Libro sulla storia di RIFONDAZIONE COMUNISTA presentato a Torino

Alla Poderosa

Il 2 dicembre 2021 vi è stata la presentazione (grazie all’associazione no profit de “La Poderosa”) a Torino del nuovo libro di Sergio Dalmasso: Rifondazione Comunista. Dal movimento dei movimenti alla chiusura di “Liberazione”.

Storia di un partito nella crisi della sinistra italiana. Scritti introduttivi di Roberto Musacchio e Giovanni Russo Spena.

Gratis il primo capitolo del libro sulla storia di Rifondazione Comunista:

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Rifondazione Comunista Sergio Dalmasso

I relatori

Relatori: Paolo Ferrero vicepresidente della Sinistra Europea e già Segretario di Rifondazione Comunista e direttore della rivista bimestrale Su la testa, Sergio Dalmasso, l’autore del libro, e lo storico Diego Giachetti come moderatore della presentazione.
Breve introduzione di Stefano Alberione.

L’incontro è stato videoripreso e trasmesso Live sulla pagina facebook La Poderosa – Associazione di Promozione Sociale, (superando ad oggi le ottocento visualizzazioni e collocandosi ai primi posti tra i loro video-eventi pubblicati sulla loro pagina fb – Da notare che Paolo Ferrero ha condiviso sulla sua pagina facebook il video evento).

La Poderosa Associazione Torino

Incontro lunghissimo, iniziato dopo le ore 21.00 e conclusosi oltre la mezzanotte. Interessanti i temi trattati e suscitati durante la presentazione del libro. Dibattito presente nel seguente video:

Paolo Ferrero molto citato nel libro di Dalmasso

Paolo Ferrero, diverse volte citato nel testo, come protagonista della parte finale della storia raccontata (che spazia dagli anni 2001 con i fatti di Genova e del movimento NO Global di allora fino al 2011) a cui il libro è piaciuto, afferma che merita d’essere letto altrimenti non avrebbe partecipato alla presentazione, vi trova il limite di avere poco attinto alle fonti orali – a suo dire – che racconterebbero metà parte della storia di Rifondazione Comunista mancante nel testo.

Su intervento di Diego Giachetti

Il moderatore e storico Diego Giachetti contrario a questa tesi di Paolo Ferrero sul grandissimo valore delle fonti orali, ritenute dall’ex segretario di RC essere superiori alle fonti documentarie, anche se prese dai quotidiani ufficiali del partito, sottolinea tra l’altro la mancanza di un archivio del partito che quest’anno compie il suo trentesimo compleanno.

E, mostra, dimostra, i pregi del libro (che ha una lunghissima bibliografia) in cui l’autore fa raccontare la storia ai protagonisti della storia stessa. Sostiene che: l’autore non li interpreta, l’autore fa raccontare loro quel che hanno detto o fatto.

E, questo è per egli cosa molto raffinata da fare per un autore che – pur essendo stato protagonista in in qualche misura di quel periodo – sfugge da considerazioni personali, tifo per questa o altra fazione.
Sottolinea, inoltre, che essendo questo un libro che fa discutere ha già assolto al suo compito, quindi è un libro di successo poiché compito dei libri – di storia, in particolare – è suscitare la discussione per confrontare tesi diverse, per andare avanti nel prosieguo della storia nel modo migliore.

L’autore appare nel video ascoltare con grande interesse, sia le critiche, sia i pregi che i due colleghi relatori espongono.

Intanto l’ora si è fatta tardi e deve concludersi la bella presentazione.

Pagine 170 E 171 del libro Rifondazione Comunista

Amazon libro in classifica

 

Dove trovare il libro?

Questo nuovo libro che racconta la storia degli anni (2001/2011) lo puoi trovare nelle librerie od acquistarlo online; è presente sul sito della casa editrice RedStar Press come pure su Amazon al seguente RIFONDAZIONE COMUNISTA.

Mentre il primo libro che racconta la storia di Rifondazione comunista dagli anni 1991 al 2001 è disponibile gratis in formato pdf nel quaderno 31

Download “Quaderno CIPEC Numero 31 (Libro sul primo decennio di Rifondazione di S. Dalmasso)”

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Sono gradite le recensioni sui siti online, e non solo, sostiene l’autore.

Copertina Libro sulla storia di Rifondazione Comunista

Un esemplare della Rivista LA SINISTRA

come riproposta nel 2008 al seguente link:

LA SINISTRA Prima serie
La Sinistra – Anno II n. 11/12
Luogo: Roma
Editore: Edizioni Samonà e Savelli
Stampatore: STA.TI.MA. – Roma
Anno: novembre/dicembre 1967
Legatura: N. D.
Dimensioni: 1 fascicolo 30×21 cm.
Pagine: pp. 51 (1)

Descrizione: copertina illustrata con una composizione grafica e titoli in bianco nero e rosso. Alcune immagini fotografiche in bianco e nero n.t. Numero che inaugura la nuova serie settimanale, pur mantenendo il formato della prima serie.

Bibliografia: AA.VV., «Passare il segno», Milano, Biblioteca di via Senato, 2008: pag. 138
Prezzo: € 100

Rivista diretta da Lucio Colletti. Redattore Capo: Giulio Savelli.

