La liberazione

La Liberazione libera anche chi ne abusa

Franco Di Giorgi

La liberazione libera anche chi ne abusa

Ivrea, partigiani in piazza di città

Senza la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, compiuta il 25 aprile del 1945 in virtù della resistenza e della lotta opposta da una minoranza eroica sostenuta dagli Alleati, a nessun Italiano oggi sarebbe possibile esprimersi liberamente anche contro di essa.

Ad ogni modo, proprio in quella data fondativa (che gli storici preferiscono indicare in cifre romane), la Liberazione diede la libertà a coloro che, malgrado i governi liberali di una monarchia illuminata, non sapevano nemmeno che cosa fosse, anche se, specie durante il Ventennio, ogni tanto la vivevano meravigliati in sogno o la incontravano altrettanto stupiti tra i versi di qualche poeta classico, negli sguardi e nei giochi dei bambini, oppure ne sentivano intimamente il gusto ascoltando della musica o intonando qualche motivo popolare.

Per secoli gli Italiani erano stati avvezzi alla sudditanza, e quindi all’inizio, sebbene la Costituzione parlasse molto chiaro, non sapevano come fare con quella libertà, con quella nuova possibilità esistenziale, non sapevano come approcciarla e in che misura disporne.

Ecco perché, come Adamo nell’Eden, presi dall’ingordigia, dalla tracotanza, andarono incontro ai primi erramenti, commisero le prime intemperanze, si abbandonarono ai primi eccessi.

Giacché la intesero come la libertà di dire e di fare tutto ciò che si voleva, anche, appunto, contro la stessa Liberazione.

Col rischio pertanto di perderla, come era in parte già successo circa un secolo prima ai contadini siciliani di Bronte.

La Liberazione, dunque, conferì innanzitutto ad ognuno la libertà di esprimersi liberamente, però entro una certa misura prevista dalla legge e dalla Costituzione, che è quanto di più misurato ed equilibrato un documento fondativo possa rappresentare ed esprimere. Ma non mancò subito qualche ribaldo che, approfittando delle garanzie offerte dalla democrazia, non perse tempo ad eccedere capricciosamente quella misura.

E poi, al di là di ciò e nonostante ciò, la Liberazione libera tutti. D’altronde deve essere così, se no non è libertà.

Essa ha infatti liberato sia quelli nati prima del fascismo, sia quelli nati durante sia quelli venuti al mondo dopo la dittatura fascista.

Ha persino liberato dopo quelli che prima volevano negare la libertà agli altri facendone una cosa propria.

Come pure liberò quelli che, durante, in vario modo, restarono a guardare, ad attendere, con le braccia conserte o con le mani giunte e nervose, che passasse la nottata e che uscirono solo alla fine sui balconi a salutare i giovani partigiani dal volto serio che scendevano finalmente in città lasciandosi alle spalle le vicine montagne.

La Liberazione del 25 aprile ha in altre parole amnistiato gli Italiani dal reato di minorità (di Unmündigkeit diceva Kant), emancipandoli ed innalzandoli di colpo a uno stato giuridico responsabile e di maggiore consapevolezza.

Anche se non tutti, naturalmente, raggiunsero e maturarono quella cognizione, quel senso di responsabilità, insomma quella coscienza necessaria per il giusto uso della libertà.

Non tutti riuscirono ad elevare la propria realtà umana a quell’ideale spirituale di libertà.

Come tanti piccoli e grandi Prometeo, i partigiani avevano lottato per strappare quell’ideale agli dei e ora lo recavano agli uomini, solo che non tutti ne furono all’altezza.

Essa liberò pertanto anche quelli che ne hanno abusato e libera quelli che ancora ne abusano; quelli che in generale hanno concepito egoisticamente il dono come un “condono”, perché a differenza di coloro che l’avevano sperimentato sulla propria pelle, questi altri non sanno, non hanno ancora piena cognizione di quel dolore che comporta il non essere liberi, questi ancora oggi non si sono emancipati perché, pieni e inebriati dalla propria tracotanza all’interno della stessa libertà che respirano, non hanno ancora superato quello stato di minorità.

Come i Millennials sono nati nell’epoca del web, così tutti quelli che sono nati dopo il 25 aprile del ‘45, dopo il 2 giugno del ’46, dopo il ’47 e soprattutto dopo il 1º gennaio del ‘48, sono nati alla libertà e alla democrazia.

