Sergio Dalmasso

SERGIO

DALMASSO

Storico del movimento operaio

2024

La Sinistra. Una stagione troppo breve

di Marco Morra

Fondata nell’ottobre 1966, per iniziativa di Giulio Savelli e Lucio Colletti, “la rivista che più interpreta il movimento del ‘68si pubblicò per appena quindici mesi.

Nella sua breve esistenza, essa ebbe un ruolo minore, ma specifico, di cui Sergio Dalmasso ricostruisce il contesto e le ragioni.

Opuscolo Recensione di Marco Morra de La SinistraLa rivista costa la radiazione dal Pci al suo editore, Giulio Savelli, che aveva dato vita ad una delle case editrici più seguite nell’area della sinistra critica”.

Molti collaboratori – ricorda Dalmasso – sono allora dirigenti di federazioni giovanili, attivi nei movimenti anti imperialistici e saranno tra i fondatori di organizzazioni della nuova sinistra.

La dirige Lucio Colletti, riferimento filosofico e politico del tempo, anch’esso proveniente dal Pci, di cui restituisce la tessera nel 1964.

Quanti vi scrivono – come S. Corvisieri, S. De Santis, G. Feltrinelli, V. Foa, M. Gorla, A. Illuminati, A. La Penna, L. Libertini, L. Maitan, F. Santi, E. Soave, P. Tagliazzucchi – provengono dalle fila del trotskismo, della sinistra sindacale o del Psiup, da quell’universo “dissidente” della sinistra storica che già prima del ’68 cerca una linea alternativa alla “coesistenza pacifica” e alla “involuzione socialdemocratica” del movimento operaio ufficiale.

D’altra parte, il contesto in cui la rivista opera è segnato dall’acuirsi delle tensioni internazionali.

Il conflitto sino-sovietico, i massacri in Indonesia, le rivolte nei ghetti neri degli USA, la guerra dei sei giorni, il colpo di stato in Grecia.

Sulla spinta della conferenza dell’OLAS all’Avana e della radicalizzazione della guerra in Vietnam, si affermano tendenze terzomondiste che attraversano le federazioni giovanili e i nascenti movimenti studenteschi.

Da Cuba sembra provenire un’alternativa alla paralisi del movimento operaio internazionale. I castristi rifiutano il “socialismo in un solo paese” e oppongono alla “coesistenza pacifica” la strada dell’insurrezione armata sull’esempio vietnamita.

Il “giudizio estremamente negativodei rivoluzionari cubani “sul ruolo della sinistra in tutti i paesi a capitalismo avanzato fornisce lo stimolo alla riorganizzazione del movimento rivoluzionario anche in Italia, scrive Savelli.

La rivista, quindi, si fa interprete dei movimenti che emergono nel Terzo Mondo: il Vietnam, la Palestina, l’America Latina, “dove tutti i partiti comunisti si sono divisi sulla questione della lotta armata.

Come ricorda Dalmasso, “in una nuova sinistra in formazione, maggioritariamente su posizioni cinesi”, nella sua propensione terzomondista e castrista La Sinistra costituisce una “parziale eccezione”.

Accanto ai discorsi di Castro, per il quale “non esiste partito d’avanguardia al di fuori del contesto della lotta armata”, la redazione dà ampia eco alle idee del Che, guerrigliero eroico, ma anche critico della burocrazia e dei pericoli professionali del potere”.

Essa, pertanto, fornisce un esempio emblematico dell’esistenza di un’area d’intellettuali e dirigenti della sinistra storica che sostiene in anticipo idee – come la convinzione del carattere violento della rivoluzione – che ebbero larga diffusione dopo il ‘68.

Nonostante tutto, questa esperienza – così come chi la fondò e la diresse – è stata dimenticata e ignorata perfino dagli storici.

Questo, di certo, per ragioni endogene alla sua storia, come la sua breve durata e il rapido disfarsi della redazione, che le diedero un’incisività assai minore rispetto ad esperienze analoghe.

Ma più importanti, forse, sono le ragioni esogene di questa rimozione, come l’imporsi post-festum di narrazioni parziali sugli anni ’60 e ’70, condizionate dalla notorietà assunta da taluni suoi rappresentanti, mentre la parabola di altri, come quella degli stessi Colletti e Savelli, che passata la fase più acuta del ’68 hanno negato le esperienze pregresse, ha favorito l’oblio per giustificare il proprio disimpegno o addirittura la scelta del campo opposto.

Marco Morra, Le monde diplomatique, ed. italiana, ottobre 2021

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Convegno Rocco Scotellaro

Intervento di Sergio Dalmasso al convegno di Salerno dell’11/12/2023 Rocco Scotellaro. Il meridionalismo eretico di un grande irregolare.

La scelta socialista

È meritorio un convegno su Scotellaro, a Salerno, organizzato da una associazione che svolge un intenso lavoro politico- culturale, oltre che di raccolta di materiale archivistico.

