PROPOSTE DI LETTURA
di Sergio Dalmasso
Valentina Stecchi, Lidia, Busto Arsizio, People, 2023
Chi legge Il Lavoratore conosce bene Lidia Menapace (in questo stesso numero vedi la frase in prima pagina e l’articolo del nostro segretario Maurizio Acerbo).
Download “Lidia (Menapace) Valentina Stecchi (Scheda di Sergio Dalmasso)”
ValentinaStecchi-Lidia-Menapace.pdf – Scaricato 1024 volte – 75,65 KBNata a Novara nel 1924, partigiana (senza l’uso delle armi), iscritta alla Federazione universitaria cattolica e alla DC, si trasferisce, causa matrimonio, a Bolzano.
È insegnante all’università cattolica di Milano e, nel 1964, diventa la prima assessora provinciale a Bolzano.
Durante l’anno accademico 1967/1968 è esonerata dall’insegnamento per avere solidarizzato con le lotte studentesche, su posizioni marxiste.
Viene eletta consigliera regionale indipendente nelle liste del PCI, e dal 1970 aderisce al gruppo “eretico” del Manifesto.
Nel 1973, partecipa alla fondazione di Cristiani per il socialismo, è dirigente del PdUP sino al 1984, quando non aderisce all’ingresso di questo nel PCI.
È consigliera regionale nel Lazio, attivissima nel movimento femminista.
Nel 2006 è eletta senatrice per Rifondazione.
Il veto dell’esercito impedisce che venga eletta presidente della Commissione senatoriale Difesa.
Dirigente dell’ANPI, autrice di libri e saggi (per tutti, Io partigiana, la mia Resistenza, ed. Manni, 2014), attivissima e presente ovunque, nonostante l’età, muore nel dicembre 2020, a 96 anni, per complicazioni da Covid.
Ai tanti sui libri, ai tanti scritti e filmati sulla sua figura, alla sua testimonianza nel film Lunadigas (2016), si aggiunge ora un valido tributo che usa la tecnica del fumetto.
Valentina Stecchi, disegnatrice e vignettista, collaboratrice del quotidiano Alto Adige, autrice di testi soprattutto sulle tematiche di genere (Non sono una signorina, 2019), con un tratto leggero e divertente, ripercorre fasi della vita di Lidia e tocca molti dei temi che hanno caratterizzato il suo impegno.
L’antifascismo è scelta fondamentale, in età giovanile, determinata anche dall’arresto del padre e dall’esclusione, dalla sua classe, di due ragazze ebree.
Da questo, la partecipazione alla guerra partigiana. La partecipazione al movimento delle donne è il tema centrale, nella volontà di eliminazione di tutti i vincoli che impediscono l’attuazione del binomio eguaglianza/differenza, dal lavoro, all’educazione, all’esclusione delle donne dall’ambito decisionale, allo stesso uso della lingua, di una grammatica “inclusiva” che impedisce al femminile di esprimersi.
Il testo ripercorre, a grandi tratti, l’amore per l’insegnamento, la scelta per il manifesto, l’attenzione al pensiero e all’opera di Rosa Luxemburg, l’esperienza,
purtroppo breve, di senatrice, segnata dalla polemica con l’esercito sulle spese militari e le Frecce tricolori, dal riemergere di razzismi, populismi reazionari e maschilismi, sino alla proposta di un autentico stato sociale che riconosca anche il lavoro di cura,
e alle pagine finali che ripropongono il concetto di memoria attiva.
In particolare, viene sottolineata la sua volontà di essere partigiana sempre, perché il fascismo è la negazione di tutti i valori (pace, eguaglianza, nonviolenza, solidarietà) cui ha dedicata tutta la sua lunga e bella vita,
di “vagabonda”, come lei stessa si definiva, sempre pronta a rispondere all’appello di sezioni di partito, di circoli, associazioni…
Il grande successo delle tantissime presentazioni, l’attenzione dell’ANPI nazionale e locale, dimostrano l’utilità di questo inedito strumento per non far dimenticare una delle militanti/dirigenti/amiche che maggiormente hanno segnato il nostro percorso.
Queste diventano non solamente l’occasione per ricordare una figura ed una stagione, rese ancora più ricche dalle tante testimonianze,
ma per riproporre contenuti e temi che l’attuale pensiero unico e il conformismo dell’informazione stanno cancellando.
In, Anno XXIV n. 3 – 25.04.2024, “Il Lavoratore”, Valentina Stecchi, Lidia, Busto Arsizio, People, 2023, pubblicato anche in sergiodalmasso.com, sezione Schede e recensioni.