Pur vissuti nella povertà, nei rifugi antiaereo e tra le macerie dei bombardamenti, per tutti costoro è stato e continua ad essere naturale disporre della libertà, perché la trovano come un dato naturale.

Anche perché nessuno gliene rende conto, nessuno vuole niente in cambio per essa.

Se non il giusto rispetto della legge e dei valori sanciti dalla Costituzione.

Con la libertà si ha infatti a che fare con un valore inalienabile, perché si tratta di un vero dono disinteressato ricevuto sia dai partigiani, che hanno messo a disposizione non la vita genericamente intesa ma la loro propria vita, sia dai padri e delle madri costituenti che, sebbene con visioni politiche differenti e per quanto necessitati a sedersi attorno a un tavolo sotto la grave pressione dello scontro Usa-Urss, si sono dati, sacrificati e impegnati per far sì che tutti quei loro sforzi trovassero finalmente un solco comune e sintetico (perché solo l’intelligenza è capace di sintesi), affinché quel dono spirituale prendesse forma, anima e corpo nella nuova Costituzione (che è sintesi delle sintesi) e nella Repubblica democratica (che esprime quella forza sintetica capace di conciliare gli opposti, la singola res con la pluralità del démos).

La scuola e l’istruzione, specie la disciplina della storia, hanno in particolare il delicatissimo compito di ricordare ai figli e ai nipoti dei liberati (mentre se ne servono respirandola avidamente come l’aria, come qualcosa di cui non possono più fare a meno) che la libertà di cui si giovano pur essendo un dono, una donazione, una per-donazione, non è affatto un dato naturale, bensì sempre e a qualsiasi latitudine il frutto, il risultato di una lunga e dolorosa conquista dello spirito umano.

La scuola, peraltro, ci può anche far comprendere che la libertà così acquisita può avere anche un prezzo, nel senso che può venire limitata e condizionata anche dagli stessi Alleati.

Ecco perché, crisi o non crisi, la formazione culturale e intellettuale, cioè non solo tecnica, dei giovani dovrebbe essere considerata dal sistema politico non come la ruota di scorta, ma come uno degli assi portanti della Repubblica.

Ma forse, nonostante i molti annunci con aumenti-elemosina da parte del ministero della pubblica istruzione, a qualcuno delle cosiddette “élites” italiche fa comodo che la scuola nel nostro Paese resti ben chiusa nel cofano del carrozzone Italia.

Ci si libera sempre in ogni caso con le proprie mani, ognuno con il proprio cric – lo sapevano bene i partigiani e tutti coloro che li hanno sostenuti – e ciò vale sia per il singolo che per i popoli.

La libertà si raggiunge solamente quando si è mossi, si viene mossi da un ideale, in ogni caso da qualcos’altro da sé, da qualcosa che avvertiamo dentro di noi e che pure ci trascende mettendo in crisi il nostro ego, la nostra esistenza buia, bassa e senza scopo.

Ecco perché essa, la libertà, in quanto frutto di una lotta di Liberazione, non è soltanto una questione politica, ma è anche e soprattutto una “questione privata”.

La prima questione è sempre intrecciata con la seconda.

Non si può difatti lottare per la Liberazione degli altri se prima non ci si è liberati del proprio egoismo, né viceversa possiamo liberarci del nostro egoismo se non facciamo l’esperienza purificante e autentificante della lotta di Liberazione per tutti gli altri. È in questo chiasmo esistenziale che matura l’auto-emancipazione dell’uomo e degli Stati.

La via che ha condotto alla libertà e che noi vediamo (quando la vediamo) sempre percorsa da un lungo e interminabile tappeto rosso, è in realtà cosparsa del sangue purpureo donato da quella minoranza di maturi e di auto-emancipati che ci ha preceduto, come pure da quegli Alleati caduti per il nostro Paese, povero ma ricco d’arte.

Quella via, per noi esseri viventi liberi, è in realtà ricoperta di morti, la cui cenere il vento ha disperso da tempo. I loro nomi tuttavia si possono ancora leggere andando per via o girovagando per le piazze.

Le loro immagini, i loro sguardi, le loro azioni e le loro parole sono ancora incise nella memoria di chi ha sentito o letto quelle parole, ammirato quelle azioni, scrutato quegli sguardi, conservato quelle immagini.