Numero 11/12 La sinistra

Testi di Lucio Colletti, Giulio Savelli («Cuba e noi»), Vittorio Strada, Ernest Mandel («Wilson svalutato»), Antonio Moscato («La guerriglia in Colombia»), Silverio Corvisieri, Argiuna Mazzotti, Niccolò Salanitro, Bruno Vitale («Contro il padrone bianco», lungo e importante articolo sul Black Power con varie illustrazioni, fra cui il modello di costruzione di una bomba molotov «La molotov dei ghetti», pubblicata sulla «New York Review of Books».

Questa immagine con una grafica diversa verrà ripresa nel n. 10 della seconda serie del giornale, del 16 marzo 1968), Keywan («La rivoluzione bianca dello Scià»), Beppe Fazio.

Una intervista a Carlos Rafael Rodriguez: «Fame e Rivoluzione in America Latina».

Una intervista di Silvio Corvisieri ad Alfonso Leonetti: «Gramsci e i Tre di fronte alla Svolta».

Un servizio sulla morte di Che Guevara: «Continuerà la guerriglia boliviana? – Dopo la morte di Che Guevara», con interventi di Livio Maitan e Sergio De Santis.

Una nota sulla condanna di Regis Debray da parte del Tribunale Militare boliviano. ”

È questa la rivista da cui Sergio Dalmasso ha parlato nel suo seguente opuscolo  publicato da Edizioni Punto Rosso:

La rivista la Sinistra

 

Download “Capitolo primo RIVISTA LA SINISTRA”

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Storia di Rifondazione comunista

Nel lontano 2002, ho pubblicato la prima puntata della storia di Rifondazione comunista, “Rifondare è difficile” che copriva gli anni 1991/2001. (Reperibile in formato pdf nel Quaderno CIPEC  31.)

Download “Quaderno CIPEC Numero 31 (Libro sul primo decennio di Rifondazione di S. Dalmasso)”

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Tra pochi giorni uscirà la seconda puntata, edita dalla Redstarpress di Roma che racconta gli anni dal 2001 (Genova) al 2011 (triste chiusura di “Liberazione“, passando per il movimento dei movimenti, il ruolo di Rifondazione, la “svolta” di Bertinotti, il governo Prodi, la sconfitta del 2008, il difficile tentativo di rilancio (Chianciano 2008 e la Federazione della sinistra).

Download “Capitolo 1 storia di Rifondazione Comunista”

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Rifondazione Comunista nuovo libro Sergio Dalmasso

Il libro dovrebbe arrivare, in anteprima, al congresso nazionale di Rifondazione Comunista (ancora) Chianciano tra il 22 e il 24 ottobre 2021 ed essere in libreria da novembre.

Non ha “svolazzi” interpretativi, ricette per il futuro. Semplicemente racconta i fatti, spesso dimenticati, non conosciuti, sovrapposti.

Ringrazio Giovanni Russo Spena e Roberto Musacchio che hanno scritto le due introduzioni e chi vorrà leggere, discutere, criticare, cestinare il testo.

Spero che, nella difficilissima situazione in cui siamo, possa essere strumento utile.

Disponibile, nei miei limiti (non attiro folle) a partecipare a presentazioni, discussioni, tavole rotonde, convegni, se qualcun* vorrà, dalle Alpi alla Piramidi, nella nostra piccola comunità e all’esterno di questa.

Sergio Dalmasso

Facebook, 15 ottobre 2021

PS.
Sergio Dalmasso al congresso nazionale di Rifondazione comunista a Chianciano (22 ottobre 2021) mentre firma il suo nuovo lavoro ad una lettrice.

Congresso Nazionale Rifondazione Comunista Chianciano 2021 Sergio Dalmasso

Congresso di Rifondazione Comunista a Chianciano Terme 22-24 ottobre 2021

Congresso Rifondazione Comunista Chianciano 2021 Le radici e le aliFoto Mirko De Berardinis

LA SINISTRA

Quando c’era La Sinistra di Diego Giachetti

Spesso gli storici sono portati a scegliere determinati argomenti di studio, rispetto ad altri, perché mossi consapevolmente o meno da ragioni attinenti alla propria esperienza di vita, tanto è vero che si è coniata la dizione di “storia come autobiografia”.

Raccontando di fatti specifici, collocati nelle loro circostanze storiche, nello spirito del tempo, lo storico, sovente restio a produrre memoria, ci parla alla lontana di se stesso, di eventi vissuti e formativi.

Lo confessa, con discrezione, Sergio Dalmasso (La Sinistra, una stagione troppo breve,

Edizioni Punto Rosso, Milano 2021) quando ricorda che ai tempi in cui era studente liceale aspettava l’uscita del mensile La Sinistra con interesse, ancora consapevole oggi che quella lettura gli è stata molto utile, come probabilmente lo fu a quel tempo per un’area di militanti politici in quel particolare momento storico di fine anni Sessanta, caratterizzato da importanti avvenimenti nel mondo e in Italia.

A spingere La Sinistra c’era una giovane casa editrice, la Samonà e Savelli (poi solo Savelli); essa favorì la discussione politica e teorica dando spazio, accanto alla ristampa di classici di Marx, Engels, Lenin, Trotsky, ad autori non solo di area trotskista ma di diverse sensibilità politiche e culturali del movimento operaio e della sinistra rivoluzionaria, pubblicando a caldo anche testi di Fidel Castro e Che Guevara.

La Sinistra fu un azzeccato “prodotto commerciale”.