Locandina evento Convegno Rocco Scotellaro di SalernoHo più volte ricordato come questo impegno, nel “profondo sud”, mi ricordi quello che in una realtà provinciale del “profondo nord”, ho tentato di praticare per decenni interi (attività politica, circolo ARCI, circolo culturale, giornalino ciclostilato, cicli di dibattiti e conferenze, pubblicazione periodica dei Quaderni “Storia, cultura, politica”).

Scotellaro nasce a Tricarico nel 1923.

Studia, spostandosi in varie sedi, Scrignano degli Alburni (collegio), Cava dei Tirreni, Matera, Roma, Potenza, Trento, Tivoli. Maturità classica e iscrizione, a Roma, alla facoltà di giurisprudenza, che non porterà a termine.

Le prime tensioni antifasciste sembrano comparire durante il suo soggiorno a Trento, dove vive la sorella e si concretizzano per l’intreccio fra andamento disastroso della guerra e presa di coscienza della “questione meridionale”.

Anche a causa della morte del padre, Scotellaro rientra a Tricarico, dove, nel dicembre 1943, si iscrive al Partito socialista (allora PSIUP).

La Basilicata è terra di confino politico.

Fra i 5.000 confinati, si ricordano, oltre a Carlo Levi, notissimo per il suo Cristo si è fermato a Eboli, Eugenio Colorni, uno degli autori del Manifesto di Ventotene, Camilla Ravera, Manlio Rossi Doria.

CONTINUA …

Sergio Dalmasso

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Saggio pubblicato su Memoria in movimento e nella sezione del sito Archivio, Scritti storici, Articoli e saggi

Psiup, il “partito provvisorio” che fu la culla dei movimenti

Rivista Critica Sociale nuova serie, PSIUP. Parabola di un partito

PSIUP. Parabola di un partito, Il percorso del PSIUP (1964- 1972) è ormai dimenticato.

La stessa tematica politica della sinistra socialista sembra ignorata, in un quadro bipolare in cui analisi, matrici, istanze sembrano del tutto uniformate.

PSIUP, Partito Socialista di Unità ProletariaPer anni, gli stessi dirigenti di questo partito, dopo la sua improvvisa scomparsa, ne hanno quasi rimosso gli aspetti più originali,

appiattendosi o in una “continuità togliattiana” (la maggioranza che confluisce nel PCI) o nel recupero, senza rotture, della tradizione del riformismo socialista (la minoranza che tornò nel PSI).

In alcune biografie o analisi, gli otto anni nel PSIUP sono tralasciati e quasi dimenticati;

nelle storie dell’Italia del dopoguerra i richiami a questi sono limitati a poche note.

Eppure questo partito e più ancora quest’area hanno significato, per una generazione di militanti, un riferimento importante, un laboratorio politico di una intera stagione.

Un tentativo schematico di periodizzazione distingue quattro fasi:

– quella della sinistra socialista nel PSI (1955- 1964)

– il passaggio da corrente a partito e la fondazione e strutturazione del PSIUP (1964-1966)

– l’apice sia elettorale che nella presenza sociale (1966- 1968)

– la crisi progressiva sino allo scioglimento (1968- 1972).

La sinistra socialista inizia a caratterizzarsi dopo il congresso di Torino (1955), in cui il PSI propone aperture verso il mondo cattolico e la DC.

Se, inizialmente, vi è la contrarietà dei soli Basso e Lussu, l’opposizione si struttura negli anni successivi, proporzionalmente all’avvicinarsi della maggioranza autonomista alla formula del centro- sinistra e al progressivo allontanamento dal PCI.

Il congresso di Venezia (1957) segna una maggioranza politica “nenniana” che non si trasforma in maggioranza negli organismi dirigenti.

Se parte della sinistra sembra appiattita sul PCI, in una sorta di logica “frontista”, all’”Avanti!” collabora Gianni Bosio, la rivista “Mondo operaio”, di fatto diretta da Raniero Panzieri,

rilegge Marx, propone la centralità della fabbrica e l’uscita in positivo dalle macerie dello stalinismo, sino alle Sette tesi sulla questione del controllo operaio, scritte a quattro mani da Panzieri e Libertini.

CONTINUA …

Sergio Dalmasso

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Catalogato nella sezione del sito: Archivio, Scritti storici, Articoli e saggi.

Rifondazione Comunista

Dal movimento dei movimenti alla chiusura di “Liberazione”,

storia di un partito nella crisi della sinistra italiana.

  RedStar Press, Roma dicembre 2021, Sergio Dalmasso storico movimento operaio.

Copertina libro Rifondazione Comunista di Sergio Dalmasso storico del movimento operaio

Sinosssi

Nel 2001, alla vigilia delle giornate di contestazione al G8 di Genova, Rifondazione comunista – anima di quel “movimento dei movimenti” che sfidava gli assetti economici e politici del nuovo ordine liberista – poteva vantare, oltre che un importante consenso elettorale, un radicamento sociale niente affatto trascurabile.

Eppure, appena dieci anni più tardi, nel 2011, con la chiusura del quotidiano «Liberazione» calava un sipario non soltanto simbolico sul partito che aveva raccolto l’importante eredità del movimento operaio italiano.

