Copertina quaderno cipec numero 17, Appunti sui Partiti politici nel cuneese

Indice generale

1976-1992. Appunti sui partiti politici nel cuneese p. 5

PCI p. 5

PDS p. 8

Rifondazione comunista p. 9

PSI p. 10

PSDI p. 12

La nuova sinistra p. 14

I radicali p. 17

Le liste verdi p. 18

PLI p. 20

PRI 22

DC p. 24

Le Leghe 27

Il movimento sociale p. 29

I partiti monarchici p. 31

Quaderni C.I.P.E.C. p. 32

C.I.P.E.C. Attività p. 34

Appunti sui Partiti politici nel cuneese. Partito Comunista Italiano

A metà anni 70, il PCI (Partito Comunista Italiano), è il maggior beneficiario, anche nella provincia bianca, dell’esplosione del ’68.

I 32.000 voti del 1972 divengono 53.000 (14.60%) nel 1975 e 64.000 (16.83%) nel 76.

Ma soprattutto il partito è cresciuto, è aumentato il numero delle sezioni, si sono moltiplicate le iniziative e la partecipazione; La Voce è sostituita da molti giornali locali, spesso capaci di attivizzare molti giovani sono entrati o entrano nel partito nuove leve che proseguono l’opera di trasformazione già avviata.

Si modifica sempre di più la stessa composizione sociale.

Dopo il forte calo degli iscritti (dai 9.000 del ’47, ai 6.500 del ’56, ai 3.000 dei primi anni 70), la tendenza si inverte (4.562 nel 1976).

Ai due consiglieri regionali (il secondo del tutto inaspettato) eletti nel 1975, si aggiungono due deputati alle politiche del 76: Leopoldo Attilio Martino e Beppe Manfredi, quest’ultimo espressione del mondo cattolico in rotta con la DC.

Nella seconda metà del 75, il segretario Franco Revelli entra a far parte del gruppo dirigente regionale.

Lo sostituisce Francesco Angeloni, leader della CGIL locale.

C’è chi ritiene che oltre alle scelte regionali (Revelli è molto stimato da Minucci) pesi il “vecchio” partito che si prende una “rivincita” sull’eccessivo cambiamento portato da Revelli

(forse troppo veloce la sua ascesa interna e un po’ eterodossa la sua formazione “liberaldemocratica”, per quanto la sua figura sia giocata per aprire una breccia nel mondo cattolico e nella borghesia locali).

Sul gruppo dirigente di federazione (Primo Ferro, Ottavio Beretta, Anna Graglia) si innesta l’ingresso di alcuni giovani (Livio Quaranta, Flavia Salvagno…).

Il rapporto federazione-sezioni non è sempre facile.

Le scelte centrali non sembrano il corrispettivo di quelle che vanno avanti, con tempi e modi differenti, in alcune realtà locali.

La politica di compromesso storico su cui si è vinto, nonostante il mancato “sorpasso”, incontra resistenze ed incertezze, spesso non espresse, nella sua applicazione pratica. In provincia, oltretutto, data la grande sproporzione rispetto alla DC, non riesce a decollare.

Difficile una politica di unità anche nei drammatici giorni del rapimento Moro.

L’onda di crescita tende, inoltre, a fermarsi e a calare, per i noti motivi nazionali.

Se la nuova sinistra vive una netta crisi, il Partito radicale cresce fortemente a livello d’opinione.

Alle politiche del 79, il calo è considerevole (14%), nonostante la rielezione di Manfredi e il passaggio di Martino al Senato (collegio di Casale M.).

Il totale delle liste a sinistra da 5.60%.

Ancora più netto il calo delle europee della settimana successiva (12.60%).

A DP, PDUP e radicali (5.50%) si aggiunge la forte affermazione occitanista, espressione, in parte di un elettorato progressista che non si sente rappresentato su temi complessivi e specifici.

Nell’autunno, il cambio della guardia:

Angeloni è sostituito da Sergio Soave, di Savigliano, direttore dell’istituto Gramsci di Torino. Entra con autorità nel gruppo dirigente Lido Riba, dirigente della Confcoltivatori.

Soave è il primo segretario “laico” (non funzionario) e tenta di sburocratizzare un partito che, crescendo, ha moltiplicato il funzionariato.

La segreteria è composta da 9 non funzionari (entra Ugo Sturlese), si dà più potere alle zone, si tenta, dopo lo stallo dell’unità nazionale e il rilancio della alternativa, di dar vita a iniziative e proposte che possano rompere la cappa di potere della DC e limitare la persistente estraneità del partito dalla realtà provinciale.