Download “IL LAVORATORE del 25 aprile 2024”
IL-LAVORATORE-di-Trieste-25-APRILE-2024.pdf – Scaricato 1441 volte – 2,23 MB***
Raccolta firme Pace Terra Dignità
DOV’È IL FASCISMO? AL GOVERNO (E NON SOLO)
In “Il lavoratore” Anno XXIV n. 3 – 25.04.2024, Dove è il fascismo? Al governo (e non solo) pubblicato anche in sergiodalmasso.com nella sezione: Archivio, Scritti storici, Articoli e saggi.
Download “Dov'è il fascismo ? Al governo (e non solo) di Sergio Dalmasso”
Dove-e-il-fascismo-Al-governo-e-non-solo.pdf – Scaricato 1405 volte – 84,23 KBUn vento nero spira in Europa e non solamente. Il crollo dell’URSS e del “socialismo reale” ha prodotto, inevitabilmente, non la democrazia liberale o il socialismo democratico, come pensavano molte anime belle, ma regimi anticomunisti, reazionari, spesso antisemiti, segnati da potere personale e dalla cancellazione di diritti sociali.
L ‘identificazione del potere con un/una leader è sempre più presente: si pensi a Turchia, Cina, Russia, ma anche al fenomeno Trump negli USA.
L’odio contro l’establishment, contro il “politicamente corretto” fa nascere leadership populistiche e reazionarie.
Se l’Italia è stata il primo Paese a produrre il fascismo, è stata anche la prima a proporre, con il “berlusconismo”, un modello perverso che si è esteso ad altri Paesi (si pensi al successo di Millei nell’Argentina, che pure ha, alle spalle, una tragica dittatura).
Fenomeno simile si è avuto con la Lega (richiamo il vecchio libro di Gianluca Paciucci e del compianto Walter Peruzzi – di cui ricorre quest’anno il decennale della morte -, Svastica verde), passata dall’antimeridionalismo al separatismo (Padania, Etruria, sud) al regionalismo differenziato, sempre con ipotesi razziste e con richiami, neppure troppo celati, alla cultura nazista (vedi Claudio Gatti, I demoni di Salvini. I postnazisti e la Lega).
Movimenti di ribellione contro la tassazione, di autonomizzazione delle aree più ricche di molti paesi, di “separatismo dei ricchi” si sono moltiplicate in ogni paese.
Così l’uso strumentale della religione per cui non solo si ostentano nei comizi Vangeli, rosari (Salvini), si prega in diretta televisiva o si chiede la benedizione di Maria vergine (sempre lui).
Ma che diviene elemento comune dalla Polonia alla Spagna dei franchisti di Vox, dalla sguaiata campagna elettorale di Trump alla stessa Francia dove forti sono le tendenze ad aggirare la legge sulla separazione Stato/Chiesa cattolica.
La stessa ipotesi della sostituzione etnica, agitata da Zemmour in Francia e riproposta in Italia (Lega, Lollobrigida) si lega all’antiislamismo.
Ancor peggiore è la situazione negli USA dove prosperano le teorie creazioniste, anti evoluzioniste e nell’America latina dove l’integrismo religioso è strumento dei governi più reazionari (si pensi a Bolsonaro).
Come sempre, quanto accade oggi ha radici lontane.
Dagli anni ’80 del secolo scorso, il neoliberismo reaganiano e tatcheriano ha prodotto una controrivoluzione reazionaria per cui le tematiche dell’estrema destra, per anni minoritarie, si sono estese alla destra tradizionale e “moderata”.
Il discorso vale per i tories inglesi, per la destra gaullista in Francia, pressata dal partito di Le Pen (il maggiore nel Paese), per la realtà spagnola.
Ancor maggiormente per i repubblicani statunitensi e per Paesi come Polonia, Ungheria sino a realtà (Danimarca, Olanda, parte del Belgio) che non parevano toccate da questi fenomeni degenerativi.
La storia italiana e la situazione odierna presentano ovvie specificità.
Il fascismo, nel dopoguerra, ha assunto diversi ruoli. Ricostruito il partito neofascista, contro ogni norma costituzionale, e favorito (il tema sarebbe da approfondire) dall’amnistia di Togliatti e dalla mancata epurazione, ha avuto per anni la funzione di destra legale, “in doppiopetto”, in più casi usata per operazioni parlamentari.
La riabilitazione di figure come Graziani, Borghese, Badoglio, della più parte dei gerarchi del ventennio e di Salò si inquadra in questa continuità tra liberalismo, fascismo e Italia democratica (si pensi ad esercito, forze dell’ordine, prefetti, questori, provveditori agli studi, codici, programmi scolastici). La stagione dei movimenti sociali produce una modificazione del ruolo del neofascismo
che recupera aspetti “rivoluzionari” (Ordine nuovo e cento altre sigle), è parte attiva nei tentativi di golpe e nello stragismo nero, in uno stretto rapporto con parte dei servizi di sicurezza e con ambienti internazionali (noti i finanziamenti statunitensi al MSI e oltre).