Subito mille abbonati, destinati in breve tempo a diventare 2600, secondo quanto si leggeva nel resoconto comparso sull’ultimo numero del mensile del novembre-dicembre 1967.

Le vendite oscillavano tra le 7-8 mila copie, specie in occasione di numeri dedicati al Vietnam e all’America Latina.

Si trattava di dati che reggevano bene il confronto con altre riviste di partito come il settimanale comunista Rinascita, Mondo Operaio del Partito socialista e Mondo Nuovo del Partito socialista di unità proletaria (Psiup).

Prima rivista mensile (di questa si occupa l’autore), dall’ottobre 1966 al dicembre 1967,

poi settimanale, cessa le pubblicazioni nella primavera del 1968.

I temi dominanti della prima serie sono la guerra nel Vietnam, la situazione nei paesi dell’America Latina, la giovane rivoluzione cubana, la lotta di classe negli Stati Uniti e il black power, il contrasto Cina-Unione Sovietica, la rivoluzione culturale, il Medio Oriente.

Rispetto alla politica interna primeggiano le analisi critiche sulla partecipazione socialista al governo e la relativa programmazione economica, sul ruolo e la strategia dei sindacati nella lotta operaia, sul nuovo Psiup.

Sul piano teorico-storico studi su Gramsci e il dissenso nel Pci negli anni Trenta, su Lenin e l’imperialismo.

Vi collaborano esponenti del dissenso ingraiano maturato nel PCI, del Psiup, della sinistra sindacale Cgil, della sezione italiana della IV Internazionale, inizialmente i più convinti promotori della rivista, sia Savelli che Samonà ne fanno parte, nonché alcuni intellettuali e studiosi di fama internazionale.

La dirige Lucio Colletti, che per molti anni aveva militato nel Pci, ed era noto come teorico marxista rigoroso, di cui Dalmasso traccia impietosamente la sua successiva parabola declinante, che lo porterà, come Giulio Savelli d’altronde, nelle file berlusconiane.

Mal accolta dai comunisti, l’uscita del primo numero provoca la radiazione dal partito dell’editore Giulio Savelli, la rivista si propone di rilanciare il discorso unitario di una sinistra operaia e di classe, nella prospettiva di favorire l’incontro tra tutte le forze deluse dalle vie riformiste al socialismo di matrice socialista e comunista.

Un generoso tentativo di inserire una “terza via” politica e culturale rispetto all’operaismo e al marxismo-leninismo importato dalla Cina maoista.

Si ricava quindi un suo spazio in quella che a posteriori verrà chiamata la stagione delle riviste,

iniziata nella metà degli anni Cinquanta e in piena fioritura negli anni Sessanta, ricchi di dibattito culturale, politico, di tensioni a livello nazionale e internazionale, di rimessa in discussione di certezze e dogmi ingessati dagli anni della Guerra fredda.

Un “disgelo” di domande, di creatività, di proposte e di propositi facilitati dalla speranza di vivere in un mondo che sarebbe presto cambiato, rinnovandosi e ponendo fine a vecchie diseguaglianze, oppressioni, guerre e violenze.

Si trattò di una stagione intensa ma breve, di un’esperienza di confronto politico e di elaborazione che non trovò seguito nel biennio delle lotte studentesche e operaie di lì a venire, quando collaboratori e lettori di quella rivista si dispersero nel mare del nascente movimento studentesco per poi riaggregarsi nel variegato e vivacissimo arcipelago dei “gruppi” della nuova sinistra rivoluzionaria.

Forse questa è una delle ragioni per cui, tra le riviste di quella stagione, essa è la meno ricordata.

Benvenuto quindi lo strappo dall’oblio di Sergio Dalmasso.

4 maggio 2021

DIEGO GIACHETTI

Fonte: dalla parte del torto

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RANIERO PANZIERI

 

L’iniziatore dell’altra sinistra

PAOLO FERRERO Panzieri, l’iniziatore dell’altra sinistra, Shake ed., 2021, 320 pp.

 

RANIERO PANZIERI

Paolo Ferrero ripubblica, aggiornato, un importante testo sulla grande figura di Raniero Panzieri, uscito nel 2006 per Punto Rosso, con il titolo Un uomo di frontiera, contenente testimonianze, una breve antologia, una nota biografica, la prefazione di Marco Revelli, l’introduzione dello stesso Ferrero.

La ripubblicazione di questo testo, ampliato ed aggiornato, costituisce uno dei pochi segni di interesse per il centenario della nascita di Panzieri che non ha prodotto dibattito, confronti, ricordi, anche valutazioni critiche che una pietra miliare nella storia della sinistra italiana avrebbe meritato.

Anche Panzieri è stato colpito dalla amnesia che ormai avvolge personaggi e fasi di quello che fu il movimento operaio più interessante e originale a livello europeo.

In qualche raro caso, la sua figura è stata ricordata per la fase più significativa, quella dei “Quaderni rossi”, dal 1961, letti semplicisticamente come prodromo dell’operaismo, dimenticando tutta l’attività politica precedente nasce nell’immediato dopoguerra, nel PSI, su posizioni morandiane (nella fase dei Consigli di gestione), prosegue a Messina presso la cattedra di Galvano Della Volpe e nel PSI siciliano impegnato nell’occupazione delle terre.

