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L’intervento di Sergio Dalmasso al Convegno centenario Maitan è stato pubblicato nel quaderno CIPEC numero 72 secondo semestre qui disponibile:

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Convegno Livio Maitan. A cento anni dalla nascita il contributo e il lascito politico di Livio Maitan.

Foto di Livio Maitan, Convegno centenario Maitan

Convegno nazionale dedicato a Livio Maitan, nel centenario della nascita dell’intellettuale e dirigente marxista rivoluzionario veneziano morto a Roma nel 2004.

“Con lo sguardo rivolto al futuro”, questo il titolo del meeting frutto di un lungo lavoro di preparazione da parte della BLM, la biblioteca che porta il nome di Maitan e ne cura il lascito di libri, riviste e documenti e che negli anni ha saputo saldarsi al sistema bibliotecario romano mettendo così a disposizione di studiosi e militanti un pezzo importante di storia del movimento operaio.

Roma, 1 aprile 2023

Video completi su Radio Radicale

Canale video Sergio Dalmasso

Il Ciclostile n. 9 Lucio Libertini

il-ciclostile-n-9-libertini-dalmasso – in Il Ciclostile, n. 9, luglio 2022″, Il passato e il presente, “Lucio Libertini. Lungo viaggio nella sinistra italiana“.

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Stralcio del saggio Libertini

Il Ciclostile n. 9 Lucio Libertini – Libertini, nella sua fase più fervida, segnata dal sodalizio con Raniero Panzieri propone l’uscita dallo stalinismo, ma a sinistra.

La rivista “Mondo operaio”, nel breve periodo della co-direzione di Panzieri, svolge una funzione profondamente innovativa, pur nel ricchissimo panorama nato dalla tempesta seguita al 1956 e nel ricco confronto, senza schemi e giuramenti, di posizioni storico- politico- filosofiche che esprime il bisogno di superare i dogmi precedenti.

Nel febbraio 1958 (in quell’anno nascono “Problemi del socialismo”, “Testimonianze”, “La rivista storica del socialismo”) “Mondo operaio” pubblica le Sette tesi sulla questione del controllo operaio, il testo forse più radicale nel proporre una alternativa alle ipotesi maggioritarie nella sinistra italiana.

Lo scritto di Panzieri e Libertini nega la teoria per cui la costruzione del socialismo deve sempre essere preceduta dalla democrazia borghese, questo soprattutto in Italia dovela borghesia non è mai stata e non può divenire “classe nazionale”.

Il Ciclostile n. 9 Lucio Libertini, rivista diretta da Angelo Orientale

Il numero 9 della rivista Il Ciclostile

Questo numero 9 de “Il Ciclostile” è veramente speciale perchè esce nonostante i seri problemi di saluti avuti da Angelo Orientale che in ogni caso ha voluto dirigerne i lavori.

Certo “alla cieca” e quindi è inevitabile (ma non è detto che ci sia) qualche errore di battitura.

Per questa volta, credo meriti la nostra comprensione e immensi auguri di una pronta guarigione.

Il numero è però ricco di materiale interessante.

Buona Lettura.

il-ciclostile-n-9-libertini-dalmasso, Contenuti del numero 9

06 Operai e studenti uniti nella lotta: un esempio di coesione sociale – di Maria Di Serio

08 Anni Settanta: il sogno rivoluzionario – di Attilio Bonadies

10 Salerno e il resto – di Giancarlo Montalto

14 Attualità del socialismo: Perché non più liberale ma radicale – di Valerio Casilli

18 L’esperienza della “Magazzino Cooperativa”. Una bella storia. – di Massimo Angrisano

20 Precarietà e bassi salari. L’analisi della Fondazione Di Vittorio – articolo pubblicato da “Sinistra Sindacale”

22 Luigi Agostini – di Fernando Argentino

26 Lucio Libertini. Lungo viaggio nella sinistra italiana – di Sergio Dalmasso

32 Quarant’anni di storia turbolenta e un futuro nero – di Samir Al-Qaryouti

36 Riflessioni di un’ex ventenne – di Teresa Vespucci

38 Il movimento per la pace, tra idealità e politica (parte I) – di Gianmarco Pisa

48 Partecipazione e cittadinanza attiva. Strumenti di resistenza. – di Gaetano Cantalupo

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Seminario a Pistoia sui 100 anni di Lucio Libertini

Riproposizione nel Blog del mio intervento (Pistoia 1 giugno 2022) in videoconferenza:

Seminario per i 100 anni dalla nascita di Lucio Libertini.

