La lezione laica di Lucio Libertini, che ha molto da dirci oggi

Pubblicato il 16 nov 2022

Ripubblichiamo, con lo stesso titolo, l’articolo di Roberto Musacchio e Giovanni Russo Spena, pubblicato da Left il 14/11/2022. Siti web di Attualità politica

Per Libertini il partito era, insieme, intellettuale collettivo gramsciano ma anche “partito sociale”. Nel centenario della nascita il 2 dicembre a Pistoia si terrà una giornata dedicata al suo percorso di intellettuale e militantecentenario dalla nascita

Lucio Libertini è stato un protagonista della storia della sinistra italiana e del rapporto tra masse e legalità costituzionale.

E’ stato un politico coerente, laico e innovatore, certamente un dirigente eretico del movimento operaio. Una figura da riscoprire oggi.

Il 2 dicembre a Pistoia si terrà una giornata dedicata al suo percorso di intellettuale e militante, organizzata dal Comitato per il centenario dalla nascita di Lucio Libertini.

La sua lezione si lega alla grande stagione dei partiti. Per Libertini il partito era, insieme, intellettuale collettivo gramsciano ma anche “partito sociale”.

Il rapporto con le masse ne era la linfa ineludibile, per evitare sclerosi, centrismo, burocratizzazione (mali frequenti dei partiti operai).

Libertini riteneva essenziale l’unità tra socialisti, comunisti come elemento di originalità, in Italia, rispetto alle altre esperienze europee.

E’ stato un esempio quotidiano di coerente pensiero laico, una dimensione che illuminava i suoi scritti, il suo stile di direzione, le campagne di massa che organizzava e dirigeva.

Libertini portò anche in Rifondazione comunista, negli ultimi anni della sua vita, il suo rigore antistalinista. La sua critica dello stalinismo e dell’Urss fu ferma e recisa ma non lo portò ad abbracciare la sponda liberista.

Non abbandonò il rapporto con il pensiero socialista e comunista. Libertini resta l’autore delle “tesi sul controllo operaio” e degli scritti sul partito di classe, uno dei fondamenti italiani della cultura anticapitalista, che furono la trama del suo pensiero sino alla morte.

Già quella ricerca straordinaria, infatti, portata avanti insieme a Raniero Panzieri, disegnava una uscita da sinistra dalla devastante crisi dello stalinismo. E la ricerca continuò negli anni successivi.

Non a caso, quando il Psi scelse il centrosinistra con la Dc, Libertini si fece promotore del Psiup (partito piccolo ma molto importante anche per la sua composizione operaia e sindacale molto colta), fino alla confluenza nel Pci nei primi anni Settanta, dopo la sconfitta elettorale del Psiup.

L’analisi delle composizione di classe e produzione e riproduzione delle catene del valore del capitale, il tema della formazione sociale sono sempre state al centro della sua analisi, così come l’attenzione alle involuzioni istituzionali.

La sua battaglia contro la “truffa del maggioritario” e per la rappresentanza proporzionale, nel rispetto della legalità costituzionale, è stato per tutti noi di grande insegnamento. Fu naturale, per Libertini, come disse, contro la svolta della Bolognina schierarsi per la costruzione di Rifondazione comunista.

Una coerenza, ma anche un saper osare, un azzardo scientifico, sostenendo sempre una visione critica e democratica del comunismo.

Libertini era davvero “liberamente comunista”; lottò per la rifondazione con la medesima energia con cui si era sempre schierato contro il culto acritico dell’Urss e di Stalin.

Crediamo che sia tuttora di straordinaria centralità la questione che Libertini propose in un famoso articolo nel 1990: ” Mi chiedo se la vicenda di questo secolo, con il tragico fallimento dei regimi dell’Est, segni la vittoria definitiva del capitale, che distrugge persone, natura, seppellisce la questione del socialismo; o se la degenerazione di un grande processo rivoluzionario, che ha inciso nella storia del mondo, (e le nuove gigantesche contraddizioni del capitalismo), ripropongano, in termini nuovi, la questione del socialismo , dell’orizzonte ideale.

Nel passato sono stato considerato un revisionista, quasi un traditore, perché mi sono rifiutato di definire socialisti e comunisti quei regimi, pur riconoscendo alcune storiche realizzazioni; ora mi si vuole far apparire un conservatore stalinista perché rifiuto di seppellire il socialismo sotto le macerie dell’Est…Una cosa è rifondarsi, altra cosa è abiurare”.

Mentre ricercava Libertini faceva militanza attiva accanto e con i soggetti sociali, studenti, lavoratori, popolo, affrontando le questioni che determinano le loro condizioni di vita. La sua era una militanza a tutto tondo fatta di assemblee, convegni, informazione, lavoro istituzionale. Soprattutto dell’intreccio tra questi momenti. In epoche in cui la politica ancora si occupava di trasformazione e non di eseguire ordini.

Lo si può definire un vero riformatore, definizione ben diversa da quella di riformista.

Riformatore è chi opera il cambiamento e lo fa avendo a mente l’esigenza di un mondo complessivamente diverso.

Si può essere riformatori e rivoluzionari ed anzi questi due elementi si aiutano dandosi concretezza e prospettiva. Si può invece essere riformisti ideologici e dunque senza riforme, anzi affondando il significato stesso della parola riforma.

Da lavoratore instancabile partecipa ad esempio alla stagione del corpo a corpo sul profilo riformatore che si prova a determinare dopo le grandi lotte degli anni ’60 e ’70 e delle grandi avanzate elettorali del PCI, partito di cui dirige l’attività su temi a sensibilità di massa come la casa, i trasporti, il territorio e la vita urbana.

Lo fa negli incontri popolari, nelle grandi conferenze tematiche che organizza, nel lavoro parlamentare che produce un poderoso quadro riformatore che prova a scardinare il peso dei poteri forti, a partire dalle rendite, che pesano su questi aspetti della economia e della vita.

Leggi sulla casa, piano trasporti, lotta all’abusivismo che però riconosca i bisogni e li liberi dalla speculazione, edilizia e città e dunque produzione e riproduzione.

Organizza, scrive, incalza, tra le persone e nel parlamento, col partito e i movimenti. Scrive per giornali articoli di lotta. Spiega i passaggi istituzionali.

Riflette nei convegni.

Stagione complessa e anche controversa quella dei governi ispirati dal tentativo di una egemonia riformatrice anche sulla democrazia cristiana.

Libertini che pensa sempre alla alternativa e che appoggerà Berlinguer dopo la fine di quella stagione si spende fino in fondo. Il quadro riformatore su casa e trasporti è fatto di luci ed ombre.