Una memoria che, per il timore di perderla, ora può venire conservata su supporti informatici, forse meno insicuri delle umane capacità ritentive.

Ad ogni modo, malgrado le sbruffonate di qualcuno che si prende e si arroga la libertà di inneggiare alla non libertà, di qualcuno che non ha ancora maturato in sé la comprensione di quello che significa non esser liberi, speriamo che in futuro non ci sia più bisogno di un’altra lotta di Liberazione (anche per noi, purtroppo, diventata pure guerra civile), intesa come ennesima lezione, come ripasso da dare agli immaturi irriconoscenti dalla coscienza inguaribilmente divisa e divisiva.

Non si può scherzare, non si può giocare infine con la libertà. E sarebbe meglio non transigere su queste irriverenti spacconate. Sebbene ne offra seriamente la possibilità, la libertà non è affatto un gioco.

Soprattutto non è un gioco solitario, individuale, perché la sua serietà presuppone sempre l’altro, tutti gli altri e quindi la solidarietà e il rispetto. O si è liberi tutti oppure nessuno lo è.

Giacché si è uguali nella libertà. Essa si realizza pertanto solo attraverso l’eguaglianza.

E quindi non ci può essere vera e concreta libertà senza uguaglianza dinanzi alla legge, senza parità di diritti, senza solidarietà.

La nostra Repubblica non deve poi aver paura di affermare con giustizia, chiarezza e rigore questi suoi valori costituzionali, questi preziosi e inestimabili doni ereditati dalla Resistenza, giacché la sua lenta e incerta azione sanzionatoria può talora essere intesa come invito a continuare ad abusare della libertà.

(27.04.2019)

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Notre Dame

Lettera al Manifesto di Franco Di Giorgi

A fronte degli 800 milioni di euro raccolti nel giro di poche ore per la ricostruzione del tetto della cattedrale di Notre Dame abbiamo la conferma che a confronto delle opere create dagli uomini, specie quelle di valore sacro, l’esistenza dei corpi umani non ha alcun valore.

Oltre al cielo parigino, quelle fiamme hanno illuminato e rivelato anche questa semplice verità, che grava sull’umanità come un couvercle d’angoisse.

Un’angoscia che, certo, avevamo avvertito anche dinanzi alla demolizione dei templi siriani di Palmira o dei Buddha afghani di Bamiyan, e che temiamo possa riemergere in occasione di ogni guerra, compresa naturalmente quella che si è appena inaugurata in Libia.

Ovvio, la guerra – la Verwirrung – genera caos in un’attività distruttiva che i medesimi esseri umani non riescono ad evitare per difendere i propri interessi; determina condizioni in cui sia le opere d’arte sia le vite umane perdono improvvisamente il valore sacro che in tempo di pace i contendenti sono propensi ad attribuirvi; è quella circostanza nella quale la materia organica dei corpi umani si mischia anzi tempo con la materia inorganica delle opere d’arte; consiste insomma in quella singolare situazione nella quale tutto diventa pattume allo stesso titolo.

Notre Dame

Quella generosa e consistente profferta viene pertanto a riconferma di quanto gli uomini sanno sin dalla loro comparsa sulla Terra: le cose (cibo, terra, oro, denaro, simboli del potere e della propria specifica identità) hanno molto più valore degli esseri umani.

E cos’è mai questa, se non la nostra vera dannazione originale, notre damnation?

sabato 20 aprile 2019

Canale  Sergio Dalmasso

Si possono visionare nel canale YouTube alcuni video presenti in rete che hanno come protagonista il professor Sergio Dalmasso.

Attualmente il video in primo piano presente nel canale è la presentazione che lo storico e studioso del Movimento Operaio, ha fatto del libro “Lelio Basso. La ragione militante: vita e opere di un socialista eretico”.

Presentazione tenuta a San Gimignano per Sinistra&Culture ha ripercorso fasi decisive di storia della sinistra eretica dal dopoguerra ad oggi.

La lettura non conformista del marxismo di Basso, vicina a quella di Rosa Luxemburg, propone domande attualissime alla sinistra.

 

Canale YouTube Sergio Dalmasso

 

Video di Dante Pallecchi

Nel corso della presentazione è stato venduto anche il libro su Rosa Luxemburg e distribuito gratuitamente il quaderno CIPEC 61.