Intervento di Sergio Dalmasso.

Video: Archivio Roberto Marini.

Relatori della videoconferenza: Aldo Agosti, Sergio Dalmasso, Donatella Lino, Fabio Maria Ciuffini, Gabriella Pistone. Moderatore Roberto Niccolai, Coordinatore Giacomo Signorini. :

 

 

RANIERO PANZIERI

 

L’iniziatore dell’altra sinistra

PAOLO FERRERO Panzieri, l’iniziatore dell’altra sinistra, Shake ed., 2021, 320 pp.

 

RANIERO PANZIERI

Paolo Ferrero ripubblica, aggiornato, un importante testo sulla grande figura di Raniero Panzieri, uscito nel 2006 per Punto Rosso, con il titolo Un uomo di frontiera, contenente testimonianze, una breve antologia, una nota biografica, la prefazione di Marco Revelli, l’introduzione dello stesso Ferrero.

La ripubblicazione di questo testo, ampliato ed aggiornato, costituisce uno dei pochi segni di interesse per il centenario della nascita di Panzieri che non ha prodotto dibattito, confronti, ricordi, anche valutazioni critiche che una pietra miliare nella storia della sinistra italiana avrebbe meritato.

Anche Panzieri è stato colpito dalla amnesia che ormai avvolge personaggi e fasi di quello che fu il movimento operaio più interessante e originale a livello europeo.

In qualche raro caso, la sua figura è stata ricordata per la fase più significativa, quella dei “Quaderni rossi”, dal 1961, letti semplicisticamente come prodromo dell’operaismo, dimenticando tutta l’attività politica precedente nasce nell’immediato dopoguerra, nel PSI, su posizioni morandiane (nella fase dei Consigli di gestione), prosegue a Messina presso la cattedra di Galvano Della Volpe e nel PSI siciliano impegnato nell’occupazione delle terre.

Persa la possibilità di carriera accademica, per il continuo impegno politico (segretario regionale siciliano), nel 1953 si trasferisce a Roma come funzionario di partito incaricato della stampa e propaganda, quindi nel 1955 della commissione cultura (cfr. Mariamargherita SCOTTI, Da sinistra. Intellettuali, PSI e organizzazione della cultura -1953/1960-, Roma, Ediesse, 2011) che tenta una politica culturale non subordinata a quella del PCI.

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Ancora la pubblicazione, dopo la morte prematura, delle opere di Rodolfo Morandi, il lavoro, dal 1956, per evitare l’identificazione stalinismo/comunismo e per l’uscita a sinistra dallo stalinismo, la co-direzione della rivista “Mondo operaio” che, nel biennio 1957-1958, conosce il suo periodo più innovativo.

Sette tesi sul controllo operaio

Le Sette tesi sulla questione del controllo operaio, (in “Mondo operaio, febbraio 1958) scritte in una preziosa collaborazione con Lucio Libertini, costituiscono il tentativo più ricco e più organico di una ipotesi alternativa a quelle maggioritarie nella sinistra, legate anche alle Tredici tesi sul partito di classe (in “Mondo operaio”, novembre 1958).

Dal 1961, Panzieri si sente estraneo al partito, incamminato verso la partecipazione ai governi di centro-sinistra.