Persa la possibilità di carriera accademica, per il continuo impegno politico (segretario regionale siciliano), nel 1953 si trasferisce a Roma come funzionario di partito incaricato della stampa e propaganda, quindi nel 1955 della commissione cultura (cfr. Mariamargherita SCOTTI, Da sinistra. Intellettuali, PSI e organizzazione della cultura -1953/1960-, Roma, Ediesse, 2011) che tenta una politica culturale non subordinata a quella del PCI.

Download “Scheda, Mariamargherita SCOTTI, Da sinistra. Intellettuali, PSI e organizzazione della cultura (1953/1960)”

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Ancora la pubblicazione, dopo la morte prematura, delle opere di Rodolfo Morandi, il lavoro, dal 1956, per evitare l’identificazione stalinismo/comunismo e per l’uscita a sinistra dallo stalinismo, la co-direzione della rivista “Mondo operaio” che, nel biennio 1957-1958, conosce il suo periodo più innovativo.

Sette tesi sul controllo operaio

Le Sette tesi sulla questione del controllo operaio, (in “Mondo operaio, febbraio 1958) scritte in una preziosa collaborazione con Lucio Libertini, costituiscono il tentativo più ricco e più organico di una ipotesi alternativa a quelle maggioritarie nella sinistra, legate anche alle Tredici tesi sul partito di classe (in “Mondo operaio”, novembre 1958).

Dal 1961, Panzieri si sente estraneo al partito, incamminato verso la partecipazione ai governi di centro-sinistra.

Il lavoro di consulente presso l’Einaudi, a Torino, lo mette in contatto con la realtà viva di fabbrica nella fase di rilancio del protagonismo operaio, dopo l’estate del 1960, nel pieno della migrazione interna, del prezioso lavoro del sindacato torinese, dell’espansione industriale che produce il moltiplicarsi di problemi sociali (casa, servizi…).

Si lega a lui un gruppo di giovani torinesi (Rieser, Mottura, i Lanzardo, Soave…) che coglie la originalità della sua analisi e della pratica.

Nascono contatti con posizioni simili che stanno maturando a Roma (Tronti, Asor Rosa) e in Veneto (Negri).

L’analisi panzieriana che si esprime nei “Quaderni rossi” è innovativa

Va intanto alle fonti, alla lettura diretta e non travisata di Marx, a parti del Capitale mai analizzate.

Rompe totalmente con la interpretazione della seconda e della terza Internazionale centrate sull’ipotesi del partito guida.

Il rilancio della via consiliare con riferimenti alla stagione dell’”Ordine nuovo”, all’autogestione jugoslava, ai consigli polacchi e ungheresi del 1956, indirettamente a tutta la tradizione consiliare che percorre l’intero secolo, permette di ipotizzare una classe operaia che costruisca i propri istituti, una democrazia che si basi su un rapporto fra istituti elettivi e di base.

Dopo il 1956

E’ chiaro, dopo il 1956, un passaggio dalla morandiana politica unitaria di classe al controllo operaio e quindi ad un particolare “leninismo” centrato su un “dualismo di potere”, ma sono evidenti elementi di continuità di un percorso teorico- politico che sarebbe errore limitare agli ultimi tre anni di vita.

E’ fondamentale, al di là dell’interpretazione che poi alcune formazioni politiche ne daranno, l’analisi della tecnologia, della non neutralità della scienza (L’uso delle macchine nel neocapitalismo) che tanto peso avrà negli anni successivi.

Lo sviluppo tecnologico non è neutro.

La macchina e la scienza sono funzioni del capitale: La macchina non libera dal lavoro l’operaio, ma toglie il contenuto del suo lavoro.

Lo strumento di conoscenza non ideologica della realtà è l’inchiesta, soprattutto se diviene co-inchiesta (cfr. Uso socialista dell’inchiesta operaia, sul numero 5 dei Q:R), costruita insieme al soggetto politico e sociale da analizzare che diventa attore esso stesso, superando la visione mistica del soggetto rivoluzionario che spesso nasce dall’esterno.

Le difficoltà, però, si moltiplicano.

Il rapporto con il sindacato torinese si interrompe, già dopo il primo numero, su cui hanno scritto Garavini, Foa, Alasia, Pugno.

Nell’estate 1961, una lettera di Garavini e Pugno accusa la rivista di semplicismo e schematismo, segnando la fine della breve collaborazione.

Ancor più tese divengono le relazioni dopo gli scontri di piazza Statuto ( luglio 1962).

Nel mese di settembre, il servizio d’ordine sindacale impedisce a Panzieri di entrare in un teatro in cui si svolge una manifestazione.

La redazione dei “Quaderni rossi” si divide su linee politiche

La componente che fa capo a Mario Tronti, Toni Negri, Alberto Asor Rosa ritiene che la maturazione politica della classe sia tale da permettere il salto organizzzativo rivoluzionario, accusa di “sociologismo” la pratica panzieriana e darà vita a “Classe operaia”.

Panzieri replica ritenendo queste posizioni frutto di misticismo rivoluzionario, una sorta di filosofia della storia centrata sulla classe operaia, accusa alcune valutazioni di rozza ideologia del sabotaggio.

Panzieri non vede rinnovato il contratto con l’Einaudi, insieme a Renato Solmi, per avere sostenuto la pubblicazione di una inchiesta di Goffredo Fofi sulla migrazione meridionale.

L’accusa è di voler usare la casa editrice per fini ideologici.

Ancora una volta, come dopo la rinuncia alla carriera accademica, l’attività di Panzieri sembra, per coerenza estrema, dover iniziare da capo.

