Chiaffredo Rossa, copertina Quaderno CIPEC numero 2

Indice generale Chiaffredo Rossa

Chiaffredro Rossa (Barge) p. 5

Scalpellino p. 5

LA GUERRA p. 7

COMUNISTA p. 9

La nuova sinistra nella provincia bianca (1965/1991) p. 11

1965/1969. Il movimento p. 11

1969/1976. I gruppi p. 14

1976/1979. La crisi, “i movimenti” p. 22

1979/1991. D.P. p. 24

NOTE p. 28

Per uno studio sulla sinistra cuneese del dopoguerra: una bibliografia p. 29

Chiaffredo Rossa (Barge)

Scalpellino

Sono nato il 28 maggio 1908, quindi ho 82 anni. Per me la vita è mica stata diver­tente, perché sono vissuto nel boom del fascismo, poi, la rimanenza della mia giovinezza l’ho passata al militare.

Barge allora era povera, è meglio adesso.

C’erano già i socialisti, ma non c’era il partito.

Qui è sempre stata una zona di sinistra, a sinistra è ancora adesso.

A comandare c’era Giovanni Giolitti.

Mio padre faceva lo scalpellino.

Nella guerra ’15/’18 è stato riformato e poi l’hanno imboscato a lavorare in una fabbrica.

È andata bene ancora, ha salvato la pelle insomma; invece, a me, poi, è andata diversamente.

Io sono andato a scuola, prima scuola, l’elementare.

A 12 anni lavoravo già.

Scalpellino, sempre quello.

Sotto il fascismo, quando avevo 17 anni, ti facevano fare, prima di andare a lavorare, il premilitare. Allora andavo a lavorare alle 6 di mattina, si cominciava a novembre e si finiva a marzo; c’era l’armeria, si andava lì.

E poi andavo a casa sporco.

A Barge c’era qualcuno contro il fascismo, hanno fatto prendere l’olio di ricino.

Mio padre non era violento, mia madre lei era cattolica, andava in chiesa.

Con i preti bisogna fare quello che dicono, non quello che fanno.

A fare lo scalpellino ho imparato nelle rocce, poi sono andato a Torino.

Quando costruivano le Molinette c’era un ingegnere che aveva preso il lavoro, faceva fare il lavoro per suo conto; aveva messo su una fresa, segava a Bagnolo, e sono andato lì.

C’era bisogno di uno scalpellino per aggiustare quello che non andava e mi ha portato giù. Erano i primi anni ’30.

Torino era tutta selciata di pietra e aveva gli scalpellini per suo conto, per mettere a posto così.

Quando mi hanno fatto il libretto di lavoro, per prima cosa hanno scritto “PF”, partecipante per la causa nazionale. Io ho lavorato laggiù, sono andato via dalle Molinette, ho lavorato nei laboratori a Torino, un po’ qua, un po’ là, si tirava avanti così.

Abbiamo lavorato in Val Chisone.

La gente di Torino che aveva i laboratori là, aveva anche le cave e sono andato 3-4 anni dal padrone, sempre così.

Sul principio bisognava stare là, perché viaggiare con il treno costava 22 lire da Barge e siccome laggiù ero un po’ come specialista mi davano 3 lire l’ora.

Facevo 8 ore, 24 lire, se io ne spendevo 22 era meglio stare a mangiare là.

Ero in pensione, pagato 7 lire di pensione per due pasti, 1.50 per la camera, 1.50 per la colazione.

Spendevo 10 lire. Così mi sono comprato una bicicletta, 310 lire.

Venivo su il sabato e andavo giù i lunedì nella bella stagione.

Poi sono usciti gli abbonamenti e allora si pagava 18 lire la settimana a viaggiare tutti i giorni o 18 lire il mese a viaggiare una volta al mese. Ho sempre fatto così.

Intanto ho fatto il militare.

La permanenza l’ho fatta a Casale Monferrato, 16 mesi.

Poi hanno rotto le palle con l’Africa, non sono andato, ma intanto mi ha rotto le palle, mi hanno mandato a chiamare, poi mi hanno mandato a casa, mi hanno detto ti mandiamo poi a chiamare. ….
continua

Sergio Dalmasso