Il lavoro di consulente presso l’Einaudi, a Torino, lo mette in contatto con la realtà viva di fabbrica nella fase di rilancio del protagonismo operaio, dopo l’estate del 1960, nel pieno della migrazione interna, del prezioso lavoro del sindacato torinese, dell’espansione industriale che produce il moltiplicarsi di problemi sociali (casa, servizi…).

Si lega a lui un gruppo di giovani torinesi (Rieser, Mottura, i Lanzardo, Soave…) che coglie la originalità della sua analisi e della pratica.

Nascono contatti con posizioni simili che stanno maturando a Roma (Tronti, Asor Rosa) e in Veneto (Negri).

L’analisi panzieriana che si esprime nei “Quaderni rossi” è innovativa

Va intanto alle fonti, alla lettura diretta e non travisata di Marx, a parti del Capitale mai analizzate.

Rompe totalmente con la interpretazione della seconda e della terza Internazionale centrate sull’ipotesi del partito guida.

Il rilancio della via consiliare con riferimenti alla stagione dell’”Ordine nuovo”, all’autogestione jugoslava, ai consigli polacchi e ungheresi del 1956, indirettamente a tutta la tradizione consiliare che percorre l’intero secolo, permette di ipotizzare una classe operaia che costruisca i propri istituti, una democrazia che si basi su un rapporto fra istituti elettivi e di base.

Dopo il 1956

E’ chiaro, dopo il 1956, un passaggio dalla morandiana politica unitaria di classe al controllo operaio e quindi ad un particolare “leninismo” centrato su un “dualismo di potere”, ma sono evidenti elementi di continuità di un percorso teorico- politico che sarebbe errore limitare agli ultimi tre anni di vita.

E’ fondamentale, al di là dell’interpretazione che poi alcune formazioni politiche ne daranno, l’analisi della tecnologia, della non neutralità della scienza (L’uso delle macchine nel neocapitalismo) che tanto peso avrà negli anni successivi.

Lo sviluppo tecnologico non è neutro.

La macchina e la scienza sono funzioni del capitale: La macchina non libera dal lavoro l’operaio, ma toglie il contenuto del suo lavoro.

Lo strumento di conoscenza non ideologica della realtà è l’inchiesta, soprattutto se diviene co-inchiesta (cfr. Uso socialista dell’inchiesta operaia, sul numero 5 dei Q:R), costruita insieme al soggetto politico e sociale da analizzare che diventa attore esso stesso, superando la visione mistica del soggetto rivoluzionario che spesso nasce dall’esterno.

Le difficoltà, però, si moltiplicano.

Il rapporto con il sindacato torinese si interrompe, già dopo il primo numero, su cui hanno scritto Garavini, Foa, Alasia, Pugno.

Nell’estate 1961, una lettera di Garavini e Pugno accusa la rivista di semplicismo e schematismo, segnando la fine della breve collaborazione.

Ancor più tese divengono le relazioni dopo gli scontri di piazza Statuto ( luglio 1962).

Nel mese di settembre, il servizio d’ordine sindacale impedisce a Panzieri di entrare in un teatro in cui si svolge una manifestazione.

La redazione dei “Quaderni rossi” si divide su linee politiche

La componente che fa capo a Mario Tronti, Toni Negri, Alberto Asor Rosa ritiene che la maturazione politica della classe sia tale da permettere il salto organizzzativo rivoluzionario, accusa di “sociologismo” la pratica panzieriana e darà vita a “Classe operaia”.

Panzieri replica ritenendo queste posizioni frutto di misticismo rivoluzionario, una sorta di filosofia della storia centrata sulla classe operaia, accusa alcune valutazioni di rozza ideologia del sabotaggio.

Panzieri non vede rinnovato il contratto con l’Einaudi, insieme a Renato Solmi, per avere sostenuto la pubblicazione di una inchiesta di Goffredo Fofi sulla migrazione meridionale.

L’accusa è di voler usare la casa editrice per fini ideologici.

Ancora una volta, come dopo la rinuncia alla carriera accademica, l’attività di Panzieri sembra, per coerenza estrema, dover iniziare da capo.