Quando sembra avere allacciato un rapporto con la Nuova Italia di Firenze, arriva improvvisa la morte, per embolia cerebrale, il 9 ottobre 1964.

Libro di Paolo Ferrero

Il libro di Ferrero uscito opportunamente nel centenario della nascita, contiene uno scritto dell’autore che mette in luce gli elementi di attualità del pensiero e della pratica di Panzieri, creando un legame fra le tesi sul controllo operaio e la tematica dei “Quaderni rossi”.

Panzieri è antidoto rispetto alle visioni autoritarie, statolatriche, centralistiche, antidemocratiche del marxismo e del comunismo che è, invece, partecipazione e democrazia dal basso.

Molte le testimonianze, a cominciare dalla moglie Pucci Saija, traduttrice del Capitale, a tant* militanti scompars*, Dario Lanzardo, Giorgio Bouchard, Gianni Alasia, Pino Ferraris, Giovanni Jervis, Edoarda Masi, Vittorio Rieser… a chi lo ha accompagnato in una breve stagione, drammaticamente interrotta: Cesare Pianciola, Giovanni Mottura, Liliana Lanzardo, Sergio Bologna, Goffredo Fofi.

Importanza del testo

Ne emerge un quadro composito che non solamente ci fa ricordare una delle più grandi figure della nostra storia, ma ne fa risaltare i non pochi elementi di attualità, quanto mai da conoscere e discutere nel vuoto attuale.

Consigli, democrazia diretta, Cina, migrazione meridionale, composizione di classe, neocapitalismo, sviluppo economico dell’Italia, coscienza di classe, uso della tecnologia, rapporto tra spinta di massa/partiti di classe/sindacato.

Un testo per una riflessione collettiva.

Sergio Dalmasso

in “Lavoro e Salute” n. 3 Marzo 2021.

Presente anche in Schede e Recensioni

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Quaderno 68

 

È online il quaderno Cipec numero 68 che raccoglie tutti gli interventi al Consiglio regionale del Piemonte di Sergio Dalmasso dal 2007 al 2010.

 

DOWNLOAD QUADERNO 68

Download “Quaderno CIPEC N. 68 (Interventi al Consiglio regionale del Piemonte di Sergio Dalmasso parte seconda 2007-2010)”

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Il cartaceo sarà dato alle stampe nel secondo semestre del prossimo anno.

Il quaderno serve come documentazione.

Un intervento del Quaderno N. 68

Legislatura n. VIII – Seduta n. 322 del 09/05/08 – DALMASSO Sergio – Argomento: Commemorazioni

Commemorazione dell’on. Aldo Moro

Velocemente, come il Consigliere Leo.

C’è stata una trasmissione televisiva, qualche giorno fa, in cui a giovani di vent’anni è stato chiesto se sapevano chi fosse Aldo Moro.

Leggo due risposte testuali: “Mah, è quello che fotografava i vip, quello dello scandalo” – Lele Mora – “Non so, non sono mica comunista io e in classe dormivo quando si parlava di questo”.

È chiaro che fatti accaduti trent’anni fa siano lontani dai giovani come poteva essere la guerra di Spagna per me, cronologicamente.

Al tempo stesso, è molto più vero, rispetto ad anni fa, che se i giovani vivono appiattiti sull’oggi (come dice un grande storico marxista inglese) è estremamente difficile far presente loro i fatti passati.

Quindi chiederei anch’io – adesso non mi era neanche venuto in mente ma senza fare robe bipartisan, è tanto bravo il Consigliere Leo, ecc.

evitiamo questo – se in una prossima riunione del Comitato che è stato ricordato non si possa ragionare e pensare a qualche iniziativa, non tanto la processione nelle scuole, quanto qualche iniziativa significativa e collettiva, che cerchi di mettere in luce i fatti in modo chiaro, evitando per favore, spiegazioni unilaterali.

Gli anni ’70 non sono stati solamente violenza, ma sono stati anche altro: il diritto di famiglia, la legge Basaglia e mille altri aspetti di questo tipo.

Credo che sarebbe utile non solo per Torino, ma per la regione intera.

 

Sergio Dalmasso

Quaderno CIPEC 67

Publicato in anteprima web il quaderno 67 contenente gli interventi di Lucio Libertini al consiglio regionale del Piemonte negli anni 1975-1976.

Questo quaderno uscirà a stampa ad inizio 2022.

Stralcio di uno dei primi interventi al Consiglio regionale del Piemonte di Lucio Libertini.


Seduta n. 3 del 24/07/75 – Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Adempimenti di cui all’art. 32 dello Statuto per l’elezione del Presidente della Giunta e della Giunta Regionale (seguito)

Signor Presidente, Consiglieri poiché, come è abbastanza naturale, il compagno Minucci stamattina ha esposto in modo compiuto il pensiero del nostro Gruppo, io prendo qui la parola unicamente per alcune repliche, non necessariamente polemiche, anzi prevalentemente politiche che si riferiscono all’andamento del dibattito ai quesiti che ci sono stati posti dai Consiglieri dei vari Gruppi.