Nel corso di quel decennio, al centro della storia ricostruita da Dalmasso, si consuma un cambio di rotta che, dall’attenzione per l’altermondialismo, traghetta Rifondazione su posizioni interne e/o subalterne a un centro-sinistra privo di qualunque velleità riformatrice. Simili scelte, con un secondo governo Prodi che segna il passo su temi fondamentali come quelli del lavoro, della migrazione o della scuola, accompagneranno Rifondazione ai disastrosi risultati delle elezioni del 2008, prologo all’arduo «cammino nel deserto» che si poneva l’obbiettivo di dare corpo a una sinistra realmente autonoma rispetto al quadro bipolare.

Da allora, l’esistenza di chi continua a lottare «dal basso a sinistra» non ha fatto altro che diventare più dura: una vicenda, ricostruita in questo libro, che parla della crisi della forma-partito ma, più in generale, della proposta politica di una sinistra italiana sempre meno rappresentativa, proprio nel momento in cui legare la grande tradizione del movimento di classe all’emergenza ecologica, alle questioni di genere, alla nuova e dilagante povertà, diventa non solo urgente, ma decisivo.

Scritti introduttivi di Roberto Musacchio e Giovanni Russo Spena.

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La rivista “La Sinistra”

Una stagione troppo breve

Punto rosso edizioni, Milano marzo 2021

Può sembrare strano – e forse nostalgico – un saggio su una rivista, vissuta per soli quindici mesi nei lontani anni ’60, di cui i più ignorano l’esistenza mentre altri l’hanno completamente dimenticata.

Ma “La Sinistra” rientra a pieno titolo nella stagione delle riviste degli anni ’60, ricchi di dibattito culturale, politico, di tensioni a livello nazionale e internazionale e di forte rimessa in discussione di certezze e di dogmi. In questo panorama, segnato ad inizio decennio, dai “Quaderni rossi”, dalla divisione con “Classe operaia”, e quindi dalla forte crescita dei “Quaderni piacentini”, la rivista che più interpreta il movimento del ’68, “La Sinistra”, ha un ruolo minore, ma specifico.

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Libro La rivista

Home Sergio Dalmasso, Lucio Libertini libro

Una donna chiamata rivoluzione

Vita e opere di Rosa Luxemburg

Sergio Dalmasso storico movimento operaio, Malgrado le sue opere siano tra i classici fondamentali del marxismo e la sua vita un esempio di coerenza e coraggio impossibile da mettere in discussione, i libri di Rosa Luxemburg restano misconosciuti e la sua eredità a dir poco problematica. Ma chi era Rosa Luxemburg?

Quali furono i luoghi in cui avvenne la sua formazione giovanile, quali le temperie culturali che agitarono il suo tempo, chi i suoi inseparabili compagni di strada e chi, al contrario, i suoi principali avversari politici?

In modo agile e documentato, Sergio Dalmasso ricostruisce con la mente e con il cuore la storia di Rosa Luxemburg, la sua inesauribile battaglia contro il riformismo e la sua inesorabile opposizione al processo di burocratizzazione a cui nessuno struttura può dirsi immune.

Allo stesso modo, nelle pagine del libro, scorre l’epopea della Lega di Spartaco e concorrono al racconto personaggi fondamentali, da Karl Liebknect a Leo Jogiches, da Clara Zetkin a Franz Mehring. Insieme a loro, ecco il dissenso da Lenin sulla questione del partito e dell’organizzazione, la lotta contro la guerra e l’opposizione al cedimento della socialdemocrazia tedesca ed europea, gli anni del carcere, la tragica sconfitta del tentativo rivoluzionario e, infine, l’assassinio del gennaio 1919: una perdita di portata epocale per tutta la storia futura del movimento operaio.

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Serata dei saluti di Sergio agli amici e compagni di Boves
Intervento di Sergio Dalmasso
Ringrazio Elide e Giorgio per i brani letti. Ringrazio chi è presente questa sera, come chi ha partecipato ai due saluti a Cuneo …

Sarebbe stato più giusto un saluto a fine giugno, quando ho “levato le tende e bruciato le navi”, …

Avrei potuto scegliere una sala a Cuneo, ma mi è sembrato giusto che il “saluto finale” avvenisse qui in Boves, perché qui sono nato – tanti anni fa – e vissuto una vita intera, qui ho fondato il Circolo Barale, dal nome di due partigiani, padre e figlio, morti nella battaglia di Boves (31 dicembre 1943/ 3 gennaio 1944), qui abbiamo avuto per anni una sede e per anni abbiamo distribuito puntualmente un giornalino ciclostilato, qui ho avuto il primo incarico amministrativo.

Boves, sala Borelli, 27 settembre 2013

Sergio Dalmasso saluta tutti gli amici e compagni bovesani per via del suo trasferimento a Genova.

Resoconto completo della relazione è presente nel quaderno CIPEC Numero 52

Download “Quaderno CIPEC numero 52 (Contiene i saluti ai bovesani di Sergio Dalmasso)”

Quaderno-CIPEC-Numero-52.pdf – Scaricato 2618 volte – 5,02 MB

Un saluto, un addio. Non ci perdiamo di vista

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