Quando sembra avere allacciato un rapporto con la Nuova Italia di Firenze, arriva improvvisa la morte, per embolia cerebrale, il 9 ottobre 1964.

Libro di Paolo Ferrero

Il libro di Ferrero uscito opportunamente nel centenario della nascita, contiene uno scritto dell’autore che mette in luce gli elementi di attualità del pensiero e della pratica di Panzieri, creando un legame fra le tesi sul controllo operaio e la tematica dei “Quaderni rossi”.

Panzieri è antidoto rispetto alle visioni autoritarie, statolatriche, centralistiche, antidemocratiche del marxismo e del comunismo che è, invece, partecipazione e democrazia dal basso.

Molte le testimonianze, a cominciare dalla moglie Pucci Saija, traduttrice del Capitale, a tant* militanti scompars*, Dario Lanzardo, Giorgio Bouchard, Gianni Alasia, Pino Ferraris, Giovanni Jervis, Edoarda Masi, Vittorio Rieser… a chi lo ha accompagnato in una breve stagione, drammaticamente interrotta: Cesare Pianciola, Giovanni Mottura, Liliana Lanzardo, Sergio Bologna, Goffredo Fofi.

Importanza del testo

Ne emerge un quadro composito che non solamente ci fa ricordare una delle più grandi figure della nostra storia, ma ne fa risaltare i non pochi elementi di attualità, quanto mai da conoscere e discutere nel vuoto attuale.

Consigli, democrazia diretta, Cina, migrazione meridionale, composizione di classe, neocapitalismo, sviluppo economico dell’Italia, coscienza di classe, uso della tecnologia, rapporto tra spinta di massa/partiti di classe/sindacato.

Un testo per una riflessione collettiva.

Sergio Dalmasso

in “Lavoro e Salute” n. 3 Marzo 2021.

Presente anche in Schede e Recensioni

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IL LAVORATORE

Pubblicato nel periodico di Trieste Il Lavoratore il mio scritto sul volume Lucio LIBERTINI.


In “Il Lavoratore”, dicembre 2020, Trieste.

Sergio Dalmasso, LUCIO LIBERTINI, lungo viaggio nella sinistra italiana, Milano, ed. Punto rosso, 2020.

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Nei suoi ultimi anni, Lucio Libertini (Catania 1922- Roma 1993) aveva intenzione di scrivere la propria biografia politica, Lungo viaggio nella sinistra italiana.Libro di Sergio DALMASSO su Lucio Libertini

I pressanti impegni politici (tutt* ricordano la sua generosità) e la morte improvvisa (agosto 1993) hanno impedito che il testo andasse oltre le prime pagine ed un schema, scritto a mano.

Il mio libro non è una tradizionale biografia. Mancano totalmente dati sulla vita personale (ambiente famigliare, studi, adolescenza, gioventù…).

Inoltre, la chiusura di biblioteche ed archivi, causa Covid, mi ha impedito, al momento della stesura definitiva, di accedere ad alcuni documenti che avrei voluto consultare.

Ho tentato di scrivere una “storia” interamente politica seguendo lo schema e l’impostazione che lo stesso Libertini avrebbe voluto offrire.

Libertini ha fatto parte, dal 1944, di molte formazioni. La prima è, per brevissimo tempo, quella dei demolaburisti (Bonomi, Ruini) di cui parlava con molta reticenza e da cui esce, dopo pochi mesi, con i giovani, vicini alle posizioni, europeiste e federaliste, del socialista Eugenio Colorni.

Quindi, nel PSI, la corrente di Iniziativa socialista, che tenta con mille difficoltà e contraddizioni, di non appiattirsi sulle due opzioni maggioritarie, quella filosovietica e frontista e quella tradizionalmente riformista.

L’equilibrio è difficile, contraddittorio, proprio di giovani privi di esperienza politica e schiacciati dalla morsa della bipolarizzazione del mondo e, conseguentemente, degli schieramenti politici nazionali.