Disseminato di trappole per favorire il permanere e il rilanciarsi di vecchi e nuovi poteri.

Che puntualmente avverrà dopo la sconfitta e il disarmo dello scioglimento del Pci cui Libertini non si rassegna proponendo una nuova forza, Rifondazione comunista, che voleva di massa perché i partiti o sono di massa o non sono.

Perché le riforme si fanno con le masse organizzate.

Grande dirigente popolare dell’ultimo periodo in cui la politica prova a cambiare con le masse prima di divenire gestrice o imbonitrice come governance o come populista al servizio della controriforma neoliberale.

Dunque quello del comitato che lo ricorda non è solo un lavoro di mantenimento del passato ma di investimento per il futuro.

Fonte: http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=51940

 

La lezione laica di Lucio Libertini, copertina libro Dalmasso su LibertiniSaggio di Sergio Dalmasso su Critica Sociale, 2023

Download “Saggio su Libertini - Critica sociale, parte prima”

Critica-sociale-Libertini-Dalmasso-prima-parte.pdf – Scaricato 14912 volte – 190,45 KB

Lucio Libertini, Torino lo ricorda a 100 anni dalla nascita

Protagonista della sinistra italiana e del movimento operaio

Locandina Convegno Torino sui 100 anni dalla nascita di Lucio Libertini organizzato da Archivio Marini Pistoria

Il 20 ottobre 2022 Torino presso Palazzo Lascaris, Sala Viglione ha ospitato il Comitato Nazionale e l’Archivio Roberto Marini, che ne è stato il promotore: un’intensa e interessante giornata, nel ricordo di Lucio Libertini, attraverso gli interventi di chi lo conobbe e degli storici che hanno sistematizzato il suo percorso politico e umano.

I doverosi ringraziamenti vanno al Ministero della Cultura, alla Regione Piemonte per la gentile ospitalità nelle sue bellissime sale, a tutti gli autorevoli relatori e ai molti intervenuti.

 Prossimo appuntamento al Convegno internazionale di Pistoia, il prossimo 2 dicembre.

Presenti Fausto Bertinotti, presidente del Comitato Nazionale del Centenario, Piero Fassino, Gabriella Pistone, Mario Virano, Sergio Dalmasso, Diego Giachetti, Aldo Agosti, Paolo Ferrero, Marco  Rizzo, Angelo d’Orsi, Franco Turigliatto e altri/e.


Intervento dello storico Dalmasso autore di Lucio Libertini. Lungo viaggio nella sinistra italiana

Diego Giachetti, storico Paolo Ferrero Piero Fassino Aldo Agosti

Foto Comitato Nazionale e L’Archivio Roberto Marini

PS.

Il quaderno 67 raccoglie gli interventi di Lucio Libertini al Consiglio regionale del Piemonte 1975-1976

Inoltre, vi è il libro di Sergio Dalmasso: Lucio Libertini. Lungo viaggio nella sinistra italiana

 

L'agile mangusta di Alfio NicotraSerata conclusiva – 14 ottobre 2022 – del ciclo sulle “altre sinistre” del secondo Novecento: ce ne ha data l’occasione il bel libro di Alfio Nicotra L’agile mangusta (Ed. Alegre), rievocazione dei tredici anni di vita del partito Democrazia proletaria.

Con lui lo storico Sergio Dalmasso, che ha ben inquadrato le origini dell’ultimo partito sorto dal movimento del Sessantotto. Insieme a noi, collegato da Roma, l’ultimo segretario di DP Giovanni Russo Spena, che nel 1991, con “malinconico entusiasmo”, guidò l’ingresso di DP nel movimento della Rifondazione comunista.

L’Archivio, che conserva moltissima documentazione sul tema, ringrazia sia i relatori che i presenti in sala.

Fonte Archivio Roberto Marini, facebook – 16 ottobre 2022

Contatti Biblioteca

Pistoia – Archivio Roberto Marini – Oltre il Secolo Breve
Galleria Nazionale, 9, Pistoia
0573 766349

Dalmasso a Pistoia

Archivio Marini Dalmasso e altri relatori

L’agile mangusta. Democrazia proletaria e gli anni Ottanta

Democrazia Proletaria fu la più eretica delle formazioni politiche della nuova sinistra nate negli anni Settanta. Mise insieme, con un’impostazione culturale spesso in rottura con la tradizione della sinistra comunista, migliaia di donne e uomini arrivati alla politica dalle lotte del Sessantotto e i giovani affacciatisi all’impegno militante con i nuovi movimenti degli anni Ottanta.

La sua originalità si desume sin dal soprannome che ne diede il leader Mario Capanna: l’agile mangusta che doveva muoversi con sveltezza per colpire il cobra della Democrazia Cristiana e del padronato, uno strumento leggero e coerente più efficace del pesante e immobile pachiderma del Partito Comunista Italiano.

Scritto dalla visuale privilegiata di un membro della direzione del partito, questo libro ne ricostruisce la storia scavando soprattutto nelle proposte di legge e negli atti parlamentari del periodo di massima attività istituzionale (dal 1983 al 1987) in cui poté contare su sette deputati.

Una legislatura carica di eventi importanti per la storia del paese: dal primo governo a guida socialista di Craxi alla morte di Enrico Berlinguer; dalla lotta contro il dispiegamento dei missili nucleari a Comiso all’accordo tra Reagan e Gorbačëv; dalla crisi di Sigonella alla sconfitta operaia sul referendum sulla scala mobile.

Una fase di profonda trasformazione politica e sociale in cui si possono leggere i segni della frana che porterà negli anni Novanta alla scomparsa di tutti i partiti della Prima repubblica.

Democrazia Proletaria non sopravvisse a questo smottamento generale: subì una spaccatura al proprio interno verso il partito dei Verdi e poi confluì nel 1991 in Rifondazione Comunista dopo lo scioglimento del Pci.

Ma la freschezza dell’eredità del «piccolo partito dalle grandi ragioni» sta nella sorprendente capacità di anticipare i grandi temi dei movimenti dei decenni successivi: l’ambientalismo, il femminismo, il pacifismo, i beni comuni, la centralità del diritto alla salute e il nuovo ruolo del mondo del lavoro.

UNIONE POPOLARE PIEMONTE 2

Il 25 settembre sulla scheda elettorale del collegio Piemonte 2 – U05 troverete il mio nome come candidato all’uninominale per la lista Unione Popolare.

Vota Nello Fierro elezioni politiche 2022

Per votarmi non bisogna indicare alcuna preferenza ma basterà fare una croce sul simbolo.