E intendo fare, da questo punto di vista, quattro rapidi ordini di osservazioni: 1) noi abbiamo sentito ancora ripetere oggi, da parecchi colleghi della D.C. (lo avevamo già sentito l’altro giorno da Bianchi) un esercizio aritmetico di somme e, devo dire, piuttosto arbitrarie, perché vede collega Bianchi, è vero che la somma dei partiti del centro-sinistra è maggiore della somma del PS e del PC. ma se vogliamo soltanto fare delle somme aritmetiche io le dirò che per esempio, la somma che noi proponevamo del PCI, del PSI e della D.C. e dei partiti minori e ancora più grande, il guaio è che la D.C. non ci sta e quella somma è aritmetica e non politica.

Lo stesso problema si pone per il centro-sinistra, lei lo somma sulla carta, ma il P.S.I., per ragioni che sono politiche, non ci sta e allora quella somma e solo aritmetica e non è politica. Ma c’è di più, perché se noi consideriamo, e non polemicamente, l’andamento del dibattito di oggi e vorrei porre questo all’attenzione dei colleghi della D.C. in un discorso costruttivo – ci accorgiamo che in verità, qui, più che di somme bisogna parlare di sottrazioni.

Qui si è fatto molto chiasso sul 31° voto e io voglio dire a Zanone che non c’era stamattina, che Minucci stamani è stato chiarissimo, noi non abbiamo chiesto e non chiediamo voti surrettizi, chiediamo rapporti politici.

Ma il fatto più importante non è il 31° voto il fatto è che in realtà di fronte ai 30 voti socialisti e comunisti, non vi sono 28 voti, non solo non si sono trovati nell’urna, ma il Consigliere Zanone ha spiegato, dal suo punto di vista che è difficile che la D.C. sommi insieme i liberali quando vuole preparare la resurrezione del centro sinistra.

Inoltre abbiamo sentito oggi accenti estremamente diversi e che credo seri, dei socialdemocratici; sarebbe molto difficile assimilare il discorso del collega Cardinali con quello, non dico di Picco, che ho l’impressione non abbia letto i giornali in questi giorni e non si sia accorto di quello che è capitato nel Consiglio nazionale della D.C., ma con gli interventi anche di altri colleghi della D.C.

Per cui la verità – ed è un punto politico che noi portiamo qui non per polemica, lo vedrete nello sviluppo del ragionamento – è che a fronte di una maggioranza di 30 (che è una maggioranza relativa e sappiamo il limite di questo) non esistono 28, non esistono 26 come blocco omogeneo capace di un’alternativa e (non lo dico con soddisfazione) a veder bene bene non ne esistono neppure venti perché la D.C. oggi è intervenuta nel dibattito con un’articolazione tale di voci che sarebbe stato difficile cogliere un comune denominatore.

E badate, questo non lo diciamo affatto per polemica o con un senso di disprezzo, ma ci rendiamo conto di ciò che capita, ci rendiamo conto che la crisi della D.C., che oggi in quest’aula è apparsa visibilmente a chi avesse orecchie per sentire, è in realtà la crisi che segna la fine di un periodo nella storia della società italiana.

In questo senso io credo che Moro abbia lucidamente colto il fondo della questione quando nel suo discorso al Consiglio nazionale della D.C. ha detto che nella storia italiana vi sono state due fasi dopo il fascismo: il centrismo e il centro-sinistra che la seconda fase si è chiusa e che se ne inizia una terza; e la D.C., vincolata – questo è il punto – a una fase storica che si è chiusa, avendo delle difficoltà (che noi comprendiamo) a darsi un’impostazione politica corrispondente ai nuovi tempi, mostra oggi tutte le sue contraddizioni. Questa è la situazione che abbiamo qui.

La verità è che oggi il dibattito dimostra che se socialisti e comunisti non avessero preso la decisione di formare una maggioranza, la Regione Piemonte si sarebbe trascinata in una crisi lunga e senza sbocco. E voglio dire che a questa crisi della D.C., noi guardiamo, al di là degli uomini e dei comportamenti individuali, come problema di forze sociali (perché questo è il problema che c’è dietro, è quello che Minucci stamattina ricordava e che del resto Moro ricordava nel Consiglio nazionale della D.C., il mutamento della base oggettiva del Paese; qualcuno dei colleghi D.C. parlava un po’ come ha parlato Fanfani alla TV, un fantasma che parlava ad un Paese che non esiste più perché l’Italia non è più quella del ’48 e non è più neppure quella del ’53 o del ’64) noi a questa crisi guardiamo con rispetto, con interesse e ci auspichiamo che la nostra azione politica e la stessa formazione di una maggioranza di sinistra e la sua iniziativa sia un elemento che concorra a creare le condizioni perché la crisi della D.C., di una grande forza politica del nostro Paese, con grandi radici popolari, si evolva nella direzione democratica e progressista che noi auspichiamo, anche se sappiamo che questo non sarà né un processo facile, né un processo indolore.

Su questo primo punto vorrei anche aggiungere che quando alcuni colleghi si sono preoccupati (e questo è venuto fuori anche dai giornali ma mi pare che Beltrami l’abbia proprio detto) del fatto che intorno a socialisti e comunisti non solo si è raccolto il consenso della stragrande maggioranza della classe operaia, di grande parte dei ceti produttivi, ma che addirittura vi è un atteggiamento, che io non definirei di simpatia, ma per lo meno di cauta attesa, perfino dei settori industriali, la risposta alla domanda perché questo si verifica non sta affatto nella condizione che il nostro programma avrebbe realizzato una possibilità di convergenza, ma sta in un altro fatto: che anche da parte dei gruppi industriali operanti nella nostra Regione, si guarda con grande preoccupazione alla possibilità di una carenza del potere che duri per mesi e mesi, perché ogni persona che ha la testa sul collo sa che né l’Italia né il Piemonte potrebbe permettersi in questa situazione di ripetere una delle terribili esperienze delle crisi laceranti che hanno segnato la passata legislatura.