Dal periodo successivo, alcune “idee forza” della destra penetrano nella società:
– scompare progressivamente la discriminante antifascista. Il MSI è sdoganato sino all’ingresso nel primo governo Berlusconi (prima della “svolta” di Fiuggi, gennaio 1995)
– la crisi del sistema politico si lega alla messa in discussione di conquiste sociali e civili, lette come causa della crisi
– il pluralismo parlamentare è messo sotto accusa. L’affermazione, con grande consenso popolare, del meccanismo maggioritario è legato al decisionismo e alla visione per cui “chi vince prende tutto”, conseguentemente all’ipotesi presidenzialista, falsa risposta alla frattura istituzioni/ cittadini (un tempo Paese legale e Paese reale).
Cresce il senso comune della fine delle ideologie, della non differenza tra i diversi schieramenti. L’anticomunismo diventa ideologia dominante, favorita anche dal crollo del blocco sovietico.
Il voto del Parlamento europeo sull’equiparazione tra fascismo/nazismo e comunismo, con adesione di tutti gli schieramenti, ne è evidente dimostrazione.
È sempre più difficile, e spesso incompreso, il tentativo di rapportarsi a una lettura critica delle esperienze storiche realizzate e del marxismo.
Il governo nero
La vittoria elettorale deriva dall’egemonia, sociale e culturale, sulla società.
Nazionalismo, darwinismo sociale, liberismo, atlantismo, esacerbazione del pericolo rappresentato dalla migrazione e dalla modificazione della fisionomia “italiana e cristiana”.
La continuità della politica liberista ed atlantista, la sostanziale subordinazione alle politiche europee contrastano con tematiche dell’estrema destra e con molte affermazioni elettorali.
Meloni & C. ripropongono elementi identitari, riforme istituzionali “epocali”:
– il regionalismo differenziato, i cui danni sono evidenti su servizi sociali, scuola, sanità, sulla stessa visione unitaria (per quel che ne resta) del Paese;
– il presidenzialismo, degna conclusione del processo iniziato con il referendum Segni, con il maggioritario e l’elezione diretta di sindaci, presidenti di regione, con il bipartitismo coatto e la cancellazione di formazioni alternative;
– privatizzazioni striscianti (scuola, sanità, sino alla progressiva vendita dei “gioielli di famiglia”
Contro queste logiche è, mai come oggi, pesante la assenza di una sinistra sociale e politica.
È sufficiente una semplice politica frontista (tutt* contro Meloni)?
È possibile senza rimettere in discussione i danni provocati dai governi di unità nazionale (Draghi non è alternativa al governo di destra, ma ne è causa), le privatizzazioni, l’accettazione delle guerre, la gara a chi è più affidabile per il grande capitale?
La ricostruzione di un’alternativa alla destra mai è stata così complessa, perché la sconfitta da cui veniamo (sociale, culturale, istituzionale, organizzativa) coinvolge tutti gli ambiti.
L’antifascismo, legato a un sistema elettorale democratico, alla ricomposizione dell’unità di classe e della frammentazione sociale prodotta dal neoliberismo, al legame tra diritti sociali e politici, a una vera rifondazione di pensiero e pratiche, è parte necessaria, anche se non sufficiente di questo tentativo.
Scarica gratis il Lavoratore di Trieste del 25 aprile 2024:
Contiene “Elezioni europee: contro la guerra, senza se e senza ma…” di Gianluca Paciucci (editoriale);
articoli di Roberto Cattaruzza, Mauro Caselli, Effemme, Luigi Dal Fabbro e Paolo Radivo (sezione “Agire localmente”);
“Perché oggi un referendum sulla legge elettorale” di Tommaso Russo (sezione “Pensare globalmente”);
articoli di Lino Santoro, Igor Kocijančič, Eleonora Galli, Sergio Dalmasso (sezione “Pensare globalmente”);
un ricordo di Samo Pahor (scritto da Vincenzo Cerceo) e di Peter Behrens.
Download “IL LAVORATORE del 25 aprile 2024”
IL-LAVORATORE-di-Trieste-25-APRILE-2024.pdf – Scaricato 1441 volte – 2,23 MBLa Sinistra. Una stagione troppo breve
di Marco Morra
Fondata nell’ottobre 1966, per iniziativa di Giulio Savelli e Lucio Colletti, “la rivista che più interpreta il movimento del ‘68” si pubblicò per appena quindici mesi.