L’approdo è la scissione socialdemocratica di Saragat (gennaio 1947) nel tentativo di costruzione di una forza socialista autonoma fra i due blocchi.

La scelta governista e atlantista di Saragat e il suo progressivo abbandono dell’ipotesi di “socialismo dei ceti medi” e di un “umanesimo marxista”, proprio del suo pensiero negli anni ’30, produce una diaspora nel gruppo di Iniziativa.

Libertini, dopo una battaglia interna che tenta di rilanciare una ipotesi autonoma, ma che è sconfitta dall’apparato socialdemocratico, lascia (1949) il nuovo partito.

Dal 1951 al 1957, la partecipazione all’Unione socialisti indipendenti (USI), la formazione di Magnani e Cucchi, usciti dal PCI sulle posizioni di una “via nazionale”, considerata tradizionalmente una sorta di eresia “titina”, ma capace di posizioni originali sulla politica internazionale, l’autonomia sindacale, il rifiuto dei blocchi.

Nel 1957, dopo i fatti del 1956 (denuncia del culto di Stalin, repressione dei moti ungheresi …) l’USI confluisce nel PSI.

E’ la scelta per la sinistra del partito, contraria all’accordo di governo con la DC, ma soprattutto del rapporto organico con Raniero Panzieri che produce la migliore stagione della rivista “Mondo operaio” e le Sette tesi sul controllo operaio,

il documento più organico di una sinistra diversa da quella maggioritaria (Togliatti e Nenni), che vede nella centralità operaia e nell’”uscita a sinistra” dallo stalinismo, il cardine per la costruzione dell’egemonia del movimento operaio,

in una fase di profonda modificazione della struttura economica nazionale (inserimento dell’Italia nel capitalismo avanzato, crescita industriale, migrazione interna…).

Le sue capacità giornalistiche lo portano ad essere direttore del periodico della sinistra “Mondo nuovo” (lo era stato anche del settimanale dell’USI, “Risorgimento socialista”).

L’ingresso del PSI nei governi di centro-sinistra produce una nuova scissione e la formazione del PSIUP, di cui è fondatore, dirigente e in cui assume posizioni di sinistra, critiche verso le opzioni maggioritarie (Due strategie), sia sulle ipotesi nazionali (critica frontale al centro-sinistra,

alla socialdemocratizzazione, ai progressivi spostamenti del PCI), sia su quelle internazionali (critica al socialismo realizzato, attenzione alle esperienze rivoluzionarie nel “terzo mondo”).

Alla scomparsa di questo (1972), la scelta è per il PCI, formazione che maggiormente esprime istanze operaie e popolari.

Non rinnega le esperienze passate, ma ne coglie criticamente, il minoritarismo, l’inefficacia.

Dopo un ostracismo iniziale, in cui paga le posizioni eterodosse lungamente espresse, è vice-presidente della Giunta regionale piemontese, parlamentare, responsabile nazionale della commissione trasporti.

Negli anni dell’”unità nazionale” è continua la sua preoccupazione di un progressivo distacco rispetto alle istanze di base, ai bisogni popolari che non possono essere immolati sull’altare degli accordi politici.

Tra il 1989 e il 1991, l’opposizione alle scelte di Occhetto (la Bolognina) e la fondazione di Rifondazione.
E’ il primo capogruppo al Senato, instancabile organizzatore.

Può sembrare contraddittorio il suo avvicinamento a Cossutta, nello scontro interno che porta alla sostituzione, come segretario, di Sergio Garavini (luglio 1993).

Al di là delle banali accuse di “scissionismo”, di “globe trotter” della politica”, stupidamente presenti in molti commenti seguiti alla sua scomparsa e colpevolmente al centro di un comizio di Occhetto ai cancelli della FIAT (1992),

Libertini ha sempre rivendicato una linearità e una coerenza, segnata dal rifiuto dei blocchi, dalla critica allo stalinismo, dalla ricerca di una sinistra popolare ed autonoma.