Ho accettato la candidatura per questo nuovo progetto unitario, alternativo ai partiti che hanno malgovernato in questi ultimi anni.

Abbiamo bisogno di assumere posizioni più nette contro il cambiamento climatico e le diseguaglianze sociali, a favore dell’ambiente, delle giovani generazioni, dei diritti per tutte e tutti, della sanità e della scuola pubblica.

E soprattutto abbiamo bisogno di una politica per la pace.

Un abbraccio e buon voto!

Nello

Facebook, 16 settembre 2022

4 agosto 2022 – Unione popolare è l’unica vera novità politica di fronte ai saltimbanco del circo della politica. In un momento così difficile per il nostro Paese, stiamo assistendo a un riposizionamento politico di politicanti che pensano solo alle poltrone
Nei prossimi giorni proveremo a mettere in campo storie credibili che rappresentano quella parte del Paese reale che non si sente adeguatamente rappresentato nelle istituzioni politiche e da portavoce di questa coalizione voglio ringraziare non solo chi è qui oggi con me, ma anche chi ci ha creduto fin dall’inizio.
Siamo tanti e dobbiamo fare un lavoro enorme per raccogliere le firme in pieno agosto con dipendenti comunali e avvocati in ferie, ma noi queste firme le raccoglieremo e di questo voglio rassicurare Fratoianni
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Unione Popolare, il solo voto utile per la #pace, i #diritti, il #lavoro, l’#ambiente
È stato presentato, in un’affollata conferenza stampa, oggi 4 agosto, a #Napoli il simbolo con cui l’Unione Popolare, si presenterà alle imminenti elezioni politiche.
Insieme al suo capo politico Luigi de Magistris, alle parlamentari uscenti di ManifestA, a DeMa, a PaP e al Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea si stanno unendo centinaia di personalità, di uomini e donne che cercano un’alternativa per questo Paese.
Un’alternativa pacifista, internazionalista, ambientalista e femminista che vuole dare voce a chi è priva/o di rappresentanza da troppi anni, a chi si vede ogni giorno sottrarre spazi di democrazia, chi perde diritti, chi non ha la prospettiva di immaginarsi un futuro perché ha un lavoro precario, o un salario insufficiente o proprio non ce l’ha un lavoro.
Un’alternativa realmente antifascista e antirazzista, radicalmente diversa dalle forze che oggi chiamano al voto utile e che fino a ieri con le destre hanno governato.
Il disprezzo totale per le regole democratiche impone al nostro progetto politico, appena iniziato, di dover raccogliere 40 mila firme in pochi giorni, sotto il sole d’agosto, per poter semplicemente partecipare alla competizione elettorale. Siamo certi di farcela grazie alla generosità e all’impegno di tante e tanti che non si rassegnano. Sono queste donne, questi uomini a dimostrare quotidianamente che esiste un Paese diverso e migliore della classe politica che oggi lo rappresenta e lo governa.
In allegato il simbolo di #UnionePopolare
Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

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Alcuni mesi fa, ho avuto, su facebook, una discussione amichevole con alcuni militanti di Sinistra Italiana della Toscana.
Ero certo e lo avevo scritto che, alle elezioni politiche, sarebbero stati parte della alleanza che impropriamente si fa chiamare di centro-sinistra (in realtà ha egemonia atlantista, confindustriale, liberista).
Mi risposero, offesi, che ero presuntuoso e che non conoscevo il loro dibattito interno che li avrebbe portati su altra strada.
La scelta di un campo largo che va da Fratoianni a Calenda, da Bonelli a Brunetta, parla chiaro:
– giocare sulla paura della destra con cui il PD ha governato (e fatto danni) per tanto tempo
– avere un gruppo parlamentare che si opporrà al governo di destra
– in caso di nuovo “tutti insieme appassionatamente”, sfilarsi, dicendo che il “Programma” (quale?) non era quello.
Davanti a questo opportunismo che dura da anni (la scissione di Vendola come esempio maggiore) cresce la rabbia per non essere riusciti in decenni, a costruire una alternativa reale su lavoro, ambiente, difesa del pubblico (guardate i dati su scuola e sanità).
Purtroppo, si vive una volta sola e il tempo è sempre minore.

Facebook, 2 agosto 2022 – Sergio Dalmasso

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Il Ciclostile n. 9 Lucio Libertini

il-ciclostile-n-9-libertini-dalmasso – in Il Ciclostile, n. 9, luglio 2022″, Il passato e il presente, “Lucio Libertini. Lungo viaggio nella sinistra italiana“.

Download “Il Ciclostile n. 9 Lucio Libertini (di Sergio Dalmasso)”

Lucio-Libertini-Il-Ciclostile-Dalmasso-n09-2022.pdf – Scaricato 3582 volte – 4,05 MB

Stralcio del saggio Libertini

Il Ciclostile n. 9 Lucio Libertini – Libertini, nella sua fase più fervida, segnata dal sodalizio con Raniero Panzieri propone l’uscita dallo stalinismo, ma a sinistra.

La rivista “Mondo operaio”, nel breve periodo della co-direzione di Panzieri, svolge una funzione profondamente innovativa, pur nel ricchissimo panorama nato dalla tempesta seguita al 1956 e nel ricco confronto, senza schemi e giuramenti, di posizioni storico- politico- filosofiche che esprime il bisogno di superare i dogmi precedenti.

Nel febbraio 1958 (in quell’anno nascono “Problemi del socialismo”, “Testimonianze”, “La rivista storica del socialismo”) “Mondo operaio” pubblica le Sette tesi sulla questione del controllo operaio, il testo forse più radicale nel proporre una alternativa alle ipotesi maggioritarie nella sinistra italiana.

Lo scritto di Panzieri e Libertini nega la teoria per cui la costruzione del socialismo deve sempre essere preceduta dalla democrazia borghese, questo soprattutto in Italia dovela borghesia non è mai stata e non può divenire “classe nazionale”.

Il Ciclostile n. 9 Lucio Libertini, rivista diretta da Angelo Orientale

Il numero 9 della rivista Il Ciclostile

Questo numero 9 de “Il Ciclostile” è veramente speciale perchè esce nonostante i seri problemi di saluti avuti da Angelo Orientale che in ogni caso ha voluto dirigerne i lavori.

Certo “alla cieca” e quindi è inevitabile (ma non è detto che ci sia) qualche errore di battitura.

Per questa volta, credo meriti la nostra comprensione e immensi auguri di una pronta guarigione.

Il numero è però ricco di materiale interessante.