Nella sua breve esistenza, essa ebbe un ruolo minore, ma specifico, di cui Sergio Dalmasso ricostruisce il contesto e le ragioni.
La rivista costa la radiazione dal Pci al suo editore, Giulio Savelli, che aveva dato vita ad “una delle case editrici più seguite nell’area della sinistra critica”.
“Molti collaboratori – ricorda Dalmasso – sono allora dirigenti di federazioni giovanili, attivi nei movimenti anti imperialistici e saranno tra i fondatori di organizzazioni della nuova sinistra”.
La dirige Lucio Colletti, riferimento filosofico e politico del tempo, anch’esso proveniente dal Pci, di cui restituisce la tessera nel 1964.
Quanti vi scrivono – come S. Corvisieri, S. De Santis, G. Feltrinelli, V. Foa, M. Gorla, A. Illuminati, A. La Penna, L. Libertini, L. Maitan, F. Santi, E. Soave, P. Tagliazzucchi – provengono dalle fila del trotskismo, della sinistra sindacale o del Psiup, da quell’universo “dissidente” della sinistra storica che già prima del ’68 cerca una linea alternativa alla “coesistenza pacifica” e alla “involuzione socialdemocratica” del movimento operaio ufficiale.
D’altra parte, il contesto in cui la rivista opera è segnato dall’acuirsi delle tensioni internazionali.
Il conflitto sino-sovietico, i massacri in Indonesia, le rivolte nei ghetti neri degli USA, la guerra dei sei giorni, il colpo di stato in Grecia.
Sulla spinta della conferenza dell’OLAS all’Avana e della radicalizzazione della guerra in Vietnam, si affermano tendenze terzomondiste che attraversano le federazioni giovanili e i nascenti movimenti studenteschi.
Da Cuba sembra provenire un’alternativa alla paralisi del movimento operaio internazionale. I castristi rifiutano il “socialismo in un solo paese” e oppongono alla “coesistenza pacifica” la strada dell’insurrezione armata sull’esempio vietnamita.
Il “giudizio estremamente negativo” dei rivoluzionari cubani “sul ruolo della sinistra in tutti i paesi a capitalismo avanzato fornisce lo stimolo alla riorganizzazione del movimento rivoluzionario anche in Italia”, scrive Savelli.
La rivista, quindi, si fa interprete dei movimenti che emergono nel Terzo Mondo: il Vietnam, la Palestina, l’America Latina, “dove tutti i partiti comunisti si sono divisi sulla questione della lotta armata”.
Come ricorda Dalmasso, “in una nuova sinistra in formazione, maggioritariamente su posizioni cinesi”, nella sua propensione terzomondista e castrista La Sinistra costituisce una “parziale eccezione”.
Accanto ai discorsi di Castro, per il quale “non esiste partito d’avanguardia al di fuori del contesto della lotta armata”, la redazione dà ampia eco alle idee del Che, “guerrigliero eroico, ma anche critico della burocrazia e dei pericoli professionali del potere”.
Essa, pertanto, fornisce un esempio emblematico dell’esistenza di un’area d’intellettuali e dirigenti della sinistra storica che sostiene in anticipo idee – come la convinzione del carattere violento della rivoluzione – che ebbero larga diffusione dopo il ‘68.
Nonostante tutto, questa esperienza – così come chi la fondò e la diresse – è stata dimenticata e ignorata perfino dagli storici.
Questo, di certo, per ragioni endogene alla sua storia, come la sua breve durata e il rapido disfarsi della redazione, che le diedero un’incisività assai minore rispetto ad esperienze analoghe.
Ma più importanti, forse, sono le ragioni esogene di questa rimozione, come l’imporsi post-festum di narrazioni parziali sugli anni ’60 e ’70, condizionate dalla notorietà assunta da taluni suoi rappresentanti, mentre la parabola di altri, come quella degli stessi Colletti e Savelli, che passata la fase più acuta del ’68 hanno negato le esperienze pregresse, ha favorito l’oblio per giustificare il proprio disimpegno o addirittura la scelta del campo opposto.
Marco Morra, Le monde diplomatique, ed. italiana, ottobre 2021
Dowload recensione dell’opuscolo La Sinistra. Una stagione troppo breve
Download “Sergio Dalmasso “La Sinistra”. Una stagione troppo breve di Marco Morra”
Recensione-La-sinistra-Dalmasso-Le-Monde-diplomatique-ottobre-2021-di-Marco-Morra.pdf – Scaricato 6300 volte – 171,92 KBDownload “Capitolo primo RIVISTA LA SINISTRA”
Opuscolo-La-Rivista-La-SINISTRA-capitolo-primo.pdf – Scaricato 13872 volte – 177,37 KB