Quaderno, dedicato al partigiano calciatore Renato Marchiaro, del primo semestre 2019.

Lelio Basso San Gimignano

Conferenza di Sergio Dalmasso su Lelio Basso, a San Gimignano

Lelio Basso San Gimignano

Sergio Dalmasso, storico e studioso del Movimento Operaio, con la presentazione del libro “Lelio Basso.

La ragione militante: vita e opere di un socialista eretico” a San Gimignano per Sinistra&Culture ha ripercorso fasi decisive di storia della sinistra eretica dal dopoguerra ad oggi.

La lettura non conformista del marxismo di Basso, vicina a quella di Rosa Luxemburg, propone domande attualissime alla sinistra contemporanea.

Introduce il dibattito Ernesto Nieri, Presidente di Sinistra&Culture. 4 aprile 2019.

Video di Dante Pallecchi.

 

LELIO BASSOSergio Dalmasso

La ragione militante: vita e opere di un socialista eretico

Prefazione di Piero Basso

«Quando Lelio Basso morì / contammo gli anni passati / della nostra giovinezza / e adulti ci inerpicammo / sugli impervi sentieri / del movimento operaio / alla resa dei conti con la storia» (Antonio Lombardi).

Sinossi

Non aveva ancora compiuto 25 anni, Lelio Basso, quando venne tratto in arresto e confinato all’isola di Ponza.

La sua “colpa”, nel 1928, era quella di essere un convinto antifascista e di comportarsi come tale.

Un’attitudine che, nel corso di un memorabile esame di filosofia morale sostenuto da Basso, costrinse il professore da cui era interrogato ad affermare:

«Io non ho alcun diritto d’interrogarla sull’etica kantiana: resistendo a un regime oppressivo lei ha dimostrato di conoscerla molto bene.

Qui il maestro è lei.

Vada, trenta e lode».

E se allo studioso Lelio Basso si dovrà, tra le tante cose, la diffusione del pensiero di Rosa Luxemburg in Italia, fu grazie alla sua visione della lotta partigiana se la Resistenza guadagnò un respiro di massa.

Ancora, per comprendere la complessità e l’importanza del personaggio, è a Lelio Basso, in quanto membro della Costituente, che si devono gli articoli 3 e 49 della Costituzione mentre, da strenuo difensore dei diritti umani quale fu, diede un contributo fondamentale alla fondazione di organismi quali il Tribunale Russell, chiamato a giudicare i crimini statunitensi in Vietnam.

Con partecipazione e competenza, Sergio Dalmasso rievoca la vita di Lelio Basso, dà voce alle sue lotte e entra nei particolari del suo lavoro politico, spiegando le rielaborazione bassiana del materialismo storico e restituendo il giusto merito a una delle figure più importanti della storia italiana contemporanea.

***

Dal 19 gennaio 2023 è stato reso disponibile il primo capitolo del libro Lelio Basso

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Libri DALMASSO su AMAZON:

Libro su Lelio Basso a Genova

Prosegue il tour italiano di presentazione dei libri di Sergio DALMASSO a Genova con

Lelio Basso. Un socialista eretico

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LELIO BASSO A GENOVA PRA’, Sabato 6 aprile 2019 alle ore 18.00 presentazione, presso il Circolo PRC Curiel – Casa della Sinistra Orsola Paone in Piazza Sciesa Amatore, Genova, del libro Lelio Basso. La ragione militante: vita e opere di un socialista eretico.

 

Lelio Basso Genova Pra'

Seguirà Apericena di autofinanziamento

Un cordiale invito a tutti coloro che vorrano e potranno esserci.

Sergio

 

Libro Lelio Basso presentazione a Genova Pra'

Non aveva ancora compiuto 25 anni, Lelio Basso, quando venne tratto in arresto e confinato all’isola di Ponza.

La sua “colpa”, nel 1928, era quella di essere un convinto antifascista e di comportarsi come tale.

Intanto, se allo studioso Lelio Basso si dovrà, tra le tante cose, la diffusione del pensiero di Rosa Luxemburg in Italia, fu grazie alla sua visione della lotta partigiana se la Resistenza guadagnò un respiro di massa.