Buona Lettura.

il-ciclostile-n-9-libertini-dalmasso, Contenuti del numero 9

06 Operai e studenti uniti nella lotta: un esempio di coesione sociale – di Maria Di Serio

08 Anni Settanta: il sogno rivoluzionario – di Attilio Bonadies

10 Salerno e il resto – di Giancarlo Montalto

14 Attualità del socialismo: Perché non più liberale ma radicale – di Valerio Casilli

18 L’esperienza della “Magazzino Cooperativa”. Una bella storia. – di Massimo Angrisano

20 Precarietà e bassi salari. L’analisi della Fondazione Di Vittorio – articolo pubblicato da “Sinistra Sindacale”

22 Luigi Agostini – di Fernando Argentino

26 Lucio Libertini. Lungo viaggio nella sinistra italiana – di Sergio Dalmasso

32 Quarant’anni di storia turbolenta e un futuro nero – di Samir Al-Qaryouti

36 Riflessioni di un’ex ventenne – di Teresa Vespucci

38 Il movimento per la pace, tra idealità e politica (parte I) – di Gianmarco Pisa

48 Partecipazione e cittadinanza attiva. Strumenti di resistenza. – di Gaetano Cantalupo

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Seminario a Pistoia sui 100 anni di Lucio Libertini

Riproposizione nel Blog del mio intervento (Pistoia 1 giugno 2022) in videoconferenza:

Seminario per i 100 anni dalla nascita di Lucio Libertini.

Intervento di Sergio Dalmasso.

Video: Archivio Roberto Marini.

Relatori della videoconferenza: Aldo Agosti, Sergio Dalmasso, Donatella Lino, Fabio Maria Ciuffini, Gabriella Pistone. Moderatore Roberto Niccolai, Coordinatore Giacomo Signorini. :

 

 

Discutere e ricordare il ruolo del Sindacato nel paese

Ruolo del Sindacato nel paese, venerdì 29 aprile 2022 alle ore 18.00 presso la Sala Riunioni “Casa del Popolo” via Parenti 24 – Genova.

Introduzione di Sergio Dalmasso, segretario regionale del Partito della Rifondazione Comunista.

Interviene Lucano Zappalà (SPI) esperienze sindacali da Catania a Torino e in fabbrica a Cogoleto;
ricordando Bruno e Iris Cristofanini e Clara Scanagatta “sindacalisti sempre” sul territorio del cogoletese.

Territorio che, nonostante le lotte sindacali, ha subito negli ultimi anni un progressivo annientamento dei siti produttivi.

A seguire discussione.

Modera Luciana Patrone (Presidente ANPI Cogoleto)

Anpi Cogoleto - Ruolo del Sindacato

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Segui il canale YouTube Sergio Dalmasso

Il Canale YouTube di Sergio Dalmasso è una preziosa risorsa che offre un affascinante viaggio nel mondo della storia, della politica e della cultura attraverso gli occhi dello stimato storico.

Importanza dei video del canale

Gli spettatori avranno l’opportunità di immergersi nelle riflessioni di Dalmasso sulla storia politica italiana e internazionale, con particolare attenzione a eventi cruciali come i cento anni dalla Rivoluzione Russa.

Le presentazioni di nuovi volumi offrono uno sguardo privilegiato sulle idee fresche e gli approfondimenti dell’autore, contribuendo a rendere accessibile un sapere di grande valore.

La varietà di argomenti presenti nei video crea un ambiente educativo e informativo che copre una vasta gamma di temi, contribuendo così a una comprensione più profonda della storia e della società.

Il canale rappresenta una piattaforma imprescindibile per chiunque desideri approfondire la propria comprensione della storia e della politica attraverso la prospettiva di un esperto appassionato.

Rifondare è difficile, fonte, http://www.comune.bologna.it/iperbole/asnsmp/rifondaredifficile.html

Rifondare è difficile

Sergio Dalmasso, Rifondare è difficile. Rifondazione comunista dallo scioglimento del PCI al “movimento dei movimenti”, Torino, Edizioni Centro di Documentazione di Pistoia e CRIC, 2002

Dieci anni dopo la nascita di Rifondazione Comunista giunge puntuale il libro di Sergio Dalmasso sulla storia del partito che ricostruisce, con la pazienza verso i fatti

che si dovrebbe pretendere sempre dagli storici, i passaggi politici più importanti di questa vicenda inserendola nella cornice nazionale e internazionale. Un’opera meritevole, la prima che affronta in termini esaurienti e complessivi l’intero percorso compiuto in questo decennio denso di avvenimenti nazionali e internazionali che hanno accompagnato la nascita e il percorso del PRC.

Poco finora si è scritto sul PRC e la sua storia, e quel poco è stato spesso stimolato da bisogni di affermare la propria identità politica che hanno stravolto quella che è la serena, per quanto possibile ai contemporanei, ricostruzione dei fatti e delle loro successioni intrinseche.

Nell’introduzione l’autore cita due di questi esempi: il libro dei fratelli Diliberto, Oliviero e Alessio, La fenice rossa (Robin, 1998), e quello di Alessandro Valentini, La vecchia talpa e l’araba fenice (Città del sole, 2000), entrambi testi di “storia militante” di una stessa corrente, quella cossuttiana, spaccatasi in due dopo la scissione operata da Cossutta e Diliberto nel 1998. L’attuale segretario del PdCI e suo fratello promettevano in quarta di copertina di svelare la “storia segreta della nascita del PRC. Gli antefatti, gli incontri clandestini, chi era dentro, chi era fuori. I documenti riservati, gli appunti dei capi”.

La pubblicazione offriva il pretesto ad Alessandro Valentini per mettere mano a carte e documenti e scrivere un saggio al fine di confutare imprecisioni, inesattezze e superficialità contenute nell’opera dei fratelli Diliberto, i quali avrebbero prodotto, secondo il parere di Claudio Grassi, “un piccolo bignami dell’opportunismo” («Liberazione», 5 febbraio 2000).

Fuori di quest’ambito, tutto interno alla ricostruzione della storia della corrente cossuttiana e del suo ruolo giocato nella fondazione del PRC, si muove il lavoro di Dalmasso che ha come scopo primo l’esposizione e la narrazione dei fatti e degli eventi. Il libro inizia delineando la crisi interna che lacera il PCI prima del cambiamento del nome, il sorgere delle correnti (fenomeno maledetto e combattuto come “frazionismo” nei decenni precedenti) che costituirono il Movimento per la Rifondazione Comunista e il PRC nel corso del primo congresso del 1991.

