismo, già attuato nei fatti, dimostrano che il vuoto aperto dal mancato rapporto fra cittadin*,
movimenti e istituzioni, tra paese reale e paese legale rischia di essere colmato non in un rapporto dialettico tra le istituzioni stesse e forme di democrazia di base (consigli…), ma da una profonda regressione antidemocratica.
La tesi di Alessio, parla di internazionalismo e di noi tutt*.
Ricordo sempre che, nei primi anni del CIPEC, invitammo due volte a Cuneo un bravissimo economista brasiliano, Gerson Guimaraes, per affrontare il problema del debito del terzo mondo (qualcun* ricorda Cancella il debito! cantata da Jovannotti al festival di Sanremo?).
La questione, esposta in termini chiari e drammatici, pareva riguardare solamente i paesi poveri, quelli di Africa, Asia, America latina, aree che il nostro gergo definiva del terzo mondo.
Ancora nelle giornate di Genova 2001- non solamente scontri ed “incidenti”, ma soprattutto dibattiti, seminari, incontri, documenti…
– il tema del debito sembrava riguardare altr* ed essere estraneo alla nostra area geografico- politica di cui pure si coglievano, molti anni prima della “crisi”, contraddizioni drammatiche e tendenze non certamente positive.
Il fatto che oggi tocchi, in prima persona, molti paesi europei e che qui produca le stesse risposte (taglio di sanità, scuola, trasporto pubblico,
impoverimento di strati crescenti della popolazione…) dimostra che la realtà è totalmente “mondializzata”, che ogni fatto ha relazione con altri, che la realtà dei paesi poveri, con queste politiche ed in questo modello produttivo, oggi indica il nostro futuro.
L’apertura ai grandi temi internazionali è, quindi, merito di questo ultimo scritto di Giaccone che ci permette di cogliere alcuni nodi della politica “globale” e di uscire dalla progressiva chiusura, sempre più provinciale, della politica italiana.
Per ricordare sempre “da che parte stare”, leggete la commovente dedica, inusuale per una tesi di laurea.
E’ singolare e sorprendente come, pur negli infiniti cambiamenti che obbligano ad analizzare la realtà attuale con strumenti non tradizionali,
il Manifesto del partito comunista, scritto da Karl Marx e Friedrich Engels nel 1847 e pubblicato nel 1848, uno degli anni focali, nella storia dell’umanità,
offra una analisi delle trasformazioni globali che è di incredibile attualità e proponga uno schema imprescindibile per ogni studio successivo:
La grande industria ha creato quel mercato mondiale che era stato preparato dalla scoperta dell’America. Il mercato mondiale ha dato uno sviluppo immenso al commercio, alla navigazione, alle comunicazioni per via di terra.
Questo sviluppo ha agito, a sua volta, sull’espansione dell’industria e nella stessa misura in cui si estendevano industria, commercio, navigazione, ferrovie,
si è sviluppata la borghesia, ha accresciuto i suoi capitali e ha respinto nel retroscena tutte le classi tramandate dal medioevo (cap. 1°, Borghesi e proletari).
L’idea di Alessandro Strano, giovane studente del corso di laurea in storia a Torino, attivista sociale, musicista (passa dalla musica occitana alla canzone politica),
occitanista (dirige una bella rivista), di tradurre il Manifesto nella lingua occitana ci è parsa molto interessante.
Conservate questo piccolo quaderno che, per questo motivo, è una piccola rarità.
Il Manifesto è stato tradotto in mille lingue, è stato spesso la prima, elementare lettura politica per studenti, operai, militanti del movimento operaio,
che in periodi e situazioni differenti, spesso ne hanno tratto indicazioni per costruire la propria coscienza politica e dare motivazione al proprio impegno.
Mancava, sino ad oggi, la traduzione in occitano, lingua tagliata, di grande tradizione, espressione di una cultura e una civiltà duramente colpite, nella storia, per motivi politico-economici.
Quella usata da Alessandro è una delle numerose forme in cui l’occitano viene scritto. Non entriamo nelle dispute linguistiche, fonetiche che appassionano – e dividono – tant* espert*.
Per chi volesse “saperne di più”, tra l’enorme numero di testi, studi, saggi… richiamiamo, a titolo puramente esemplificativo: Robert LAFONT, Clefs pour l’occitanie, Paris, ed.Seghers, 1971;
La revendication occitane, Paris, ed. Flammarion, 1974; Sergio DEGIOANNI, Nascita ed affermazione di un movimento autonomista nelle vallate di lingua occitana del Piemonte, in “Il presente e la storia”, n.42, 1992; Graziano LINGUA, Occitanismo, moda o consapevolezza? in “Provincia oggi”, marzo 1995.
Il prossimo quaderno (n.52), sempre nel 2014, conterrà una memoria sulla FIAT negli anni ‘60/’70, stagione di conflitti, sindacalizzazione, lotte operaie, chiuse dalla sconfitta del 1980 (la marcia dei quarantamila).
Fenomeno politico e sociologico da non dimenticare.
Potrebbe essere l’ultimo di una lunga serie che ha superato, caso non comune, i cinquanta numeri. Non sappiamo se la prossima Amministrazione provinciale (come saranno Consiglio e Giunta? Con quali competenze? Come saranno definiti i rapporti con comuni, regioni, Stato…?) vorrà proseguire con questa pubblicazione, iniziata nel lontano (anni luce) 1995.
In ogni caso, invitiamo tutt* a leggere gli indici dei numeri precedenti e la attività che, con alterne fortune, il CIPEC ha compiuto in circa trent’anni.
Sono anch’essi parte di una storia, quella di una sinistra atipica, in direzione ostinata e contraria, che – credo – varrebbe la pena, prima o poi, di raccontare.