La prima proposta è istituzionale: l’istituzione della provincia di Alba, ma viene giocata con scarsa convinzione e tempestività nello stesso albese,

la seconda riguarda l’informazione: i giornali di partito non penetrano nella società, occorre uno strumento nuovo, identificato in una TV locale.

Il PCI investe molto in questo mezzo, non ricavandone, però, molti risultati.

La TV viene immediatamente indicata come “comunista”, stenta a sfondare nell’opinione pubblica, a trovare pubblicità, è coperta da Telecupole.

Forte è anche l’impegno propositivo di Soave sui temi locali a cominciare dallo spopolamento della montagna (la provincia di Cuneo è l’unica in Italia ad avere perso popolazione negli ultimi 100 anni, per una migrazione continua).

Molti i convegni, si stringono rapporti con il MAO, Livio Quaranta diventerà presidente di una comunità montana.

Impegno, anche se con proposte non sempre lineari, sulle comunicazioni (l’isolamento è un male storico della provincia) e sull’università che Soave e Viglione, nel 1983, propongono di decentrare in provincia.

Tutte le proposte vengono lanciate con convinzione, ma sono sempre portate avanti debolmente, con scarsa capacità di “condurre a termine”.

Lievissimo calo alle regionali del 1980 (13.03%). Primo Ferro, di Alba, sostituisce Anna Graglia, non senza polemiche interne.

Franco Revelli è eletto a Torino, ma la sua ascesa nel partito (è vicesegretario regionale) sarà bloccata da uno scandalo.

Polemiche anche per le candidature alle politiche del 1983:

Manfredi chiede di essere eletto per una terza legislatura, essendo state le due precedenti interrotte in anticipo.

Molte sezioni lo appoggiano, ma gli viene preferito Sergio Soave.

Pesano alcune critiche sul suo operato come parlamentare,

ma anche l’affievolirsi del peso, all’interno della sinistra indipendente, del “dissenso cattolico”, giocato molto fortemente al momento della sua prima elezione.

In calo gli iscritti: dal 76 si sono persi 1.000 tesserati, 13.64% alla Camera il 26 giugno con elezione di Soave. Lo sostituisce, come segretario di federazione, Lido Riba.

Alle europee del 1984, forte ripresa (15.86%).

È solo “l’effetto Berlinguer” o pagano le lotte sociali contro le scelte del governo Craxi?

Sta di fatto che la ripresa dura lo spazio di un mattino.

12.48% alle regionali dell’anno successivo (riconfermato Ferro), 11.39% alla Camera nel 1987 (riconfermato Soave), 11.69% alle europee del 1989, a conferma di un migliore andamento quando non pesa il clientelismo e quando si sceglie sui temi più generali (la prima fase della segreteria di Occhetto sembra, comunque, rilanciare il partito).

Il PCI provinciale giunge indebolito nella struttura e nel numero degli iscritti (2.450), ma con forte volontà di rinnovamento e di rilancio all’appuntamento dell’autunno ’89.

La proposta di Occhetto produce una discussione non formale in cui emergono le tematiche nazionali (i diversi accenti sull’unità nazionale, sui rapporti con DC e socialisti, sulla tematica ambientale) e i problemi di gestione locale (le candidature, il rapporto centro-periferia, il funzionariato …).

Tutto il gruppo dirigente (Soave, Riu, Giordanino, Luigina Ambrogio) e gli ex dirigenti o parlamentari (Martino, Angeloni…) è con la svolta di Occhetto.

Il NO è piuttosto debole e ha come riferimento Marengo (Saluzzo), Puca (cebano) con la mozione di Cossutta e Angelo Malamacci (Bra) e Pierfranco Occelli (Racconigi) per la mozione 2 (Ingrao-Tortorella).

Al congresso del gennaio ’90 grande maggioranza alla proposta del segretario nazionale.
Calano sensibilmente gli iscritti (all’assise di scioglimento, un anno dopo, 2.123 contro 2.450).

Alle regionali del maggio 1990, secca sconfitta. Si scende sotto il 10%, tornando ai livelli precedenti il ’68 e la grande spallata degli anni 70.

Riba diventa consigliere regionale.

Riu segretario di federazione, in un momento di fortissima riduzione dell’apparato e di difficoltà economiche.

II congresso di scioglimento riconferma una netta maggioranza al gruppo dirigente e una affermazione significativa della mozione Bassolino (Livio Berardo, Marcello Faloppa, segretario della CGIL, Franco Giordanino …).

Sergio Dalmasso