Prosegue analizzando il dibattito interno al partito, sempre vivace e prolifico, soprattutto in concomitanza con le varie assisi congressuali, la prima vittoria delle destre nel 1994, il passaggio da Berlusconi al governo dell’Ulivo e la desistenza elettorale praticata dal PRC nelle elezioni del 1996, la rottura successiva col governo Prodi del 1998, la scissione dei comunisti italiani, il difficile riposizionamento del partito, la seconda vittoria delle destre e al ritorno di Berlusconi a capo del governo, i fatti di Genova del luglio 2001 e, infine, il dibattito attorno alle tesi dell’ultimo congresso.

Capitolo dopo capitolo sono raccontate le vicende che hanno attraversato, tra slanci, delusioni e scissioni, la storia di questo partito nato dalla crisi del PCI e, più in generale, dei partiti italiani i quali, nel 1991, stavano per essere travolti da tangentopoli.

Il termine Rifondare connotava già fin dall’inizio l’intenzionalità dell’opera. Non si trattava di ricostruire il partito comunista, ma di rifondarlo, considerando in ogni modo conclusa quell’esperienza nata e sorta in un arco storico del secolo 900 che, con la fine dell’URSS (1991), stava esaurendosi.

La stessa chiusura della formula PCI era l’espressione delle trasformazioni strutturali, politiche e culturali della società italiana negli anni Ottanta e della crisi in cui precipitava il movimento dei lavoratori dopo l’ascesa degli anni Settanta, che si accompagnava all’inadeguatezza della strategia del compromesso storico e dei governi di solidarietà nazionale nel garantire un processo di trasformazione dei meccanismi statali e capitalistici.

Un pezzo di storia nazionale che si affiancava alla destrutturazione dell’equilibrio internazionale stabilito ai tempi della guerra fredda, provocato dalla crisi e dalla caduta dei regimi cosiddetti socialisti. Il crollo del muro di Berlino e quella dell’URSS rappresentavano per i comunisti italiani la fine di un’epoca che si era aperta a Yalta con la spartizione del mondo in zone d’influenza. Infine, si delineava una ridisegnazione del funzionamento del capitalismo internazionale che apriva la via alla globalizzazione dell’economia.

 
Per anni la politica del PCI aveva dovuto tener conto della convergenza di tre grandi variabili: la presenza dei movimenti di massa, la politica estera della direzione sovietica e gli interessi specifici di autoconservazione degli apparati di partito.

Alle soglie degli anni Novanta, la dinamicità dei movimenti di massa era molto ridimensionata, l’URSS scompariva dallo scenario internazionale, rimanevano gli interessi specifici di un ceto politico e degli apparati di partito che provavano a giocare la carta della ricollocazione in un “nuovo mercato” politico liberandosi di un nome e di una tradizione che giudicavano conclusa e ingombrante. Un’operazione non facile nel breve e nel lungo periodo, ne sono d’esempio le ultime sfortune elettorali dei Democratici di Sinistra; così come non era semplice rifondare il comunismo.

Superato, non senza difficoltà, l’atteggiamento di chi pensava che tutto fosse come prima, una volta scrollatosi di dosso la polvere provocata dal crollo del muro di Berlino, iniziava un difficile cammino in un contesto sociale e politico che non facilitava certo l’impresa.

Non a caso e opportunamente, fin dal titolo, siamo avvertiti della difficoltà insita nell’opera intrapresa; rifondare è stato ed è difficile perché il processo politico di costruzione del partito avviene in un quadro nazionale e internazionale segnato, nell’ultimo decennio, da una netta inversione dei rapporti di forza tra le classi a tutto vantaggio di quelle dominanti, sotto il segno del nuovo imperialismo nella versione modernissima della globalizzazione.

Una rifondazione che cerca di combinare resistenza e offensiva politica, che deve fare i conti con le lotte e la pratica quotidiana per tenere in vita il partito e la ricerca teorica e ideologica, indispensabile in una situazione storica e politica completamente nuova rispetto agli assetti che regolavano il mondo dopo la seconda Guerra mondiale.

Un partito e una rifondazione che hanno dovuto imparare a rapportarsi con sedimentazioni di culture politiche non sempre omogenee tra loro, perché provenienti da forme organizzative e ideologiche diverse, di cui Dalmasso segnala citando riviste e appartenenze, il contributo, a volte critico, apportato. Un processo di ricostruzione politica e organizzativa che ha comportato, in determinati e difficili passaggi, rotture, lacerazioni nei gruppi dirigenti e nella base.

Un libro da cui partire per capire la storia del PRC, riflettere sulle vicende accadute per cominciare a trarre un bilancio; un libro che si spera sia di stimolo anche alla riflessione storica, alla ricerca, alla nascita di una memoria collettiva del proprio passato, feconda di identità, solidarietà e appartenenza; in questo senso, fa ben sperare la decisione finalmente presa, come si è letto su «Liberazione» nei giorni del quinto congresso, di costituire un archivio centrale che raccolga tutti i materiali e i documenti prodotti dal partito e dalle sue varie sensibilità e/o tendenze.

Aprile 2002

Diego Giachetti

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Il libro è stato ristampato nel 2005 nel Quaderno CIPEC 31

Download “Quaderno CIPEC Numero 31 (Libro sul primo decennio di Rifondazione di S. Dalmasso)”

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Primo capitolo del libro sulla storia del secondo decennio di Rifondazione Comunista, autore Sergio Dalmasso.

Download “Capitolo 1 storia di Rifondazione Comunista”

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Rifondazione Comunista – Articolo di Sergio Dalmasso

Anno XXII n. 3 del 1.4.2022

Gratis il primo capitolo del libro sulla STORIA DI RIFONDAZIONE COMUNISTA:

Download “Capitolo 1 storia di Rifondazione Comunista”

Storia-di-Rifondazone-Comunista-Capitolo-1.pdf – Scaricato 10463 volte – 402,02 KB

iL LAVORATORE Giornale fondato nel 1895

RECENSIONE DEL LIBRO SU IL LAVORATORE

Sta di fatto che la scelta di alterità espressa fra il 2001 e il 2003, cessa, proprio nel 2003, quando il PRC (Partito della Rifondazione Comunista), con pochi appoggi e l’adesione tardiva della CGIL, tenta la strada del referendum per l’estensione dello Statuto dei lavoratori alle piccole imprese, Il lavoratore. Rifondazione Comunista.

La campagna contraria è intensissima: giornali, radio, TV, partiti, lo stesso Cofferati invitano al non voto.

Partecipa un quarto dell’elettorato (il 25%). Bertinotti rifiuta la strada, impervia, del tentare di aggregare quest’area alternativa, e dichiara immediatamente che l’ipotesi di autosufficienza non può più essere percorsa.

