Giacomo Matteotti, 100 anni dopo
In transform! Italia, 19 giugno 2024, Sergio Dalmasso, Giacomo Matteotti, cento anni dopo, e in sergiodalmasso.com, sezione Archivio, Scritti storici, Articoli e saggi.
Saggio di Sergio Dalmasso pubblicato anche nel n. 5 anno XXIV – 7 luglio 2024 de “Il lavoratore di Trieste”:
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Un socialista riformista
Matteotti 100 anni dopo. Se il cinquantenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti era passato in sordina, anche a causa della complessa situazione politica italiana,
se per decenni la sua figura è stata ricordata limitandola agli ultimi, drammatici, giorni (discorso alla Camera, rapimento, uccisione),
il centenario permette una riflessione più ampia sulla sua figura e sulle vicende del socialismo italiano negli anni che vanno dal primo dopoguerra all’avvento del regime fascista.
Matteotti nasce nel 1885 a Fratta Polesine, da una famiglia benestante, di possidenti.
La ricchezza della famiglia e i sospetti sulle sue origini, legati alla accusa di usura, gli costeranno attacchi e calunnie sino alla definizione di socialista milionario, legata anche al suo portamento aristocratico.
Il bisogno di giustizia e di solidarietà, in un’area geografica segnata da povertà del mondo contadino, malattie endemiche, disoccupazione, gli fanno considerare come privilegio la propria condizione e lo spingono, giovanissimo, ad iscriversi alla organizzazione giovanile del PSI e, nel 1904, al partito.
Laureato precocemente, nel 1907, è incerto tra la carriera accademica e l’impegno politico,
ma scioglie l’incertezza con molti incarichi amministrativi, con l’assidua collaborazione al periodico polesano “La lotta”, nel 1914 con la partecipazione al congresso nazionale del partito, sino all’elezione al parlamento, nel 1919 (rinnovata, quindi, nel 1921 e nel 1924).
Nel PSI, Matteotti si colloca nella componente riformista.
Questa perde la maggioranza nel 1912, al congresso di Reggio Emilia, quando viene espulsa la corrente di destra (Bissolati) accusata di appoggiare il governo Giolitti anche dopo l’inizio della guerra di Libia.
L’accusatore più netto e reciso è il romagnolo Benito Mussolini, nominato direttore dell’“Avanti!” che modificherà nettamente nell’impostazione e nello stile giornalistico.
Segretario politico è Costantino Lazzari.
Questo riformismo si caratterizza per il rifiuto del massimalismo, dell’estremismo verbale, per l’attenzione alle questioni amministrative, ai temi tecnici, economici,
finanziari, per l’opposizione alla proposta dello sciopero generale che l’“Avanti” reitera con insistenza (prova generale della grande rivoluzione che sostituirà la classe dominata alla dominante).
È netta la sua opposizione all’intervento nella grande guerra.
È durissimo contro il trasformismo di Mussolini, passato nel giro di breve tempo Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante (fondo sull’“Avanti” del 18 ottobre 1914) … CONTINUA.
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