Ancora, per comprendere la complessità e l’importanza del personaggio, è a Lelio Basso, in quanto membro della Costituente, che si devono gli articoli 3 e 49 della Costituzione mentre, da strenuo difensore dei diritti umani quale fu, diede un contributo fondamentale alla fondazione di organismi quali il Tribunale Russell, chiamato a giudicare i crimini statunitensi in Vietnam.

Con partecipazione e competenza, Sergio Dalmasso rievoca la vita di Lelio Basso, dà voce alle sue lotte e entra nei particolari del suo lavoro politico, spiegando le rielaborazione bassiana del materialismo storico e restituendo il giusto merito a una delle figure più importanti della storia italiana contemporanea.

Prefazione di Piero Basso.

Libro disponibile anche su AMAZON

Conversazione vangelo di Tommaso

 

Franco Di Giorgi e Domenico Curtotti dialogheranno coinvolgendo il pubblico, il 12 aprile 2019 presso la sala arancione – ZAC (Movicentro, Ivrea) dalle ore 18.00 alle ore 19.30, sul vangelo di Tommaso.

 

Di seguito la locandina dell’evento, assieme ad un cordiale invito a tutti gli interessati.

 

icona download pdfLocandina Conversazione sul vangelo di Tommaso

Conversazione vangelo di Tommaso
Il Vangelo di Tommaso, scoperto nel 1945 in un vaso insabbiato nei pressi di Khenoboskhion, in alto Egitto, è coevo al Vangelo di Giovanni e la testimonianza di un cristianesimo molto antico, al di qua dell’opposizione di “ortodossia” ed “eterodossia”.

Se il Gesù del Vangelo di Giovanni domanda che si “creda” perché non ci colpisca “l’ira di Dio”, il Gesù di Tommaso ci esorta a cercarlo strenuamente dentro di noi e dovunque intorno a noi: è il taglio interioristico e pan-cristico di questo straordinario vangelo, che scuote dalle fondamenta l’edificio dottrinale di secoli di cristianesimo.

Per la Pagels, è “la scoperta più sconvolgente del cristianesimo delle origini”; per altri studiosi e teologi, anche cattolici, è senz’altro “il quinto evangelo”, che per antichità, dignità, profondità e bellezza dovrebbe ritrovare il suo posto accanto ai vangeli “canonici”.

La presente edizione, corredata dal puntuale commento ad ogni “detto” di Gesù e da un vasto apparato informativo, vuole rendere il testo pienamente fruibile anche al lettore comune.

In appendice l’edizione offre un’altra straordinaria testimonianza del cristianesimo antico: la Danza pasquale di Cristo, l’abbraccio nel Crocifisso del donare e dell’accogliere, della vita e della morte, del bene e del male, dell’uomo e di Dio.

Hodós eirénes

di Franco Di Giorgi

Hodós eirénes

Presentazione di “Hodós eirénes”

Non c’è nessuno che sia giusto, neppure uno.

Non c’è uomo che sia sensato, non c’è chi cerchi Dio.

Tutti deviarono, insieme si ridussero a inutilità.

Non c’è chi faccia il bene, neppure uno (Salmi 14, 1-3).

Sepolcro spalancato la loro gola, con la loro lingua tramavano inganni (Salmi 5, 10).

Veleno di serpenti sotto le loro labbra (Salmi 140, 4).

Piena di maledizione e di amarezza la loro bocca (Salmi 10, 7).

Rapidi i loro piedi a versare sangue. Distruzione e disgrazia sui loro cammini.

E il sentiero della pace lo ignorarono (Rm 3, 10-17).

Vivere e non accorgersi di ex-sistere, di star fuori.

Esservi o essere già in questo sentiero e tuttavia non saperlo, ignorarlo, non poterlo (non potersi) raggiungere e quindi essere costretti a cercarlo (a cercarsi) continuamente: ecco l’essenza dell’hodós eirénes.

Un sentiero che passa dall’essere e dall’esserci: li accomuna, li collega, li mette in relazione, in comunicazione.

Informazione del libro

Edizione : 2a
Anno pubblicazione : 2019
Formato : 11,4×17,2
Foliazione : 324 pagine
Copertina : morbida
Stampa : bn

Spero sia di vostro gradimento questa nuova segnalazione libraria.
Un cordiale saluto.
Franco Di Giorgi