Le istanze di movimento debbono essere portate all’interno del governo e Rifondazione ne sarà il tramite. Su questa base si va alle elezioni europee del 2004 che vedono una discreta crescita (6,1%),

Articolo completo

Download “Il lavoratore Trieste (Sergio Dalmasso) Rifondazione Comunista. Dal Movimento dei movimenti alla chiusura di Liberazione.”

Rifondazione-Comunista-Lavoratore-04-2022.pdf – Scaricato 5844 volte – 384,06 KB

Il Lavoratore. Rifondazione Comunista, articolo di Sergio Dalmasso

 

Stop the War!

An Appeal for a Europe of Peace

02/03/2022
transform! europe condanna l’attacco che la Russia, sotto il governo di Vladimir Putin, ha lanciato contro l’Ucraina. Rifiutiamo l’uso della forza militare contro uno stato sovrano, così come abbiamo precedentemente rifiutato il dispiegamento delle forze NATO nei paesi confinanti con la Russia e nei paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa. Chiediamo quindi un cessate il fuoco immediato, la fine dei bombardamenti, il ritiro delle truppe russe dal suolo ucraino e il ritorno al tavolo dei negoziati.

Allo stesso tempo, invitiamo l’UE a impegnarsi al massimo per riprendere i negoziati di pace. In questi tempi difficili, siamo al fianco del popolo ucraino che vive l’attacco russo in piena forza e le cui vite sono in pericolo. Siamo solidali con i popoli dell’Ucraina che sono costretti a lasciare le loro case e intessiamo reti di solidarietà per il loro sostegno, incluso fornendo loro riparo e sicurezza!

Siamo con i popoli in Russia che si oppongono alla guerra di Putin, nonostante l’oppressione, così come i milioni di altri europei che chiedono la pace. La soluzione a questa ingiustificata escalation di violenza militare non è più violenza, la soluzione è politica, basata sui principi di concetti comuni di sicurezza collettiva che danno priorità al benessere di tutti i popoli e al rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale. Uniamo le forze con i movimenti pacifisti e sociali in tutto il continente per fermare questa guerra irrazionale, invitiamo i cittadini europei a scendere in piazza in nome della pace e siamo con il popolo ucraino. Le armi e le guerre dovrebbero appartenere al passato, il futuro dell’Europa e dell’umanità deve essere la pace!

L’opinione pubblica europea, come dimostra Eurobarometro in ogni sondaggio, è di gran lunga favorevole a un’Europa della pace, dei diritti umani, della democrazia e contro le armi nucleari. Più dell’85% degli europei è a favore di questi, il che rivela la contraddizione tra i desideri delle persone per il futuro dell’Europa e le decisioni dei responsabili politici. L’attuale crisi è espressione delle profonde e irrisolte contraddizioni della situazione della sicurezza europea. Dalla fine della Guerra Fredda, l’Europa è composta solo da Stati capitalisti. Ci sono contraddizioni imperialiste tra gli stati, amplificate dalla loro ineguale potenza economica e militare.

Rifiutiamo qualsiasi politica che ci restituisca una politica di blocchi e una nuova Guerra Fredda. Ci opponiamo all’espansione della NATO sul suolo europeo e alla sua retorica militare. L’Europa ha bisogno e vuole un percorso pacifico per risolvere i conflitti.

NO ALLA GUERRA MONDIALE, SI ALLA DIPLOMAZIA

La lotta per la pace è una lunga tradizione in Europa. La sinistra radicale è stata una sinistra pacifista, antimilitarista e antimperialista sin dai suoi inizi. Si oppone a tutta la propaganda sciovinista, razzista, neocolonialista e giustificatrice della guerra di governi, dei capitali e dei media. Contrastare la creazione di immagini nemiche non significa approvare la politica di un governo. Chiediamo a tutte le forze progressiste e ai cittadini di alzare la voce per una riduzione dell’escalation. Chiediamo la fine immediata della retorica conflittuale, dell’azione militare e delle minacce: continuando con queste tattiche, la guerra e il conflitto militare minacciano il nostro intero continente ed estendono la sofferenza dei popoli dell’Ucraina! La priorità dovrebbe essere sempre quella di fermare la guerra!

I popoli d’Europa sanno fin troppo bene cosa significhi la guerra e le sue terribili conseguenze. L’UE sta attualmente soffrendo a causa della devastante pandemia di COVID-19 e della sua gestione catastrofica. Piangiamo più di 2 milioni di morti negli ultimi due anni. La pandemia colpisce la vita di milioni di persone e sta rimodellando le economie. In questa congiunzione, riteniamo inaccettabile l’aumento delle spese militari, alimentato e giustificato dall’aumento delle tensioni militari e dalla retorica guerrafondaia.

È un oltraggio che durante l’attuale pandemia letale, le spese militari aumentino dall’1,63% al 2,2% del PIL globale. Il conflitto militare non è l’unica sfida alla sicurezza dei cittadini europei. Le terribili conseguenze del cambiamento climatico si fanno già sentire nel nostro continente ed entrambe queste crisi stanno amplificando le disuguaglianze strutturali nell’UE, in Europa e nel mondo. Sebbene non sia incluso nella maggior parte degli accordi ambientali internazionali, come l’Accordo sul clima di Parigi, il complesso militare-industriale è uno dei maggiori inquinatori del nostro pianeta e la guerra è l’attacco più devastante all’integrità della natura. Risorse preziose che potrebbero aiutare a sradicare le disuguaglianze nei sistemi sanitari e sociali dei paesi dell’UE, nonché il rinnovamento e la resilienza delle infrastrutture, sono spese nella prospettiva di una guerra prolungata che sarebbe dannosa per i popoli dell’UE e dell’Europa. Questo deve finire!

LA FINE DI UNA NUOVA GUERRA FREDDA PER PREVENIRE QUALSIASI GUERRA

L’opportunità che esisteva dopo la fine della Guerra Fredda per creare un sistema di pace e sicurezza paneuropeo non è stata colta. Da un lato, la NATO continua ad esistere, legando agli Stati Uniti le politiche di sicurezza e militari di 22 dei 27 membri dell’UE; e d’altra parte, strutture paneuropee e inclusive come il Consiglio d’Europa e l’OSCE sono state emarginate ed espulse dalla percezione pubblica dalla NATO, dal G-7 e dalla stessa UE. La politica di sicurezza europea è in una crisi multipla. L’Ucraina è solo uno dei numerosi punti caldi in cui il potenziale di conflitto si sta condensando e la gestione diplomatica delle singole crisi nella fase acuta non è sufficiente per disinnescarle.