Ecco perché intorno a noi si raccoglie un vasto consenso, che è quello di coloro che ci hanno votato, si raccoglie un interesse più largo, io per esempio rilevo, nel collega Chiabrando, l’espressione non di un’opinione personale, ne ho colto anche le critiche, ma negli apprezzamenti positivi del programma rilevo l’espressione di forze sociali precise che vedono nelle nostre indicazioni un termine di riferimento.

Ecco perché noi crediamo che l’operazione che andiamo a compiere (se vi saranno i voti necessari) di costruzione di una maggioranza di sinistra sia pure maggioranza relativa, è una operazione che non va misurata col 31°, che è un modo sciocco di vedere le cose, ma va misurata nel rapporto tra ciò che accade in questo Consiglio e i grandi movimenti che sono in corso nella società e nei partiti.

Il secondo tipo di osservazioni, è stato fatto da più d’uno ed in particolare, con acutezza direi, dal Consigliere Zanone che del resto faceva per questo punto, un po’ la sua parte perché quando si parla di divisione di poteri, di equilibri di esecutivo e di legislativo è chiaro che i liberali hanno storicamente una parola da dire.

Io vorrei rassicurare il Consigliere Zanone e tutti gli altri: intanto se noi avremo i voti per costruire una maggioranza questa maggioranza nascerà, dal punto di vista della Giunta, in termini rigorosamente statutari e la Giunta è fatta dal punto di vista statutario, da un Presidente e da 12 Assessori; e noi non intendiamo in nessun modo diminuire o svalutare la figura del Presidente per due ragioni: la prima, l’impegno che abbiamo ad un rigoroso rispetto del quadro legislativo e degli obblighi statutari; la seconda per la stima profonda e fraterna che tutto il gruppo comunista ha nei confronti del compagno Viglione che noi abbiamo concordemente indicato come Presidente della Giunta.

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Novità Edizioni Punto Rosso

maggio 2020

Sergio Dalmasso

LUCIO LIBERTINI

Lungo viaggio nella sinistra italiana

Postfazione di Luigi Vinci

In appendice alcuni articoli di Libertini usciti sulla rivista “La sinistra

Lucio Libertini libro di Sergio Dalmasso

Lucio Libertini (Catania 1922-Roma 1993) ha militato, dall’immediato dopoguerra alla morte, nella sinistra italiana, da una corrente socialista minoritaria alla sinistra socialdemocratica, dall’eresia dell’USI di Magnani e Cucchi alla sinistra socialista, dall’eretica collaborazione con Panzieri al PSIUP, dal PCI a Rifondazione comunista.

Al di là delle banali accuse di essere uno “scissionista”, un “globe trotter della politica”, Libertini rivendicava una coerenza, una continuità davanti ai tanti che avevano modificato non sigle di partito, ma posizioni e scelte ideali, sostenendo una fedeltà ai propri riferimenti sociali e una linearità, nel doppio rifiuto dello stalinismo e della compromissione socialdemocratica.

Il suo grande attivismo, le capacità giornalistiche espresse da “Iniziativa socialista” a “Risorgimento socialista”, da “Mondo operaio” all’”Avanti!”, da “Mondo nuovo” a “Liberazione”, la intensa produzione di testi, sempre legati alla contingenza politica, ma molto spesso di prospettiva (per tutti le “Tesi sul controllo” e “Due strategie”) hanno fatto di lui, per anni, un riferimento importante.

Attualità di alcune tematiche

Se molte delle formazioni in cui ha militato sono oggi sconosciute ai più, sommerse nelle infinite scissioni, divisioni e rimozioni della sinistra, alcune tematiche mantengono una specifica attualità:

  • la ricerca di una via autonoma e non subordinata;
  • il legame costante con la classe;
  • la necessità di un protagonismo della stessa espressa dai suoi strumenti di controllo e di auto organizzazione;
  • una lettura dei temi internazionali che esca dai limiti del campo e dello stato-guida.

Il testo passa in rassegna “eresie” dimenticate, dibattiti, scelte generose anche se minoritarie, figure della sinistra maggioritaria e di un’altra sinistra (Magnani, Codignola, Maitan, Panzieri, Ferraris) sconfitta ed emarginata, con opzioni differenti, ma capace di analizzare la realtà nazionale e internazionale, le sue trasformazioni, le prospettive.

Attraverso il percorso di Lucio Libertini, il testo ripercorre mezzo secolo di storia, di successi, errori, scacchi, potenzialità, speranze, occasioni mancate dell’intera sinistra italiana.

Roberto Mapelli

***

L’autore

Sergio Dalmasso è nato a Boves (Cuneo). Vive a Genova.

E’ stato per quarant’anni insegnante di lettere nella scuola media superiore.

Militante della sinistra, dal movimento studentesco a Manifesto, PdUP, DP, Rifondazione.

È stato consigliere comunale, provinciale, regionale.

Già redattore di riviste storiche, si occupa di storia del movimento operaio, della sinistra politica e sociale in Italia, della stagione dei movimenti, di figure dei partiti di sinistra.

Ha recentemente pubblicato per la Redstarpress due biografie su Lelio Basso e Rosa Luxemburg.