Rifondazione esprimeva la continuità di un impegno, la certezza nel futuro della prospettiva comunista, oggi minoritaria,

ma storicamente vincente, la possibilità di ricostruire un rapporto di massa con i grandi settori popolari, davanti al ritorno della destra e alla semplificazione autoritaria portata dal sistema elettorale maggioritario.

Il libro ricostruisce questo percorso, i suoi molti scritti, “eresie” dimenticate, dibattiti, scelte generose,

anche se minoritarie, figure della sinistra maggioritaria e di un’altra, spesso emarginata (Magnani, Codignola, Maitan, Panzieri, Ferraris…),

sconfitta, ma capace di contributi e di analisi sulla realtà nazionale e internazionale, le sue trasformazioni, le prospettive.

In appendice, i suoi scritti sulla rivista “La Sinistra” (1966-1967) che sarà oggetto di un mio prossimo opuscolo e una testimonianza di Luigi Vinci.

Attraverso una figura lineare e coerente, il testo ripercorre mezzo secolo della nostra storia, di successi, errori, scacchi, potenzialità, occasioni mancate dell’intera sinistra italiana.

Non è un caso che, in un supplemento di “Liberazione”, a lui dedicato, poco dopo la sua morte, il grande storico Enzo Santarelli, ne ripercorresse soprattutto le pagine meno note, ormai perse nel tempo, forse quelle, che pur non maggioritarie, meglio delineano questa personalità che il mio libro tenta di riportare all’attenzione

Spero che i mesi prossimi permettano presentazioni, discussioni, critiche, ad oggi impedite dal Covid, su queste pagine.

Sergio Dalmasso

 

Indice dei nomi

 

Sergio Dalmasso su Le Monde diplomatique

Recensione Le monde diplomatique di Libertini, Una limpida storia minore di Alessandro Barile

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Una limpida storia minore di Alessandro Barile

Recensione su Le Monde diplomatique. Libro su Lucio Libertini di Sergio Dalmasso.

Pubblicata una bella recensione di Alessandro Barile su Le Monde diplomatique, edizione italiana, supplemento de Il manifesto, 15 luglio 2020.

Lucio Libertini fa parte di una storia minore della sinistra italiana del dopoguerra: quella della sinistra socialista,
corrente eretica del Psi prima, protagonista della breve stagione del Psiup poi (dal ’64 al ’72), e infine confluita nel Pci una volta fallita ogni speranza di incunearsi tra i due partiti del riformismo operaio.
Una storia onorevole, dai molti meriti e con l’importante demerito di essere arrivata sempre troppo presto, o troppo tardi, agli eventi politici decisivi.

Troppo presto, ad esempio, quando nel febbraio del ’58 lo stesso Libertini e Raniero Panzieri pubblicarono quelle Sette tesi sulla questione del controllo operaio che costituirono l’antefatto dell’operaismo italiano.

Insieme davvero a pochi altri (Fortini, ad esempio), il gruppo legato alla sinistra del Psi – tra gli altri Vecchietti, Ferraris, Panzieri, Lussu, in parte anche Lelio Basso – fu tra i pochissimi che tentò di rispondere alla “crisi dello stalinismo” non cedendo alle ragioni della socialdemocrazia, e anzi rilanciando l’opzione del conflitto in fabbrica e tra le nuove generazioni proletarie.

Continua …

Recensione Le Monde diplomatique: Una limpida storia minore

Il libro di Sergio Dalmasso è acquistabile nelle librerie servite da Edizioni Punto Rosso od online, presente su Amazon.

Libro Lucio Libertini. Lungo viaggio nella sinistra italiana di Sergio Dalmasso 2020

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Postfazione del libro Lucio Libertini. Lungo viaggio nella sinistra italiana di Luigi Vinci.

In appendice vi sono alcuni articoli di Libertini usciti sulla rivista “La sinistra“.

Nel quaderno CIPEC 67 vi sono gli interventi in consiglio regionale del Piemonte di Lucio Libertini 1975-1976:

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