L’Europa ha bisogno di un’architettura di sicurezza che tenga equamente conto degli interessi di tutti gli Stati europei. L’imminente 50° anniversario della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) rappresenta un’opportunità di rinnovamento e un’opportunità per adottare un Atto finale aggiornato che definisca le pietre miliari della sicurezza europea. Nel senso di diplomazia aperta, i movimenti per la pace, le ONG e la società civile di tutta Europa (e non solo dell’UE) dovrebbero essere coinvolti nella preparazione e nell’attuazione della conferenza non solo come programma di accompagnamento, ma piuttosto come partner alla pari.

Affrontare in pace le sfide del futuro sarà possibile solo se l’Europa abbandoni la logica della Guerra Fredda del passato e affronti collettivamente il futuro. L’UE deve iniziare a elaborare una nuova strategia di sicurezza indipendente che includa i suoi vicini! I costi insopportabili della guerra sono sempre pagati dalle classi lavoratrici. L’industria delle armi non deve più godere dell’impunità, guadagnando milioni di dollari mentre distrugge il pianeta e priva i giovani del loro diritto a un futuro pacifico. I giovani di Ucraina e Russia sono ora strappati alle famiglie e inviati a combattere in una guerra che serve gli interessi oligarchici e minaccia le loro vite e il loro futuro. Stiamo con le loro famiglie e i loro cari, di tutti coloro che sono stati arruolati nell’esercito a causa di questa guerra irrazionale e ci opponiamo alla mentalità patriarcale che chiama alla violenza.

PER UNA STRATEGIA DI PACE E SICUREZZA INDIPENDENTE DELL’UE

È impossibile parlare di autonomia strategica dell’UE quando la maggioranza degli Stati membri dell’UE sono membri della NATO. Lo sviluppo di un’identità politica di sicurezza dell’UE deve andare di pari passo con lo scioglimento della NATO e il ritiro delle truppe americane e soprattutto delle armi nucleari. Per una strategia di pace e sicurezza dell’UE indipendente e quindi un’Europa pacifica, l’UE deve liberarsi dal paternalismo della politica di sicurezza degli USA. L’UE è un attore globale. Deve concentrarsi sul raggiungimento degli obiettivi climatici, condurre una transizione socialmente giusta dall’energia fossile a quella sostenibile, riallineare la sua politica commerciale verso il Sud del mondo, rispettare e attuare la Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati nella sua politica sui rifugiati. Lo status dei membri neutrali e non allineati dell’UE, come esplicitamente riconosciuto nel Trattato di Lisbona, dovrebbe essere rivisto, quindi amplia le possibilità diplomatiche dell’UE per svolgere un ruolo costruttivo nelle tensioni che ora stanno aumentando.

Ci appelliamo a tornare al diritto internazionale sotto l’ONU come base per risolvere questo conflitto. La NATO è l’unico sistema di sicurezza multinazionale che agisce sulla scena internazionale in violazione del mandato esplicito della Carta delle Nazioni Unite. Questo lo rende una minaccia alla pace, come dimostrano le sue “operazioni”, in Europa, Asia e Africa, che hanno generato destabilizzazione, distruzione e battute d’arresto del pieno esercizio dei diritti sociali e umani delle persone nelle aree intervenute.

EUROPA UNA ZONA SENZA ARMI NUCLEARI

Chiediamo che tutti gli stati europei aderiscano al Trattato per la proibizione delle armi nucleari, come i popoli europei chiedono a maggioranza assoluta secondo qualsiasi sondaggio che sia stato condotto sulla questione. Inoltre, sosteniamo una zona libera da armi nucleari e militarmente sparsa in tutta l’Europa, dal Mediterraneo al Baltico e al Mare del Nord, come primo passo verso un’Europa senza armi nucleari. Chiediamo che gli Stati Uniti rientrino nel Trattato sulle armi nucleari a raggio intermedio e che sia la Russia che gli Stati Uniti si astengano dal rientrare in gare antagoniste di armamento nucleare. Un mondo senza armi nucleari è un mondo più sicuro per tutti!
In breve, chiediamo:

• L’arresto immediato dell’attacco militare russo all’Ucraina. Rispettando la sovranità dei popoli, respingiamo l’azione militare e le minacce contro uno Stato sovrano, così come qualsiasi cambiamento di confine attraverso l’aggressione militare.

• Stop immediato alla retorica e alla tattica guerrafondaia e ritorno sui tavoli diplomatici.
• La mediazione dell’OSCE e delle Nazioni Unite per fermare qualsiasi azione militare e dispiegare tutti gli strumenti diplomatici nell’ambito del quadro giuridico delle Nazioni Unite e la stesura e l’attuazione di un nuovo accordo di pace.

• L’UE a prendere l’iniziativa e proporre un’ampia conferenza paneuropea, compresa la Russia, sulla pace e la sicurezza collettiva, al fine di raggiungere una risoluzione globale della crisi in tutte le sue dimensioni. Ciò che è stato possibile durante la Guerra Fredda alla Conferenza di Helsinki è ancora più necessario oggi.

• Chiediamo che la UE riprenda i negoziati sul disarmo globale e multilaterale, comprese le armi nucleari a medio raggio.

 Facciamo appello al popolo europeo affinché sostenga saldi valori di pace e diritti umani, sapendo che difendere la pace è l’unico modo per un mondo che condivide il fatto che la guerra non risolve mai i conflitti ma ne crea di nuovi.

transform! europe condemns the attack that Russia, under the governance of Vladimir Putin, has launched upon Ukraine. We reject the use of military force against a sovereign state, just as we have previously rejected NATO forces deployment in countries bordering Russia, and in countries of Asia and Africa and Europe. We therefore call for an immediate ceasefire, stop of the bombings, the withdrawal of Russian troops from Ukraine soil and the return to the negotiating table.

At the same time, we call upon the EU to put maximum effort into reengaging in peace negotiations. In these difficult times, we stand with the people of Ukraine who experience the Russian attack in full force and whose lives are in danger. We stand in solidarity with the peoples of Ukraine that are forced to leave their homes, and weave networks of solidarity for their support, including providing them with shelter and safety! We stand with the peoples in Russia who oppose Putin’s war, despite oppression, as well as the millions of other Europeans that demand peace.

The solution to this unjustifiable escalation of military violence is not more violence, the solution is political, based on the principles of common, collective security concepts which prioritise the well-being of all peoples and the respect of human rights and international law. We join forces with the peace and social movements across the continent to stop this irrational war, we call upon European citizens to take the streets in the name of peace and we stand with the people of Ukraine that are forced to leave their homes. Weapons and wars should belong to the past, the future of Europe and humanity must be peace!