Cura i quaderni “Storia, cultura, politica” del CIPEC.

Pagg. 250, 18 euro.

ISBN 9788883512414

Per ordinarne una copia scrivere a

edizioni@puntorosso.it

www.puntorosso.it/edizioni

 

 

Puoi acquistare il libro anche su Amazon

Di seguito gli interventi di Lucio Libertini nel consiglio regionale del Piemonte da consigliere del Partito Comunista Italiano 1975-1976 pubblicati nel quaderno CIPEC numero 67:

Download “Quaderno CIPEC N. 67 (Lucio Libertini. Interventi al consiglio regionale del Piemonte 1975-1976)”

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E, un saggio su Libertini pubblicato su Critica Sociale (2023):

Download “Saggio su Libertini - Critica sociale, parte prima”

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Lettura Luxemburg

Conferenza lettura su Rosa Luxemburg

Lettera dal carcere alla signorina Jacob

Oggi ho fatto una passeggiata, al sole, e sto un po’ meglio.

Ieri ero pronta a lasciare in un sol botto questa maledetta politica,

o meglio questa cruenta parodia della vita politica che conduciamo e, a mandare a quel paese il mondo intero.

Una specie di idiota culto di Baal e niente altro in cui si sacrificano intere vite umane alla propria frenesia al proprio muco intellettuale.

Se credessi in dio sarei certa che ci castigherebbe severamente.

La mia tomba, come la mia vita, non recherà tracce di frasi altisonanti.

Sulla mia lapide voglio che si leggano solo due sillabe: Zvi-zvi.

Dalmasso e CampanileÈ il richiamo delle cinciallegre che so imitare tanto bene da farle accorrere subito.

Pensi, da qualche giorno – in questo zvi-zvi – che di solito scintilla chiaro e acuto nell’aria come un ago d’acciaio, c’è un minuscolo trillo, una piccolissima nota di petto.

E, sa – signorina Jacob – cosa significa questo?

È il primo lieve trasalire della primavera imminente, nonostante la neve, il gelo e la solitudine; noi – le cinciallegre e io – crediamo la primavera in arrivo e, se per troppa impazienza non la dovessi vivere, non dimentichi che sulla mia lapide non deve esserci altro che zvi-zvi.

Abbraccio Lei e Mimì, con una terribile nostalgia.

Rosa Luxemburg

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Presentazione presso il circolo Arci di Cogoleto del libro di Sergio Dalmasso “Una donna chiamata rivoluzione”, dedicato alla vita e alle opere di Rosa Luxemburg.

La presentazione con l’autore del libro Sergio Dalmasso (15 febbraio 2020) è stata arricchita dalla lettura, da parte dell’attrice Cristina Campanile, di alcuni brani estratti dalle lettere della protagonista del libro: Rosa Luxemburg.

Videoriprese a cura di Cristopher Garaventa.

Sergio Dalmasso e Cristina Campanile

Sala Arci Cogoleto con Dalmasso e Cristina Campanile

Mario Giovana

Nel quaderno CIPEC 64 del secondo semestre 2020 pubblicheremo (è già online) gli interventi di Mario Giovana al consiglio regionale del Piemonte nella prima legislatura.

A tal proposito, in questo spazio, diamo menzione di un convegno svoltosi qualche mese fa, a Mombasiglio (Cuneo) per ricordare la figura di Mario Giovana a distanza di dieci anni dalla scomparsa, il 27 ottobre del 2019.

Anche io ho dato il mio contributo come relatore al convegno “Mario Giovana un politico fuori dal coro, uno storico non accademico: Mombasiglio lo ricorda a 10 anni dalla scomparsa”.

Sergio Dalmasso

Convegno Mario Giovana un politico fuori dal corso, uno storico non accademico

 

Sergio Dalmasso ricorda Mario Giovana

I relatori invitati al convegno: dalle 9,30 Marco Ruzzi (Istituto storico Resistenza Cuneo), Chiara Colombini (Isr Torino), Sergio Dalmasso e Learco Andalò (storici), Giovanni Carpinelli e Aldo Agosti (Università Torino), Patrizia Piredda (Isr Cuneo).

Dalle 15 Sergio Dalmasso (ex consigliere regionale), Sergio Soave (presidente Isr Cuneo), Mario Renosio (Isr Asti), Gianni Oliva (storico), Angelo d’Orsi (Univ. Torino), Mimmo Franzinelli (storico).

Biografia di Mario Giovana

È stato comandante partigiano nel Cuneese.

Amico e compagno di molti uomini di Giustizia e Libertà, tra i quali Aldo Garosci, Vittorio Foa, Carlo Levi, Riccardo Levi, Franco Venturi ed Emilio Lussu.

Dopo aver militato dal 1951 nel movimento dei socialisti indipendenti di Valdo Magnani, dal 1957 per sette anni è stato membro del Comitato Centrale del PSI di Pietro Nenni.

Nel 1970 fu eletto consigliere regionale del Piemonte nelle liste del Partito Socialista di Unità Proletaria che aveva contribuito a fondare.

Per lunghi anni ha svolto attività di giornalista ed è inoltre scrittore di numerosi saggi di storia contemporanea.

Ha collaborato a riviste italiane e straniere di storia contemporanea.

È scomparso nel 2009 all’età di 84 anni.

A lui è dedicato il Centro Culturale di Mombasiglio “Mario Giovana”.