European public opinion, as Eurobarometer demonstrates in each survey, is by far in favor of a Europe of peace, human rights, democracy and against nuclear weapons. More than 85% of Europeans are in favour of these, which reveals the contradiction between people’s desires for Europe’s future and policy makers’ decisions. The current crisis is an expression of the deep, unresolved contradictions of the European security situation. Since the end of the Cold War, Europe consists only of capitalist states. There are imperialist contradictions between the states, amplified by their unequal economic and military power.
We reject any policy that returns us to a policy of blocks and a new Cold War. We oppose NATO expansion in European soil and their military rhetoric. Europe needs and wants a peaceful path to resolve conflicts.

NO TO WARMONGERING, YES TO DIPLOMACY

Fighting for peace has been a long tradition in Europe. The radical left has been a pacifist, anti-militarist and anti-imperialist left since its beginnings. It opposes all chauvinist, racist, neo-colonialist, and war-justifying propaganda of governments, capital, and media. To oppose the creation of enemy images does not mean to approve the policy of a government. We call upon all progressive forces and citizens to raise their voices for de-escalation. We call for animmediate end of confrontational rhetoric and military action and threats: By continuing with these tactics, war and military conflict threaten our whole continent and extend the suffering of the peoples of Ukraine! The priority should always be to stop the war!

The peoples of Europe know too well what war and its terrible consequences mean. The EU is currently suffering due to the devastating COVID-19 pandemic and its catastrophic management. We mourn more than 2 million dead over the last two years. The pandemic affects the lives of millions and is reshaping the economies. In this conjunction, we consider the increase of military expenses, fueled, and justified by the increase of military tensions and the warmongering rhetoric, unacceptable. It is an outrage that during the current lethal pandemic, military expenses increase from 1.63% to 2.2% of the global GDP. Military conflict is not the only challenge to the security of Europe’s people. The dire consequences of climate change can already be felt in our continent and both these crises are amplifying structural inequalities in the EU, Europe, and the world. Although not included in most of the international environmental agreements, such as the Paris Climate Agreement, the military-industrial complex is one of the biggest polluters of our planet and war the most devastating strike on nature’s integrity.

Valuable resources that could help irradicate inequalities in the health and social systems of EU countries, as well as the renewal and resilience of infrastructure, are spent on the prospect of a prolonged war that would be detrimental to the peoples of the EU and Europe. This has to stop!

ENDING A NEW COLD WAR TO PREVENT ANY WAR

The opportunity that existed after the end of the Cold War to create a pan-European peace and security system was not seized. On one hand, NATO continues to exist, tying the security and military policies of 22 of the 27 EU members to the United States; and on the other hand, pan-European and inclusive structures such as the Council of Europe and the OSCE have been marginalised and pushed out of public perception by NATO, the G-7 and the EU itself. European security policy is in a multiple crisis.

Ukraine is only one of several hotspots where conflict potential is condensing and diplomatic management of individual crises in the acute stage is not sufficient to defuse them. Europe needs a security architecture that fairly considers the interests of all European states. The upcoming 50th anniversary of the Conference on Security and Co-operation in Europe (OSCE) is an opportunity for renewal and a chance to adopt an updated Final Act setting out the cornerstones of European security. In the sense of open diplomacy, peace movements, NGOs, and the civic society from all over Europe (and not only the EU) should be involved in the preparation and implementation of the conference not only as an accompanying programme, but rather as equal partners.

Mastering the challenges of the future in peace will only be possible if Europe leaves the Cold War logic in the past and collectively faces the future. The EU needs to start elaborating a new independent security strategy inclusive to its neighbours! The unbearable costs of war are always paid by the working classes. The arms industry must no longer enjoy impunity, making millions in revenue while destroying the planet and depriving the youth of their right to a peaceful future. The youth of Ukraine and Russia are now ripped from the families and send to fight in a war that serves oligarchic interests and threatens their lives and future. We stand with their families and loved ones, of all those drafted to the military because of this irrational war and oppose the patriarchal set of mind that calls to violence.

FOR AN INDEPENDENT EU PEACE AND SECURITY STRATEGY

It is impossible to talk about the strategic autonomy of the EU when the majority of the EU Member States are members of NATO. The development of an EU security policy identity must go hand in hand with the dissolution of NATO and the withdrawal of American troops and especially nuclear weapons. For an independent EU Peace and Security Strategy and hence a peaceful Europe, the EU must free itself from the security policy paternalism of the USA.

The EU is a global player. It must focus on achieving climate goals, leading a socially just transition from fossil to sustainable energy, realigning its trade policy towards the Global South, respecting, and implementing the UN Refugee Convention in its refugee policy. The status of neutral and nonaligned members of the EU, as explicitly recognized in the Lisbon Treaty, should be revisited, hence it expands the EU’s diplomatic possibilities to play a constructive role in the tensions that are now increasing.

We appeal to come back to international law under the UN as the basis to resolve this conflict. NATO is the only multinational security system that acts on the international stage in violation of the explicit mandate of the Charter of the United Nations. This makes it a threat to peace, as demonstrated by its “operations”, in Europe, Asia, and Africa, which have generated destabilization, destruction and setbacks in the full exercise of the social and human rights of people in the intervened areas.

EUROPE A NUCLEAR WEAPON FREE ZONE

We demand that all European states join the Treaty for the Prohibition of Nuclear Weapons, as European peoples demand by full majority according to any survey that has been conducted on the issue. In addition, we advocate for a nuclear-weapon-free and militarily diluted zone in the whole of Europe, from the Mediterranean to the Baltic and the Northern Sea as the first step towards a nuclear weapons-free Europe. We demand that the USA re-enters the Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty and that both Russia and the USA refrain from re-entering antagonist nuclear weaponization races. A world without nuclear weapons is a safer world for all!

In short, we call for:
• An immediate stop of Russian military attack on Ukraine. Respecting the sovereignty of peoples, we reject military action and threats against a sovereign state, as well as any border change by way of military aggression.

• An immediate stop of warmongering rhetoric and tactics and return to the diplomatic tables.
• The mediation of the OSCE and the UN to stop any military action and deploy all diplomatic tools under UN legal framework and the drafting and implementation of a new peace agreement.

• The EU to take the initiative and propose a broad pan-European conference, including Russia, on peace and collective security, in order to achieve a comprehensive resolution of the crisis in all its dimensions. What was possible during the Cold War at the Helsinki Conference is even more necessary today.

• The EU to resume negotiations on multilateral and comprehensive disarmament, including nuclear and intermediate-range weapons.
We appeal to the people of Europe to stand with strong peace and human rights values, knowing that defending peace is the only way to a world that shares that war never resolves conflicts but creates new ones.